Le case editrici e gli agenti internazionali sono ossi particolarmente duri. Hanno ferree regole stilistiche a proposito dell’invio di manoscritti. Regole alle quali bisogna adeguarsi, se si vuole dare al proprio lavoro almeno la chance di essere scorso. Prendere o lasciare. Altrimenti, non importa quanto valida e originale sia la trama che vi siete inventati, non importa quanto sublime sia la vostra prosa, la destinazione del vostro bel manoscritto è automaticamente quello della pila dei rifiutati. Così narra la leggenda. E così probabilmente era anche la realtà. Prima, naturalmente, che una signora inglese con un sogno di scrittrice nel cassetto fin dalla tenera età di sei anni (tale Joanne Kathleen Rowling), decidesse di travolgere inconsapevolmente, come un tornado, tutti i sacri pilastri del mondo editoriale, creando un caso che ha il sapore di una favola disneyana.
Dal punto di vista formale, la scrittrice colleziona subito una discreta quantità di passi falsi. Anzitutto batte il manoscritto della Pietra filosofale a spaziatura singola. Una delle sacre raccomandazioni degli editori è che l’interlinea deve essere doppia, per facilitare le eventuali operazioni di editing qualora il libro sia degno di pubblicazione. La Rowling, ignara dello ieratico comandamento, è convinta che il suo espediente possa camuffare la seconda trasgressione in cui è appena incorsa: ha scritto un romanzo per bambini che contempla novantamila parole, mentre ha (correttamente) letto in una rivista che, per questo genere, l’optimum si attesta sulle quarantamila. E le probabilità che una esordiente sconosciuta si veda pubblicare un libro per l’infanzia così lungo sono pari a quelle che abbiamo voi e io di segnare in un canestro alto dieci metri usando la mano sinistra.
Ma non è finita qui. Siamo ancora alla fase di partenza, eppure ci scappa anche una terza trasgressione: a detta degli editori, il contenuto del libro sarebbe fuori moda. “Una vicenda ambientata in una boarding school non interesserà mai nessuno” – pare sia stato il commento stile ‘ultime parole famose’ di numerosi e navigati colossi editoriali che rifiutarono, a loro tempo, il manoscritto.
Una volta battuto quest’ultimo, la scrittrice apre l’elenco telefonico e decide di inviare i primi tre capitoli a un agente letterario. Per stessa ammissione della Rowing, questi rimandò il lavoro al mittente “così in fretta che deve averlo rispedito il giorno stesso in cui arrivò”. Forse l’agente rimase scandalizzato dalla trasgressione numero quattro operata dall’esordiente, che osò inviare un manoscritto unsolicited, ovvero senza prima aver spedito una lettera di presentazione e una sinossi, unitamente alla richiesta di poter inviare qualche capitolo campione del libro. O forse l’agente in questione non digerì la trasgressione numero cinque, ossia l’invio dei suddetti capitoli in una cartellina-rilegatrice di plastica nera, quando invece il Codice Immaginario del Bravo Esordiente Inglese impone che i fogli siano mandati sciolti.
