La fine del mondo arriverà tra un mese e la vita di Dodge Petersen (Steve Carell) non sembra una di quelle che ne risentiranno di più. In fondo è uno che non ha mai fatto niente di esaltante, nemmeno per mera soddisfazione personale. Si è lasciato scappare l’amore della sua vita, e anche tutte le altre donne che ha avuto dopo, compresa la moglie Linda (Nancy Carell), che alla notizia dell’arrivo dell’asteroide Matilda scende dall’auto e scappa via, scopriremo dopo poco, insieme a Dodge, dall’amante. Perché quando ormai tutto è compiuto e sai di avere le ore contate, per alcuni vuol dire darsi alla pazza gioia, talvolta distruttiva, perché, come dirà Diane (Connie Britton), amica di Dodge “niente appartiene più a nessuno, ormai”. Per altri, invece ciò che sembra più importante è passare il tempo con chi si ama. E questo Dodge non lo sa per se stesso, ma lo scopre conoscendo una sera Penny (una brava e convincente Keira Knightley), che sale fin sul suo balcone per piangere disperatamente non tanto la fine della storia con Owen (Adam Brody) che è solo fonte di stress, ma per la consapevolezza di non rivedere mai più la propria famiglia che tanto ama e con la quale rimpiange di non aver passato abbastanza tempo, per andare a ricercare chissà quale libertà, quale affermazione di se stessa e della propria felicità.
Da quella sera inizia l’avventura di Penny e Dodge, che resteranno insieme per risolvere quanto di più importante ciascuno sente di dover trovare per gli ultimi istanti di vita: una conclusione, un senso, o
comunque avere un’opportunità.
Non è il caso di rivelarvi di più, perché in verità non abbiamo di fronte un gran film, con chissà quali nuovi messaggi o insegnamenti. Nessun deus ex machina, nessun colpo di scena, nessuna mirabolante avventura. Il messaggio più importante di questo film è solo “come usare il tempo che hai, o che ti resta”. Lo scoprirete anche voi, probabilmente, in questo film on the road, visto che tutti prima o poi si chiedono o lo hanno già fatto: “ma cosa farei se sapessi che il mondo è lì lì per finire?”.
Cercasi amore per la fine del mondo, film d’esordio per la regista americana Lorene Scafaria, ci regala una bella colonna sonora (forse l’aspetto più riuscito del film), in cui Rob Simonsen e Jonathan Sadoff con la supervisione di Linda Cohen (un cognome non trascurabile, se osserverete alcune scene del film) inseriscono indimenticabili hit degli anni 70 (tra cui i Beach Boys; gli Inxs; i Walker Brothers; The Hollies), nonché una fotografia molto riuscita, grazie a Tim Orr, che permette di apprezzare l'espressività dei personaggi e alcuni scorci tipicamente americani fatti di parchi pubblici ipercurati, lunghe strade circondate da paesaggi naturali quasi incontaminati, piccole cittadine con ordinate zone residenziali immerse nel verde, e appartamenti, ville e fattorie da favola (alle scenografie Chris Spellman).
Sulla edizione italiana, a cura di Oreste Baldini, niente di particolare da menzionare, visto che i doppiatori sono complessivamente le voci già note per le rispettive star americane: Franco Mannella per Steve Carell, Myriam Catania per Keira Knightley; Edoardo Stoppacciaro esordisce, invece, nel doppiaggio di Adam Brody. Qualche perplessità nonostante tutto è comparsa sull’efficacia di alcuni dialoghi (il cui adattamento è a cura di Anton Giulio Castagna) soprattutto nella parte iniziale, in cui la perfetta mimica di Steve Carell, che ci ha regalato una interpretazione sentita e veramente intensa, ha permesso di apprezzare le scene in cui si rivela al pubblico con la propria rassegnazione e i rimpianti di una vita nonostante le battute non sembrassero proprio del tutto appropriate.
Cercasi amore per la fine del mondo è una pellicola in parte romantica, in parte disincantata, ma comunque delicata e non è un difetto, nonostante alcuni risvolti risulteranno scontati e banali, talvolta purtroppo stucchevoli, quasi prevedibili. La Scafaria, tuttavia, riesce anche a strappare qualche piacevole risata, neanche troppo amara, e nonostante forse ci si sarebbe aspettati qualche colpo di scena, qualche scena mirabolante, si apprezzeranno piccoli e semplici aspetti, come il fatto che si racconti la storia di gente abbastanza ordinaria, imperfetta, in cui potrebbe essere facile riconoscersi, senza usare chissà quali filosofici discorsi. La pura e a volte cruda verità, la libertà di non avere più niente da perdere, tuttavia avendo ancora una dignità, può portare a fare cose sì ordinarie, ma che fanno stare meglio anche i più apatici e ormai disillusi.
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