Alla fine ce l'hanno fatta. Sembrava impossibile che qualcuno potesse realmente realizzare il remake della serie anni '60 che si contendeva una copiosa fetta di pubblico già ampiamente assorbito da La famiglia Addams.
Il titolo della serie era The Munsters e, a differenza dell'altra famiglia appena citata, super ricca e anche un po' snob, questa era più alla mano e molto meno schizzinosa ed elitaria. Oggi Mockingbird Lane prova a ridare casa alla famiglia più mostruosa della tv e per farlo non si risparmia.
Il trio Fuller, Singer, Navarro rispettivamente sceneggiatore di Pushing Daisies, regista de I Soliti Sospetti e direttore della fotografia de Il Labirinto del Fauno - ha avuto l'arduo compito di togliere le ragnatele a una storia che aveva, già negli anni '70, fatto il suo tempo.
Niente anacronismi, semmai una voglia un po' vintage per certi tipi di personaggi e il gusto macabro che si potrebbe trovare in una macelleria messicana. Ma con una famiglia come questa non c'è da stupirsi.
Il soggetto è semplice: una famiglia di mostri assortiti si trasferisce in un nuovo e rispettabile quartiere. La casa scelta per il trasloco aveva ospitato un assassino di senzatetto e nessuno la vuole più abitare. Il luogo perfetto, quindi. Dopo il trasferimento, il rapporto con il vicinato sarà, come dire, complicato.
Il progetto non era fra i più attesi, probabilmente perché neasuno aveva veramente creduto che si riuscisse anche solo a creare un pilot, quindi quando la NBC ha dato l'annuncio, le antenne dei fan si sono sintonizzate sull'argomento e hanno atteso la prima uscita che aveva l'intento di tastare il terreno del pubblico.
Diciamo subito che, nonostante tutto, il prodotto è divertente. Però...
Tecnicamente parlando, nella messa in scena Bryan Singer "svacca" e si lascia alle spalle il "fighettismo patinato" per lasciare spazio a vere e proprie inquadrature gore che in televisione, soprattutto in America e per una certa fascia di pubblico, prima di Spartacus nessuno avrebbe osato proporre. Quindi non stupitevi se troverete operazioni a cuore aperto, con tanto di macabri e liquidi dettagli che per una serie del genere ci possono stare perché sono talmente ostentati che non riescono a disgustare o a produrre un senso si sdegno. Il patto implicito con lo spettatore è che in una storia dove c'è una famiglia composta da un licantropo, un vampiro, un frankenstein e altre tipologie di "mostruosità", il sangue deve scorrere a fiumi. Quindi a Singer non si può imputare nulla. Almeno in superficie.
La sceneggiatura di Bryan Fuller che fra gli altri ci aveva accompagnato nel mondo di Heroes, è cattiva e, sorprendentemente, british quanto basta per strappare un sorriso colpevole. Ma da lui ci si sarebbe aspettati una grazia diversa, un immaginario meno esibito e più sottile.
La fotografia di Guillermo Navarro, compagno di merende del geniacco Guillermo del Toro, è semplicemente sontuosa, acida e avvolgente.
Ma allora cosa c'è che non va in questa wannabe-series (nel senso che il confezionamento di questo pilota non rende certa la sua produzione in più episodi)?
Si ha l'impressione che l'intero gruppo di lavoro abbia voluto togliersi uno sfizio giovanile e abbia preso al volo l'opportunità di fare qualcosa che, in altre occasioni, non gli avrebbe permesso una così ampia libertà. Ma tutto questo divertimento autoreferenziale non ha fornito un buon servizio alla serie. In più, forse, non si sente ancora il bisogno di rispolverare questa vecchia gloria dell'horror-fantasy, pieni come siamo di mostri veri e di famiglie disfunzionali reali e terribili.
A Mockingbird Lane, per quanto ben confezionato - a parte alcuni degli effetti speciali che si sarebbero potuti tranquillamente risparmiare - non riesci a crederci, non riesci a sospendere l'incredulità perché, forse, le cose mostruose che presenta sono ormai passé come un maglione infeltrito.
Quello che davvero spaventa è Jerry O'Connell, che avevamo intravisto in Jerry Maguire e in X serie tv dove appare sempre, e ora capiamo perché, in piccole parti. Spaventa per la sua inespressività e pochezza nelle vesti di Herman Munster, il capo famiglia, e lo si nota in modo spietato quando si deve confrontare con un istrione come Eddie Izzard che, si vede, non ci crede neanche per un momento ma anche recitando al minimo sindacale travolge comunque quello che dovrebbe essere il padrone di casa.
Avevamo odiato/amato Portia de Rossi nei panni del capo dispotico e sessualmente attivo di Better off Ted, immaginifica serie che seguiva le vicende di una multinazionale talmente spregevole da diventare simpatica. Qui, nei panni di Lily Munster, una moglie devota e vampira, la vediamo dimessa e per nulla magnetica, rimpiangendo lo charme della rivale Morticia Addams interpretata dall'immortale Carolyn Jones.
Charity Wakefield, nella parte di Marylin Munster è talmente dimenticabile che gli stessi sceneggiatori non le hanno fornito, almeno nel pilot, qualche qualità. A sua discolpa c'è da dire che già nel format originale Marilyn era l'unico membro "normale" della famiglia e questo era vissuto da tutti come una sciagura. Però, proprio per questo, la scelta di quel finto biondo platino e quell'aria svampita da modella di plastica distruggono tutto l'incanto di normalità.
La vera sorpresa della serie è Mason Cook, il figlio licantropo che però vuole essere vegetariano. A lui sono dedicate le parti più divertenti, compresa la sequenza iniziale che, per tensione e divertimento, sembra uscita dalle mani di un ritrovato John Landis ai tempi di Twilight Zone. Il giovane attore riesce a sostenere lo script e si è certi che, conclusa questa esperienza, lo vedremo presto al lavoro su un altro progetto.
Tirando le somme, Mockingbird Lane ha il difetto di non stuzzicare abbastanza e Fuller e soci propongono una scorpacciata di storia, quando avrebbero potuto centellinare meglio gli ingredienti. Il risultato è che alla fine della visione si è talmente sazi che non si sente il bisogno di continuare l'esperienza. Un difetto fatale, per quello che dovrebbe essere solo uno spuntino goloso. Burp!
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