Il Libro di Noè non si sarebbe dilungato più di tanto su questo episodio, utile solo per spiegare le motivazioni del Diluvio, su cui si sarebbe concentrata l’attenzione dell’autore: questa fretta sembra dimostrata nella parte finale del racconto, in cui si ha l’impressione che, attraverso l’opera degli angeli “buoni” ogni male proveniente dalla caduta dei Vigilanti sarà annientato, idea che facilmente si scontra con il senso comune, che mostra ancora una terra in cui il male è ben presente.

La costruzione dell'Arca nelle Schedelsche Weltchronik di Hartmann Schedel (1493).
La costruzione dell'Arca nelle Schedelsche Weltchronik di Hartmann Schedel (1493).

Il Libro di Noè ha influenzato molto però gli scritti che si sono occupati di questo mito, e in particolare uno degli autori del Libro dei Vigilanti, il più antico, che, come si è detto, avrebbe tradotto (e molto probabilmente riscritto) in aramaico questa parte del libro, introducendo alcuni nuovi elementi: Enoch, emissario degli angeli vigilanti che non sono caduti (il termine vigilanti, infatti, sembra indicare entrambe le schiere), comunica ai caduti la loro futura punizione ed essi, spaventati, lo implorano di intercedere per loro presso Dio; la preghiera non ha alcun effetto e, anzi, Enoch in sogno ha una visione della punizione che attende i caduti, come la morte dei loro figli e l’imprigionamento per l’eternità senza alcuna possibilità di perdono in uno speciale inferno posto ai confini del caos.

Se la conseguenza principale della discesa degli angeli, nel Libro di Noè, sembra essere il Diluvio, che in qualche modo lava via il loro peccato, nei primi capitoli del Libro dei Vigilanti la colpa di questi angeli diventa molto più grave: la loro discesa sulla terra, infatti, ha contaminato e corrotto la natura, che prima non era malvagia, e l’ha resa impura, poiché gli angeli avrebbero rivelato alle loro donne segreti che non avrebbero neppure dovuto conoscere. Sono questi angeli, dunque, la causa dell’esistenza del male nel mondo, ma non sono più un pericolo per gli uomini, perché in conseguenza dei loro atti sono stati nascosti sotto terra, nella Tenebra, da Dio. Pur essendo scomparsi e non in condizione di nuocere, però, questi angeli, i Vigilanti, hanno lasciato un’eredità pericolosa, che ancora influenza negativamente la vita degli uomini: i Giganti, come gli uomini, non sono composti solo di carne, ma anche di spirito e dunque alla loro morte, anche se la carne morirà, non così lo spirito, destinato a sopravvivere in una forma diversa, non corporea, ma ugualmente nociva per gli uomini. Le anime dei Giganti morti, disincarnate, vagano dunque per il mondo con l’intento di nuocere all’uomo. Il racconto del Libro di Noè, dunque, è utilizzato per inserire, in maniera razionale, all’interno di una mitologia già esistente, l’esistenza di spiriti maligni in cui il popolo ebraico già credeva.

Se, però, i Vigilanti e i Giganti sono stati eliminati da Dio, perché gli spiriti maligni continuano a tormentare gli uomini? Perché Dio, che ha eliminato le precedenti minacce, non agisce anche contro di loro? A questa domanda risponde un testo molto più recente, il Libro dei Giubilei, che pur presentandosi, in parte, come riscrittura di due testi canonici, Genesi ed Esodo, usa alcune fonti non canoniche, come il Libro dei Vigilanti, specialmente per parlare degli spiriti maligni che, come si è detto, nei libri canonici sono piuttosto ignorati.

Nel Libro dei Giubilei, tornano gli elementi caratteristici dei Vigilanti: gli spiriti maligni non esistono da sempre, ma derivano dalla caduta degli angeli che hanno peccato e dalla loro unione con le figlie degli uomini. Il Diluvio, come si è visto, ha luogo proprio per la necessità di eliminare i Giganti rimasti sulla Terra. Tuttavia, quando Noè sbarca dall’Arca, mette in guardia i suoi figli da ogni possibile contatto con gli spiriti maligni che dai Giganti stessi derivano. Ben presto, però i nipoti di Noè, incapaci di seguire il suo avvertimento, si lasciano irretire dagli spiriti maligni e Noè si rivolge nuovamente a Dio per chiedere che questi spiriti, espressamente identificati con i figli degli angeli Vigilanti, siano imprigionati e tenuti prigionieri nel luogo del Giudizio, in modo che non possano distruggere la sua discendenza. Dio accetta, ma a questo punto Mastema, il malaka di questi spiriti (il loro capo, ma anche il loro messaggero),1 inviato in ambasciata presso Dio da un non ben definito principio del Male, fa presente a Dio che questo imprigionamento non permetterebbe al regno del Male di esercitare il suo potere di distruzione e di corruzione sugli uomini. Sorprendentemente, e differentemente rispetto al Libro dei Vigilanti, Dio riconosce la correttezza di questa pretesa e accetta che un decimo di questi spiriti maligni continui a nuocere agli uomini, ad esempio inducendoli a onorare falsi dèi e idoli, mentre i restanti spiriti sono relegati nel luogo del Giudizio. Per fornire agli uomini una certa protezione contro questi spiriti, però, Dio invia i suoi angeli, in modo che possano insegnare a Noè e ai suoi discendenti i rimedi contro le malvagie azioni degli spiriti, e in particolare le medicine ottenute dalle piante della terra, rimedi che Noè avrebbe messo per iscritto, appunto, nel precedentemente citato Libro di Noè.