In questo articolo ci occuperemo del fantasy che potremmo definire “autoctono”, che si ispira, cioè, ai miti e alle leggende proprie del Giappone e, in generale, dell’estremo oriente.
Per affrontare al meglio questo argomento, però, è necessario fare un piccolo passo indietro e dedicare un po’ di spazio a un breve excursus storico-culturale sui miti giapponesi.
Anche sotto questo aspetto, infatti, la terra del Sol Levante si rivela essere una realtà piuttosto complessa e soggetta a svariate influenze (al pari della scrittura, di cui abbiamo parlato nel primo articolo di questa rubrica).
La cultura cinese, lo shintoismo, il buddismo hanno tutti avuto un grande peso nella creazione del pantheon divino e folkloristico attuale. I miti sull’origine del Giappone, però, sono prevalentemente autoctoni e ne troviamo le prime tracce in due testi fondamentali: il Kojiki (712 d.c.) e il Nihongi (720 d.c.).
Nati entrambi come cronistorie della terra del Sol Levante e con un’importante impronta di legittimazione del potere della famiglia imperiale (un po’ come l’Eneide di Virgilio), narrano anche dell’inizio del mondo con le prime divinità che danno alla luce due esseri divini, uno maschile (Izanagi) e uno femminile (Izanami).
Come in molte culture, anche occidentali, ci si preoccupa subito di rimarcare il fatto che la donna debba essere sottoposta all’uomo. In questo caso, la punizione per non aver rispettato i giusti rapporti di forza nella coppia (rappresentati da chi, dei due, deve essere il primo a salutare) sono due figli deformi. In seguito, ristabilita la supremazia maschile secondo le indicazioni delle prime divinità, Izanagi e Izanami divengono estremamente fecondi: il frutto del loro amore sono le otto grandi isole del Giappone. Ad esse seguiranno molte altre ‘nascite’ in un progressivo moltiplicarsi di personaggi, creature, animali, isole, generati sia attraverso un parto vero e proprio che attraverso la creazione di un nuovo essere a partire da singole parti del corpo.
Si tratta di una caratteristica molto sentita, tanto che può essere ritrovato anche in diverse opere fantasy giapponesi (anche tra quelle di stampo più occidentale) come, per esempio, la saga di Record of Lodoss War, che abbiamo citato nel precedente articolo.
Ad esempio, una delle divinità più importanti del Sol Levante è Amaterasu, dea del sole, originatasi dall’occhio sinistro di Izanagi mentre quest’ultimo si faceva il bagno.
Amaterasu è particolarmente importante in Giappone, anche perché considerata diretta antenata della stirpe imperiale. Suo nipote Ninigi, infatti, giunge sulla terra con l’ordine di divenirne il sovrano portando con sé i Tre Sacri Tesori destinati a divenire le insegne imperiali del Giappone: il monile Magatama (che simboleggia il potere e la regalità), lo specchio di bronzo del Yata no Kagami (che simboleggia la saggezza) e la spada Kusanagi (che simboleggia la forza).
Al di là dell’importanza che oggi rivestono dal punto di vista celebrativo, è importante notare come questi tre elementi: potere, forza e saggezza, siano considerati come una sintesi perfetta delle caratteristiche che deve possedere chi vuole comandare o, in generale, avere successo nella vita.
Sempre per fare un raffronto, non si può fare a meno di notare che questi tre elementi siano ricorrenti nei videogiochi e nei fumetti della serie Legend of Zelda (anche questo titolo ampiamente citato nel precedente articolo).
Amaterasu ricorre frequentemente nei manga, tra personaggi che ne portano il nome (come nella serie di fantascienza Five Star Stories di Mamoru Nagano del 1986, in cui il protagonista è anche una divinità), tecniche di combattimento chiamate in questo modo (ad esempio in Naruto di Masashi Kishimoto del 1999), fino ad arrivare all’omonimo fumetto fantasy del 1986 di Miuchi Suzue, in cui si narra di una ragazzina dai poteri particolari, che poi scoprirà di essere proprio la dea del sole in una strana ambientazione classica, in cui alcuni luoghi e vestiti ricordano la Grecia antica.
Altra creatura ricorrente in fumetti e anime e appartenente alla mitologia fondante dello stesso Giappone, è il drago a otto teste Yamata no Orochi. Secondo la leggenda si tratta di una creatura violenta, dedita a cibarsi di innocenti fanciulle, la cui fine avviene per mano di Susanoo, fratello di Amaterasu. Susanoo, facendo a pezzi il corpo del drago, trovò all’interno di una coda la già citata spada Kusanagi.
La vicenda di Orochi è riportata in maniera piuttosto fedele anche in alcuni dei primi capitoli di DragonBall di Akira Toriyama (1984), uno dei manga di più grande successo degli ultimi 30 anni. Così come Orochi terrorizzava gli abitanti di un villaggio di contadini, rapendo le giovani donne per cibarsene, allo stesso modo Oolong, quando incontra Goku e Bulma per la prima volta, è solito rapire le più belle ragazze di un paesino per approfittare delle loro grazie.
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