Ursula K. Le Guin è una delle più prolifiche e stimate autrici di fantasy e fantascienza di tutti tempi. Perchè quindi dovrebbe iniziare a scrivere in modo più simile a J.K. Rowling? Eppure succede, lo rivela lei stessa durante un'intervista.
Alla domanda specifica se gli editori avessero fatto pressioni per avere da lei storie diverse dal suo stile risponde:
"Negli anni scorsi è successo a proposito dei miei tre romanzi fantasy Gifts, Voices e Powers: c'è una pressione crescente per renderli più simili a Harry Potter.
Io scrivo un tipo molto, molto diverso di fantasy e di storie in generale, quindi è una cosa con cui non potrei andare d'accordo. Ho dovuto resistere. Tutto questo è cominciato quando l'editoria stava cominciando a perdere il proprio scopo e il senso della propria direzione".
L'autrice punta il dito sulla tendenza crescente a trarre un benefit di base da tutte le fiction: sebbene gli autori di sf e fy mantengano ancora un certo controllo creativo sulle proprie opere - a differenza di molti scrittori mainstream - c'è uno spostamento costante verso l'ingerenza da parte del settore editoriale.
Tutto questo sembra scaturire dalla necessità di trovare una formula sempre e comunque redditizia per gli scrittori di genere.
C'e da chiedersi se, anche nei confronti delle trasposizioni cinematografiche e televisive, per avere successo occorra prendere in seria considerazione il riadattamento dell'opera verso un certo standard.
La risposta della Le Guin è molto chiara:
"Nessuno tranne la Rowling ha mai avuto controllo sui film tratti dai propri lavori, e questo perchè lei è così ricca. La domanda da porsi in questi casi è "mi dispiace se viene fatta una parodia del mio lavoro? I soldi sono così importanti? Se lo sono, lascia che facciano, prendi i soldi e scappa qualsiasi cosa succeda. Se non lo sono, scappa e basta".
In fin dei conti, c'è un sacco di posto nel panorama letterario fantastico, sia per i libri della Le Guin che per quelli della Rowling...
36 commenti
Aggiungi un commentosì, ma vale anche l'inverso
Letto il post e il seguito della discussione, mi viene spontaneo un commento dal sapore vagamente provocatorio parafrasando il Chuck Palahniuk di "Cavie": qualcuno si è mai lamentato del fatto che Michelangelo lavorasse su "ordinazione" per conto di papa Giulio II e Paolo III o che Leonardo da Vinci venisse foraggiato dalla famiglia Medici, oppure che Mozart prendesse denaro a destra o a sinistra dall'arcivescovo di Salisburgo o da Giuseppe Bridi, industriale della seta? Questo per dire che uno può permettersi di snobbare un consiglio editoriale, bene, se invece non può farlo, bene lo stesso... Tutto dipende dalla qualità delle opere che uno si lascia alle spalle. Le ingerenze fanno parte del mestiere e chiunque ritenga che non esistano, né debbano esistere, forse vede le cose dall'esterno oppure non considera la scrittura o qualunque altra forma d'arte una professione come un'altra, un mestiere che ha committenti come clienti finali. Ma è così bello avere una visione idealistica delle cose, seppure la realtà sia spesso purtroppo un'altra. Anche se non sempre peggiore...
Non si tratta d'idealismo, ma di non accettare il conformismo, che porta all'appiattimento e alla perdita d'idee e di qualità. In Italia è stato attuato e infatti le librerie sono state invase da prodotti come Unika, Eroi del Crepuscolo, Amon, Bryan di Boscoquieto. Decisamente questa non è la strada da seguire, perché porta soldi solo nell'oggi, visto che il domani se l'è bruciato.
Francesco, ti sfugge una differenza fondamentale: se tu mi commissioni un libro, e io accetto, devo ovviamente sottostare alle tue richieste di committente. Fa parte di quel tipo di contratto.
Se invece sono io a scrivere i miei libri e poi offrirli a te editore che hai la facoltà di prenderli o lasciarli, se mi vuoi imporre cosa e come scrivere, al di là delle mere, doverose questioni di editing (che cmq non deve essere invasivo e invece pourtroppo gli editor invasivi esistono), ti mando cortesemente a stendere.
Aggiungo che ritengo di parlare con cognizione di causa, avendo sperimentato direttamente entrambe le formule.
Be' si da il caso che pur lavorando su commissione Michelangelo la cappella sistina l'ha dipinta come voleva lui e non come la voleva Giulio II, non per niente i "mutandoni" li hanno aggiunti dopo. Hai citato persone che anche se lavoravano per qualcuno alla fine facevano come più o meno volevano loro, ma erano anche tempi e realtà diverse; una casa editrice un romanzo lo vuole vendere al pubblico, Giulio II voleva una stanza dipinta per sé.
E' la differenza tra i mecenati e i mercanti.
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