Oliver Queen, alias Freccia Verde (Green Arrow, in originale) non è forse uno degli eroi DC Comics più iconici e popolari soprattutto se paragonato, in quanto a notorietà, a Superman, Batman o Wonder Woman. Ma questo non risulta sinonimo di scarsa attrattiva del personaggio. Privo di superpoteri e addestrato nell'uso di arco e frecce (spesso dotate di congegni tecnologici di vario tipo e utilizzo) e nel combattimento corpo a corpo, Freccia Verde fu creato nel pieno della Golden Age of Comics da Mort Weisinger e George Papp (la sua prima apparizione è del 1941).
E in più di settant'anni di storie e di trasformazioni, ciò che complessivamente rende questo eroe ricco di spunti narrativi, sono forse la sua etica e il suo modus operandi soprattutto dopo la riscrittura, con toni più vicini alla realtà socio-economica del tempo, operata da Dennis O'Neil e da Neil Adams a partire dalla fine degli anni '60, e la ridefinizione delle sue origini avvenuta nella miniserie Green Arrow: Year One di Andy Diggle e di Jock nel 2007.
E' con questa serie televisiva, dal semplice titolo di Arrow, che la DC Comics e la Warner Bros. tentano ora di portare al successo il personaggio sullo schermo televisivo (al momento di scrivere questa recensione, non è ancora giunta notizia di una eventuale programmazione italiana della stessa) dopo il notevole riscontro di pubblico ottenuto con la longeva Smallville, la serie che per dieci stagioni ha invece raccontato la giovinezza di Clark Kent prima di divenire Superman.
I paragoni tra le due serie, che pur sono stati evocati al momento dell'annuncio di Arrow, finiscono qui. Nonostante in Smallville l'arciere abbia fatto una sua apparizione, come anche altri personaggi dell'Universo DC Comics, impersonato da Justin Hartley, la scelta della produzione è stata quella di narrare dal principio le gesta di Oliver Queen (qui interpretato da Stephen Amell, foto a destra), rampollo di una delle famiglie più ricche e influenti di Starling City che, dopo anni di vita dissoluta e dedita ai divertimenti più sfrenati, viene trasformato nella psiche e nel corpo da un naufragio su un'isola sperduta, durato cinque anni.
Su cosa sia effettivamente avvenuto sull'isola, su ciò che in punto di morte il padre di Ollie abbia rivelato al figlio durante il naufragio, sul degrado socio-economico della metropoli alla quale il poco più che ventenne Queen ritorna dopo il quinquennio di esilio forzato, ruota questo primo episodio in assoluto della serie. Ma non solo.
Ai flashback relativi alla vita del protagonista sull'isola, che punteggiano una trama costruita con un ritmo avvincente e solo in pochi punti un po' contratta, fanno da contraltare le sequenze in cui lo spaesamento e, soprattutto, il profondo cambiamento interiore di Oliver si evidenziano. Non solo la sua città ma anche la sua famiglia, dopo la morte del padre e quella sua apparente, risultano frammentate, agli occhi e alle emozioni del suo nuovo se stesso. E sarà soprattutto un lacerante senso di colpa a tentare di farlo riavvicinare a Dinah Laurel Lance (Katie Cassidy, foto a sinistra) avvocato brillante e socialmente impegnata, fidanzata di Oliver al momento dell'incidente.
Se il nome di questo personaggio richiamerà subito ai lettori dei fumetti della casa editrice americana l'alter ego di Black Canary, eroina piuttosto conosciuta nell'Universo DC Comics, altri sono i riferimenti in questo pilot, e si presume nelle successive puntate, a personaggi che fanno parte della vita di carta e china di Green Arrow.
E non sarà quest'ultimo, nè nessun altro, il nome da battaglia di Oliver Queen quando inizierà la sua missione di vigilante mascherato. Durante quel quinquennio di totale (o forse no?) solitudine, l'unico scopo della sua esistenza è stata sopravvivere per poter tornare a casa. E, per farlo, i sensi e i riflessi e la preparazione psico-fisica di Oliver sono giunti a un limite che pochi uomini possono raggiungere. Le modalità di questo affilamento di se stesso come un'arma vivente sono ancora da chiarire allo spettatore della serie, ma pochi si lasceranno sfuggire il parallelo con il più iconico Batman: non è un caso che Green Arrow venne ideato dopo il successo ottenuto tra la fine degli anni '30 e l'inizio degli anni '40 dal Cavaliere Oscuro, e non è neanche un caso che i toni di questa serie, ben lontani da quelli corali e più leggeri di Smallville, siano invece vicini a quelli dei lavori cinematografici di Christopher Nolan su Batman.
Armato del suo arco e delle sue frecce (tra cui molte modificate e utili a scopi diversi) di cui fa un uso eccellente, di un'agilità e di un'abilità di combattimento corpo a corpo superiori, Oliver inizia la sua missione di giustiziere prendendo di mira i magnati della finanza e i potentati dell'economia di Starling City, spesso collusi con la criminalità, che stanno affossando la metropoli. Un Robin Hood moderno, come la sua divisa e il suo armamento dichiarano esplicitamente, inarrestabile e determinato a onorare una promessa fatta a suo padre in punto di morte, deciso a dare finalmente un senso alla sua vita e alle sue capacità letali: Amell è convincente nella sua interpretazione, impenetrabile e enigmatico quanto basta per tenere lo spettatore in tensione prima di entrare in azione, teso nelle sequenze di dialogo in cui emergono le difficoltà nei rapporti con la sorella Thea (Willa Holland) e, soprattutto, con la madre Moira (Susanna Thompson). Le sequenze di combattimento, pur non sempre limpide nelle dinamiche, rendono sostanzialmente credibile la superiorità di un solo uomo, dotato di arco e frecce come un cacciatore d'altri tempi, sulle armi da fuoco di criminali e mercenari (sopra, la copertina del primo numero della nuova serie della testata regolare del personaggio).
Arrow dovrà certamente essere giudicato sul lungo termine. Tuttavia, già questo esordio risulta un prodotto assai valido che potrebbe inaugurare un filone (prolifico e qualitativamente elevato, si spera) di adattamenti su piccolo schermo di fumetti supereroistici in chiave ma più matura e con tinte più cupe.
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