Quale che sia il motivo del rifiuto, la Rowling non si perde d’animo e infila, dritta come un fuso, lo svarione numero sei, probabilmente il più grossolano di tutti: pesca un altro agente dall’elenco, scegliendolo solo in base al nome, senza prestare la minima attenzione al tipo di pubblicazioni che tratta. Manco a dirlo, il prescelto Chris Little, non solo non si occupa di libri per l’infanzia, ma è fermamente convinto che non rappresentino affatto una fonte di introiti per cui valga la pena di darsi da fare. Come sappiamo, mai nessuno fu peggiore profeta, ma, a discolpa del povero Little, bisogna dire che non sapeva di avere a che fare con l’energia di un sogno nel cassetto vecchio di circa un quarto di secolo…
A ogni modo, la sua prima reazione di fronte alla ormai famigerata cartellina di plastica è quella di gettarla direttamente nella pila dei respinti, senza nemmeno degnarla di un’occhiata. Tuttavia, sarà proprio la vistosa ‘trasgressione plastificata’ a catturare l’attenzione dell’assistente di Little, Bryony Evans. Così, uno degli errori formali della Rowling finisce incredibilmente per capovolgere la situazione a suo favore e diventare l’elemento catalizzatore della sua fortuna. La Evans, che è solita sbirciare per diletto personale nella pila dei respinti, si porta dunque a pranzo i primi tre capitoli della Pietra filosofale e ne rimane affascinata. Ne parla a Little e gli domanda il permesso di richiedere in visione l’intero manoscritto. Little accetta, la Rowling spedisce, l’assistente termina la lettura e insiste perché anche il principale lo legga. Nonostante la Pietra filosofale non sia il genere di libro trattato dalla sua agenzia, Little decidere infine di mettere sotto contratto la scrittrice e di rappresentarla presso le case editrici alla ricerca della agognata pubblicazione. Un gesto che, come sappiamo, farà la sua fortuna, quella di Joanne e di tutti i loro discendenti fino alla settima generazione.
A questo punto, il manoscritto, rispetto al porto di partenza, ha già veleggiato al di là di ogni ragionevole lido e previsione, ma questo non significa che da qui in poi abbia avuto vita facile: ci vorrà un altro anno e dozzine di rifiuti da parte di altrettanti editori, prima che Bloomsbury si faccia avanti e offra 1500 sterline (altre fonti parlano però di 2500) per i diritti di pubblicazione in UK. Quindi, un paio di buone recensioni su quotidiani scozzesi e un incessante, lento lavorio a base di passaparola saranno gli elementi che inizieranno a incrementare le vendite in maniera inattesa. Finchè il risultato diventa così lusinghiero da attirare l’attenzione di alcuni pesci grossi dell’editoria americana, che finiranno per contendersi all’asta i diritti di pubblicazione negli States: la spunta la Scholastic che stacca un assegno di ben 105.000 dollari.
La signora Rowling, a questo punto, non solo ha coronato il sogno di infanzia, ma ha anche ricavato una gran bella sommetta. Tuttavia non molla il lavoro di insegnante che ha trovato nel frattempo, perchè, saggiamente, pensa che la favola potrebbe anche non durare.
Infatti, neppure questo successo basta a dare l’innesco alla vera e propria pottermania che conosciamo oggi: bisognerà attendere la pubblicazione della Camera dei segreti (che non solo consoliderà, ma espanderà notevolmente la visibilità della scrittrice) e, soprattutto, il tocco finale apportato dall’annuncio della Warner di aver acquistato i diritti per i film, per vedere letteralmente esplodere il fenomeno del maghetto.
Morale della favola? Elementare, Watson: se si tiene duro, i sogni possono diventare realtà. A dispetto di tutti gli errori che si possono commettere lungo il cammino e di tutte le pastoie che il business può mettere in mezzo. Cullare un sogno di bambina, idearne un progetto, farlo crescere e maturare con pazienza per ben cinque anni, lanciarsi in una sfida alla pubblicazione con tenacia e determinazione, sono state le tappe che hanno reso possibile, gradino dopo gradino, la creazione di un caso letterario da manuale, la formazione di un impero economico e la destabilizzazione di ogni cliché del settore librario.
Anche la storia della Rowling ha ubbidito, dunque, alla regola che Coelho ci rammenta: “quando desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”. Ricordiamoci di questo e della vicenda di Joanne, la prossima volta che un progetto che ci sta davvero a cuore ci sembrerà irrealizzabile.
3 commenti
Aggiungi un commentoAncora una volta i miei complimenti a Marina: proprio un bell'articolo.
grazie ops:
infatti...davvero divertente...
povera rowling...se nn avesse tanto successo gli editori l'avrebbero messa al rogo
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