Non solo queste cinque parti sono ascrivibili ad autori diversi, vissuti in tempi diversi (per quanto la voce narrante e il punto di vista sia sempre quello del patriarca Enoch), ma a sua volta il Libro dei Vigilanti, il più antico, è stato evidentemente composto da più mani, di cui due particolarmente notevoli: la prima, che ha redatto i capitoli 6-11 e ha composto, più frettolosamente, i capitoli 12-16; la seconda, che ha composto i capitoli 17-19 e 21-22.
Perché tutto questo è rilevante per la storia degli angeli caduti? Perché, come sempre quando si parla di miti e leggende, ogni autore tende ad avere una sua idea personale, a immaginare un suo sviluppo della vicenda e ad aggiungere qualcosa di suo. Tutte le mani, anonime, che hanno contribuito a riportare il mito degli angeli caduti hanno aggiunto o modificato qualcosa.
Non sappiamo quando questo mito sia nato, ma solo che il primo testo che ne parla (e di cui noi abbiamo qualche informazione), il Libro di Noé, è molto antico, composto, probabilmente, attorno al 500 a.C.; difficile sapere altro a riguardo, perché è per noi perduto e sappiamo della sua esistenza solo per il fatto che viene tradotto nella prima parte del Libro dei Vigilanti ed è citato in un libro molto più recente, il Libro dei Giubilei, di cui parleremo più avanti.
Apparentemente, il Libro di Noè contiene la storia degli angeli caduti nella sua forma più nota: qualche generazione prima del diluvio, al tempo del patriarca Yared (che potrebbe essere il padre o il figlio di Enoch), duecento angeli tra quelli chiamati Vigilanti, di cui solo i più importanti sono nominati, si innamorano delle figlie degli uomini e scendono sulla terra per sposarle, sotto la guida di un angelo chiamato talora Semeyaza e talora Ἁsa’el. Dopo aver sposato le figlie degli uomini, essi insegnano loro alcune arti proibite, come la magia e la conoscenza delle erbe e generano i Nefilim, termine tradotto in greco come i Giganti, per sottolineare la comune mostruosità e ribellione al Cielo (anche le affinità tra il mito dei Nefilim e dei Titani sono notevoli): essi sono alti, dice il testo, più di duecento cubiti (il cubito è la lunghezza e sono dotati di una forza e di un potere spaventoso. Non soddisfatti, per via delle loro enormi dimensioni, della quantità di cibo prodotto per loro dagli uomini, che hanno reso schiavi, i Giganti iniziano a nutrirsi degli uomini stessi, ma anche degli uccelli, dei pesci e degli altri animali e, soprattutto, a bere il loro sangue, elemento che sembra essere il vero nocciolo del problema della violenza dei Giganti.
Per quel che riguarda gli angeli caduti, il peccato peggiore sembra essere quello di Azazel, che in questo libro più che uno dei Vigilanti appare come il primo angelo a essere caduto in errore, la prima tra le stelle (cioè gli angeli) a cadere sulla terra (cioè a peccare). Azazel insegna agli uomini l’uso e la fabbricazione delle armi e dei gioielli, ma negativo è anche il dono di Semeyaza, che spiega la magia, come anche l’insegnamento dell’astrologia, che tre diversi angeli, Kobabel, Temel e Asradel, trasmettono agli uomini. La presenza degli angeli sembra dunque avere due facce opposte: da un lato, la sapienza che è trasmessa agli uomini come un dono che il cielo avrebbe voluto negare, come il fuoco di Prometeo; dall’altra, la violenza degli eredi degli angeli.
Le grida degli uomini che lamentano la morte dei loro simili, alla fine, giunge al cielo ed è sentita da quattro angeli, Michele, Gabriele, Raffaele (o Suriele) e Uriele, che intercedono presso Dio per la loro salvezza: da soli, infatti, gli esseri umani non potrebbero riscattarsi dal dominio dei Giganti, perché questo male non proviene dagli uomini, ma da un mondo a essi superiore, e quindi solo questo stesso mondo può aiutarli a liberarsene.
La condanna voluta da Dio per gli angeli caduti è terribile: per Azazel in particolare, legato mani e piedi da Raffaele, coperto di pietre e di tenebra, bendato in modo che non veda la luce, fino al giorno del Giudizio, quando sarà bruciato nel fuoco. Quanto ai Giganti, Dio incarica Gabriele di distruggerli inducendoli a combattere l’uno contro l’altro, nonostante i loro padri, cioè gli angeli, avessero sperato per loro nell’immortalità: il nome stesso Nefilim indica “coloro che sono caduti”, con un riferimento non alla caduta angelica, quanto piuttosto alla morte in battaglia che sembra ben essere collegata alle vicende di questi personaggi: anche in Genesi, in effetti, si parla di loro come grandi guerrieri. Michele, infine, si reca da Semeyaza e dagli altri Vigilanti caduti, ma la loro punizione, che consiste nell’essere legati per settanta generazioni sotto terra, arriverà solo dopo aver visto la morte dei loro figli; allo scadere del tempo della punizione, saranno a loro volta gettati all’inferno.
4 commenti
Aggiungi un commentoArgomento molto interessante e approfondimento ben realizzato , così si può capire ciò che sta alla base di un terreno ricco d'ispirazione per la letteratura.
Che tu sappia Chiara, può essere che Milton, nel creare Paradiso Perduto, abbia attinto a queste fonti? Noto dei punti in comune tra Azazel e Lucifero, non solo per via della rivolta, ma soprattutto per il modo in cui viene attuata con la creazione di armi.
Grazie! Mi informo per Milton durante le vacanze, anche se credo che molti di questi testi non fossero per lui conoscibili. è però vero che per alcuni Padri la letteratura enochiana era nota e non considerata apocrifa, ma dovrei controllare.
D'accordo, rimango in attesa
Alla fine mi sono imbattuta in qualcosa di utile, prima proprio non ho avuto tempo.
Come immaginavo, Milton non ha conosciuto i testi di cui ho parlato nell'articolo, mentre probabilmente aveva una copia di un'"espansione" del racconto biblico, la Vita di Adamo ed Eva, databile al I sec. d.C.. La sua fonte principale, a quanto mi risulta, sarebbe comunque un dramma teatrale del 1601, l'Adamus Exul, di Hugo Grotius. Esiste un testo che ripercorre le vicende di Lucifero nei secoli, "Paradise Lost and the Genesis Traditions", di J.M. Evans, Oxford 1968.
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