Le traduzioni traditrici
Anche se ormai gli scrittori di fantasy italiani sono moltissimi, quelli che vendono bene sono solo una manciata, e il lettore è costretto ad affidarsi alla traduzione, più o meno fedele, delle opere straniere.
Tradurre è un po' tradire è un vecchio detto, ma è sempre attuale. Ma quand'è che il tradimento diventa eccessivo? Nella prima parte di questo nostro viaggio nell'editoria abbiamo visto come per molte opere sia stato scelto di tradurre non il titolo originale ma di inventarne uno nuovo. Spesso però anche le traduzioni presentano parecchi problemi.
Il passaggio da A Song of Ice and Fire a Le cronache del ghiaccio e del fuoco ha fatto perdere la vena poetica dell'opera di George R.R. Martin e il fatto che quella narrata non sia una storia ma un'epica. Non delle cronache ma un canto, e non l'articolo determinativo ma quello indeterminativo. Un canto di ghiaccio e di fuoco sarebbe stato molto più corretto, anche se qualcuno potrebbe pensare che siano pignolerie eccessive.
Peggio è andata a Steven Erikson con il suo Malazan Book of the Fallen. Tradotto il nome della serie come La caduta di Malazan invece che con un più corretto Il libro Malazan dei caduti, questo titolo ha spostato l'accento sull'impero di Malazan relegando in secondo piano i personaggi, che invece sono fondamentali. Sono loro i caduti, quelli che lottano contro forze soverchianti, e non un più anonimo impero.
Se Mondadori e Armenia non hanno rimediato all'errore probabilmente perché ormai questi nomi sono ben noti – senza considerare che Armenia probabilmente non farà mai una seconda edizione della saga – ha avuto la possibilità di rimediare al suo errore Fanucci, che aveva presentato Il nome del vento di Patrick Rothfuss come il primo volume delle Cronache del re assassino, traduzione di The Kingkiller Chronicle. Nel momento della pubblicazione dell'edizione economica del primo romanzo la traduzione è stata modificata in Le cronache dell'assassino del re. Differenza non da poco, che dona al lettore tutta un'altra percezione della storia.
Le note dolenti, però, arrivano con il testo. Il caso più frequente è quello dell'infedeltà a quanto viene narrato dallo scrittore.
Guardando ancora una volta Le cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin, può essere una semplice scelta di gusto far dire a Ser Waymar Royce, nel momento in cui affronta un estraneo nel prologo del primo volume, “For Robert!”, usando solo il nome, o “Per re Robert!”, aggiungendo anche il titolo del sovrano come preferisce fare Sergio Altieri per la traduzione italiana. Il lettore può gradire o meno, ma siamo nell'ambito delle decisioni legittime per un traduttore, che deve continuamente scegliere quale termine utilizzare e quale tono da dare al discorso. Quando, però, nel primo capitolo i membri della famiglia Stark trovano una meta-lupa – animale che compare nel loro stemma araldico – morta, uccisa dal corno di un animale che le è rimasto conficcato in gola, il discorso cambia completamente. Per Altieri il corno appartiene a un tipico animale fantasy, un unicorno, ma Martin aveva parlato di un cervo, e il cervo è l'animale araldico di casa Baratheon, quella a cui appartiene anche re Robert. La traduzione errata fa perdere al lettore un importante – e inquietante – presagio.
I problemi della traduzione delle Cronache del ghiaccio e del fuoco non si fermano qui, basti pensare a Jon che va a cavalcare alla testa del gruppo (9) di pagina 27 quando invece rimane indietro, al titolo di Hand of the King, Mano del re, che diviene Primo cavaliere del re rendendo privi di senso tutti i dettagli della mano collegati a chi ricopre la carica e ai suoi uomini e almeno un paio di battute, alla decorazione del salone di Grande Inverno con i colori araldici bianco, azzurro e oro (pag. 58) quando la descrizione originaria parla di white, gold and crimson, cioè rosso invece di azzurro, e con Martin a volte anche i dettagli araldici sono fondamentali per una prefetta comprensione della scena, a Catelyn che torna a Grande Inverno (pag. 75) alla fine della rivolta Baratheon quando invece si era limitata ad andarci, a ser Arryk che diventa una donna (pag. 89) e a un'infinità di altri dettagli, alcuni anche più gravi di questi, che da soli meriterebbero un articolo.
Visto quanto la saga vende e quanto numerose sono state le ristampe, modificare la traduzione, se non altro sul dettaglio dell'unicorno, sarebbe stato un gesto di rispetto nei confronti dei suoi lettori da parte dell'editore, gesto che invece non è stato compiuto.
8 commenti
Aggiungi un commentoAlcune volte io mi domando se il traduttore sappia almeno l'italiano, dato che vari refusi sono dovuti al congiuntivo o alla forma sintattica della frase, non alla vera e propria traduzione. Parlo soprattutto dell'edizione TEA di Darkover.
La Salani, comunque, ha fatto altri restyling di HP: quando viene cambiato il nome della Casa da Pecoranera a Corvonero (anche se poi c'è confusione sul nome della fondatrice) e quando si corregge da 'lucchetto' a 'medaglione' nel quinto volume. Peccato che non abbia pensato a correggere anche il madornale errore, se non nell'ultima ri-traduzione, tra 'mud-blood' e 'half-blood', che ha creato numerosi dubbi sul significato di 'mezzosangue', utilizzato come traduzione per entrambi i termini.
@Palin: esistono due linee di pensiero. Quella esposta da te e Martina (e che ho usato pure io in passato) è la più corretta; l'altra, quella che ho esposto nel commento, è rappresentativa di ciò che sta alla base della storia.
In ogni modo, la traduzione di Armenia è traviante e ha ben poco a che vedere con la saga.
Non credo che la grammatica inglese sia opinabile, ma vedo di documentarmi meglio.
Giusto. Le linee di pensiero cui facevo riferimento non sono certo di grammatica: la traduzione corretta è quella che dici. Quella a cui mi riferivo si tratta d'interpretazione ed è rivolta al significato che si vuol dare con il titolo.
Il Libro dei Caduti di Malazan rende bene il tema della saga di Erikson, ovvero che ogni guerra, da qualsiasi parte la si guardi ha i suoi caduti: possono esserci motivazioni diffferenti, ma il risultato è sempre quello. Morti. Se Armenia avesse percorsa questa strada sarei stato più che soddisfatto.
Il Libro Malazan del Caduto lo trovo, dal mio punto di vista, più profondo perché va a mostrare dove le radici di questi conflitti vanno ad affondare. Ma questo può esserre scoperto addentrandosi nella saga; forse la preferisco all'altra perché è con essa che dopo essere finiti nel vortice degli eventi e trascinati a destra e a manca si comincia a capire qualcosa
Mi permetto un'ulteriore precisazione: la traduzione corretta sarebbe "Libro Malazan dei caduti", dato che in "Malazan Book", "malazan" è un ovvio aggettivo determinativo di "book". Sul senso, fa riferimento ai "libri dei caduti" di Napoleone, come dichiarato dallo stesso Erikson in una delle sue prime interviste. Ma, insomma, cambia poco...
Questo (grosso) errore fu segnalato già nella prima recensione, qui su FM. Ci sarebbe di che soffermarsi all'interno del testo: con Erikson la traduzione non è stata buona, ma è un autore talmente complesso che troppo spesso il senso delle sue parole scritte viene travisato. E il lettore finisce per avere dettagli incoerenti in mente, capendoci ben poco. Morale? Erikson va letto rigorosamente in inglese. Se non lo si sa, in italiano, ma non è la stessa cosa.
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