Lady Oscar di Riyoko Ikeda
Lady Oscar di Riyoko Ikeda

Sullo stesso piano troviamo gli shojo (trad. “giovane ragazza”), in pratica l’equivalente degli shonen, ma questa volta diretti a un pubblico femminile e caratterizzati da storie che ruotano principalmente attorno ai sentimenti e, negli ultimi tempi, spesso ambientate tra i banchi di scuola. Ne sono alcuni esempi Lady Oscar, Fushigi Yugi, Candy Candy o Inuyasha. Come abbiamo già visto per gli shonen, anche nel caso degli shojo si registra un campionario molto vasto di titoli, trame e situazioni differenti tra loro, che spazia dalle storie più semplici e, magari, banali, fino ad altre decisamente più complesse e mature. Inoltre, è utile ricordare che a definire la classificazione non è la trama in sé, per quanto alcune caratteristiche siano spesso presenti, ma il pubblico a cui si rivolge. Ad esempio, un manga come Sailor Moon presenta molti elementi in comune con gli shonen più famosi (combattimenti, nuovi nemici sempre più forti, evoluzioni o nuove tecniche di combattimento, etc.) ma,poiché si rivolge a un pubblico femminile, è chiaramente uno shojo. Così come, al contrario, un manga come Video Girl Ai, anche se potrebbe sembrare uno shojo in quanto è basato sui sentimenti e sulla relazione tra un ragazzo e una ragazza, è in realtà uno shonen perché diretto a un pubblico maschile.

Spesso la differenza risiede anche nella scelta del protagonista, così da sfruttare maggiormente il senso di identificazione che il lettore prova istintivamente per i personaggi delle sue letture. Nel caso degli shonen, quindi, i protagonisti saranno più facilmente dei ragazzi, mentre negli shojo ci saranno protagoniste femminili; in entrambi i casi, poi, l’età sarà compatibile con quella del pubblico.

Un discorso simile può esser fatto anche per le controparti 'adulte' di questi due generi.

Seinen (trad. “giovane uomo”) indica le serie rivolte a un pubblico maschile che va, generalmente, dai 18 ai 30 anni, ma che può arrivare fino ai 40 e oltre. In questo campo l’Italia vanta quasi un primato per aver importato moltissime serie seinen presentandole, però, a un pubblico più generalista. Soprattutto negli anni ’80 e ‘90 questa tendenza va ricondotta alla erronea percezione che i fumetti (ma anche i cartoni animati) fossero sempre e comunque prodotti per bambini. Negli ultimi anni alcune case editrici hanno adottato vari sistemi (alcuni anche simili a quelli di certe emittenti televisive) per distinguere il livello del contenuto degli albi: da quelli per tutti, a quelli più maturi, fino a quelli rivolti a un pubblico adulto. La libertà degli anni ’80 e ’90, però, ha anche dimostrato come spesso la classificazione originale giapponese fosse dovuta più al linguaggio con cui era scritto il fumetto che agli effettivi contenuti.

In effetti, può capitare che anche una persona con una certa cultura voglia, ogni tanto, staccare la spina e gustarsi solo un po’ di mazzate a cervello spento (basti vedere il pubblico in sala durante la proiezione di film come Transformers). Per questo da noi può risultare difficile notare le differenze tra due titoli apparentemente simili come Naruto (shonen) e Jackals (seinen), dato che entrambi si basano solo sui combattimenti. Generalmente, però, proprio perché si rivolgono a persone adulte, i seinen prediligono trame più complesse, un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi e non lesinano in violenza (alcuni esempi possono essere Homunculus, MPD Psycho, il famoso Berserk di Kentaro Miura o le opere di Inio Asano).

L’equivalente adulto al femminile dei seinen è lo josei (trad. “donna”): il pubblico di riferimento é composto da donne adulte (tra i 18 e i 30 anni) con una adeguata cultura. Anche in questo caso il termine segue il target a cui si rivolge e a sua volta ne è influenzato nei temi. Sono generalmente storie incentrate sui sentimenti, ma meno idealizzate rispetto agli shojo, quindi più realistiche e spesso tragiche (alcuni titoli arrivati da noi sono Nana, Honey and Clover o Nodame Cantabile).

Fotogramma di Imokawa Mukuzo Genkanban no Maki di Oten Shimokawa del 1917.
Fotogramma di Imokawa Mukuzo Genkanban no Maki di Oten Shimokawa del 1917.

Tornando a parlare della storia dei manga, è importante sottolineare che Rakuten Kitazawa non è solo l'inventore del termine che contrassegna questo genere artistico, ma è anche uno dei progenitori dei fumetti giapponesi di oggi. Autore di strisce a fumetti per diverse riviste nel periodo che va dal 1895 al 1932, col suo lavoro è stato d’ispirazione per i suoi successori (tra i quali Osamu Tezuka) e per tutta la vita ha insegnato anche a svariati giovani disegnatori e animatori. Tra i suoi tanti allievi spicca il nome di Oten Shimokawa (1892-1973), l’autore del primo cartone animato (i cosiddetti “anime”) del Sol Levante. Intitolato Imokawa Mukuzo Genkanban no Maki, il cortometraggio durava solo 5 minuti e purtroppo, come tutte le opere d’animazione di quel periodo, è oggi perduto.