La storia, ormai, è nota: alcuni angeli si innamorano di donne umane e da questo amore nascono delle creature bestiali che avrebbero cercato di distruggere il genere umano e sarebbero state a loro volta distrutte, o con lotte fratricide o con il Diluvio, da Dio. L’opinione comune vuole che questa tradizione si trovi nell’Antico Testamento, ma, in realtà, la Bibbia non ha molto a che spartire con i cosiddetti angeli caduti.
Al contrario, anche se gli angeli sono presenti in vari episodi e in varie forme, della loro controparte malefica non si trovano molte tracce, se non in un accenno presente in Genesi, al versetto 6:2, in cui si accenna ad alcuni angeli che, attratti dalle “figlie degli uomini”, se ne innamorano e si sposano con loro, in un atto che a noi non sembra, tutto sommato, negativo; nessuna spiegazione viene offerta riguardo ai motivi che rendono malvagia questa azione angelica, che non era comunque avvertita come tale dai due gruppi di protagonisti, i figli di Dio e le figlie degli uomini e solo il successivo discorso di Yahweh, che condanna l’accaduto, permette di comprendere che si tratta di qualcosa che non avrebbe dovuto assolutamente accadere: possiamo supporre che questa unione fosse riprovevole perché nella tradizione ebraica antica il matrimonio doveva avvenire all’interno della tribù, o comunque secondo una linea patrilineare, mentre in questo caso l’unione è assolutamente eterogenea. Poco dopo, nel testo, sono anche citati in causa i Nefilim , i Giganti, di cui si dice che ai tempi di questa storia vagavano sulla terra: essi potrebbero, anche se il versetto non è esplicito, essere identificati con la progenie di angeli e donne umane; Nefilim, però, nella Bibbia, non sono solo questi esseri, ma anche i Giganti di Canaan, che sono presenti sulla terra ben dopo il Diluvio, che, in teoria, avrebbe dovuto eliminare ogni forma di vita dalla terra.
A parte questo, la Bibbia sembra dimenticare la storia degli angeli scesi sulla terra, quanto meno nei libri riconosciuti come autentici sia dai cristiani, nel loro complesso, sia dagli ebrei: in un libro, il Siracide, accettato come autentico dai cattolici e dagli ortodossi, ma non dagli ebrei e dai protestanti, si accenna, al versetto 16:7, a una punizione divina contro i giganti che si ribellarono, a causa della loro forza, a Dio.
Per scoprire, dunque, da dove nasce la leggenda, il mito, degli angeli caduti, si deve guardare altrove, a un gruppo di libri che non sono generalmente accettati come autenticamente ispirati (quindi, come vera parola di Dio) e che sono abitualmente indicati con il nome di apocrifi o di pseudoepigrafi. Questo non vuol dire che siano stati composti successivamente rispetto ai libri che sono inseriti nei vari canoni biblici: alcuni apocrifi, infatti, sono contemporanei ad altri libri ritenuti autentici, come dimostra l’apocrifo dell’Antico Testamento più rilevante per la tradizione degli angeli caduti, e probabilmente il più noto, cioè il Primo Libro di Enoch (noto anche come Enoch Etiopico), di cui alcuni capitoli, risalenti ad una datazione incerta tra il 500 a.C. e il 333 a.C., sono più antichi di altri libri confluiti nel canone ebraico e cristiano. E non bisogna dimenticare che proprio questo libro è considerato come ispirato dai più antichi Padri della Chiesa, come ad esempio Clemente Alessandrino, Ireneo, Tertulliano.
Il Libro di Enoch è la prima testimonianza della letteratura apocalittica: l’apocalittica non ha nulla a che vedere con la fine del mondo, ma è piuttosto un modo di scrivere in cui il presunto autore racconta delle visioni che ha avuto in sogno. L’apocalittica, però, è anche una corrente di pensiero che nasce negli anni di composizione delle più antiche parti del libro, secondo cui gli uomini non sono gli artefici del male nel mondo, ma si trovano a vivere in una terra malvagia a causa dell’errore di qualcuno che è vissuto prima di loro.
Proprio nel Primo Libro di Enoch possiamo trovare qualche informazione sulle origini del mito degli angeli caduti, con qualche debita attenzione: non tutto quello che vi si legge, infatti, risale alla stessa, antica, epoca di composizione, perché in realtà questo libro è il risultato di una complessa sovrapposizione di più mani, diverse tra loro per ideologia e per periodo. Sono cinque le parti che lo compongono: il più noto Libro dei Vigilanti, che comprende i primi 36 capitoli (tranne i primi cinque, che servono da introduzione); il Libro dell’Astronomia, il Libro dei Sogni, l’Epistola di Enoch (che non toccano in realtà quasi per nulla l’argomento) e, infine, il Libro delle Parabole, che anche se appare in seconda posizione, subito dopo il Libro dei Vigilanti, è in realtà una tarda aggiunta, risalente probabilmente all’età cristiana, che serviva per sostituire il più antico Libro dei Giganti, eliminato forse perché, come vedremo, conteneva dottrine non più accettabili.
4 commenti
Aggiungi un commentoArgomento molto interessante e approfondimento ben realizzato , così si può capire ciò che sta alla base di un terreno ricco d'ispirazione per la letteratura.
Che tu sappia Chiara, può essere che Milton, nel creare Paradiso Perduto, abbia attinto a queste fonti? Noto dei punti in comune tra Azazel e Lucifero, non solo per via della rivolta, ma soprattutto per il modo in cui viene attuata con la creazione di armi.
Grazie! Mi informo per Milton durante le vacanze, anche se credo che molti di questi testi non fossero per lui conoscibili. è però vero che per alcuni Padri la letteratura enochiana era nota e non considerata apocrifa, ma dovrei controllare.
D'accordo, rimango in attesa
Alla fine mi sono imbattuta in qualcosa di utile, prima proprio non ho avuto tempo.
Come immaginavo, Milton non ha conosciuto i testi di cui ho parlato nell'articolo, mentre probabilmente aveva una copia di un'"espansione" del racconto biblico, la Vita di Adamo ed Eva, databile al I sec. d.C.. La sua fonte principale, a quanto mi risulta, sarebbe comunque un dramma teatrale del 1601, l'Adamus Exul, di Hugo Grotius. Esiste un testo che ripercorre le vicende di Lucifero nei secoli, "Paradise Lost and the Genesis Traditions", di J.M. Evans, Oxford 1968.
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