Nel 2044 il viaggio nel tempo non è stato ancora inventato, ma lo sarà 30 anni dopo. Sarà però dichiarato subito illegale e quindi diventerà d'ausilio solo ai criminali. Joe (Joseph Gordon-Levitt) è un looper, ossia un killer a cui dal futuro vengono inviate le vittime. Egli deve solo attendere in un dato luogo, a una data ora, che la vittima si materializzi e sparagli. Annesso alla vittima, che è rigorosamente incappucciata, c'è il pagamento in lingotti d'argento, che vengono scambiati in denaro da Abe (Jeff Daniels), un gangster venuto dal futuro come emissario delle organizzazioni criminali.
Questo perché nel futuro per via di un microchip non è possibile sbarazzarsi di un cadavere, mentre è immediato farlo in un passato in cui legalmente quelle vittime non esistono.
I looper sono giovani, drogati e vivono alla giornata. Quando alla vittima vengono allegati lingotti d'oro significa che in quel caso il looper ha ucciso se stesso nella versione futura. A quel punto può ritirarsi e godersi il gruzzolo per i successivi trentanni, finché non si compirà il suo destino.
Il rituale si chiama "chiusura del loop", ed è gravissimo non farlo, come scopre a sue spese Seth (Paul Dano), il migliore amico di Joe, che si lascia sfuggire la versione più grande di se stesso andando incontro a un mare di guai.
In realtà questo primo "incidente", unito al fatto che le "chiusure" stanno vistosamente aumentando presagiscono al momento in cui sarà lo stesso Joe a non riusicire chiudere il loop per la ribellione del suo io futuro (Bruce Willis), che fugge cercando di cambiare il suo destino. Ne segue una caccia all'uomo che vede contrapposti i due individui, inseguiti entrambi dagli sgherri di Abe, con Joe "il grande" alla ricerca di un bambino che nel futuro sarà il super cattivo che gli rovinerà la vita pacifica che si era costruito, nell'illusione di essersi lasciato il suo passato criminale alle spalle.
La faccenda è in realtà più complicata del previsto, trattandosi di paradossi temporali. O meglio lo sarebbe se la sceneggiatura avesse un minimo di coerenza e sapesse ben giocare con tali paradossi.
Già nella prima parte qualche particolare non sembra chiarito. Se è vero che c'è una organizzazione dietro alle uccisioni, nessun particolare è dato sapere su come vengono comunicati gli appuntamenti.
Si continua poi con autentici miracoli, come il giovane Joe che precipita dal secondo piano di un palazzo sul tetto di un'automobile rimanendo illeso, o con il vecchio Joe che si libera sempre al momento opportuno dalle corde che lo legano ben stretto.
Le fasi che giocano con i paradossi sono incoerenti e mal gestite e vengono tra l'altro troncate quasi subito, probabilmente per l'incapacità di gestire una sceneggiatura nella quale gli eventi rischiano di intrecciarsi come spaghetti. Se volete una precisa idea di come si possa giocare al gioco degli io che si incontrano con perizia vi consiglio di dare una guardata a Primer e TimeCrimes (Los Cronocrimenes), due autentici gioielli sull'argomento.
La parte nella quale il giovane Joe conosce poi il famigerato bambino di nome Cid, che si rivela essere dotato di poterti telecinetici, nonchè sua madre Sarah (Emily Blunt, si Sarah come citazione di Sarah Connor temo) è un fritto misto di Il villaggio dei dannati, Damien, X-Men e film western. Tra l'altro è veramente lunga ed estenuante e spezza il ritmo di quello che fino a quel momento era pur sempre un film d'azione, per quanto poco ispirato.
Stiracchiata e distesa fino all'inverosimile l'ispirazione iniziale, che forse avrebbe retto il respiro di un racconto, quindi di un telefilm più o meno, il film non regge alla lunga distanza. Il concitato finale si conclude tutto sommato in maniera logica, ma non riesce a mettere una pezza a un film che necessitava di un controllo di coerenza interna prima di essere distribuito.
La scoperta che parte dell'umanità possiede poteri telecinetici buttata nel mischione è un tipico esempio di elemento estratto dal cappello a cilindro in un brainstorming di produzione. Senza un presupposto minimo che aiuti a inserirla nella costruzione generale, rimane qualcosa che sembra aggiunta per casualmente per "vedere l'effetto che fa", o solo per giustificare le difficoltà di adulti grandi e grossi nel tentare di uccidere un bambino.
È un peccato perché con una maggiore cura dei dettagli, con opportune sforbiciate e limature, il film avrebbe potuto esprimere maggiore potenziale perché le idee non mancano e alcuni temi sono comunque interessanti.
Joseph Gordon-Levitt è funzionale al ruolo, ma truccato con un naso posticcio per sembrare un giovane Bruce Willis non si può guardare.
Willis compie il suo dovere nella versione pesta-lacero-contusa, ma con un personaggio senza un briciolo di ironia o autoironia, ma non è colpa sua.
Bravo Jeff Daniels, che è un cattivo che riesce a bucare lo schermo, così come il killer Kid Blue interpretato da Noah Segan. Non possiamo fare a meno di simpatizzare per lui, nonostante sia un perfetto idiota.
Ritroviamo, a confronto proprio con Sarah, Garret Dillahunt, che fu il Cromartie della serie The Sarah Connor Chronicles. La sua scena è veramente troppo uguale nella dinamica ad alcune sequenze di quel telefilm.
Se brava alla fine risulta la Blunt, è ingiudicabile Piper Perabo nel ruolo della spogliarellista Suzie, amante di Joe, alla quale le doti che viene chiesto di mettere in mostra non sono recitative, data l'inconsistenza del personaggio.
Grottesco il bambino mutante, l'incolpevole Pierce Gagnon.
Tecnicamente lo spettacolo è nei livelli medi di una produzione di medio budget, con effetti speciali minimi ma con alcuni scenari, come la Cina del futuro, costruiti con perizia professionale.
Il problema di fondo del film è l'eccesso di elementi, mal mescolati dal regista e sceneggiatore Rian Johnson, che forse ha ubbidito a un diktat di produzione di troppo, non riuscendo a dare al film una personalità, una direzione precisa.
Incerto tra la speculazione fantascientifica e filosofica e l'azione fracassona e spettacolare, Looper è in sostanza una occasione mancata per costruire un techno-thriller nel quale la costruzione narrativa s'integri con l'aspetto visivo, risultando deficitario sul primo fronte.
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