Questa è una domanda a cui non è facile rispondere. Forse le opere di fantasia – e con questo intendo romanzi che fanno ricorso alla magia e al paranormale – vengono considerati più “facili” da scrivere perché possono fare leva proprio su questo aspetto fantastico. Tempo fa conversavo con un autore italiano di thriller e lui, parlando di un personaggio che aveva fatto morire e che invece, alla fine, avrebbe preferito mantenere, disse: «Per te sarebbe facile risolvere, potresti farlo resuscitare con qualche incantesimo.» Ridemmo entrambi di questa sua battuta in cui, in fondo, un pizzico di verità c’è.
Ma credo che ogni genere letterario debba essere giudicato a sé, per quelle che sono le sue caratteristiche e per il suo modo di raccontare storie, senza fare paragoni tra tipologie di romanzi che partono da basi completamente diverse e, come è giusto che sia, arrivano a risultati altrettanto diversi.
Dopo il boom letterario e cinematografico di Twilight di Stephenie Meyer, molti scrittori puntano a scrivere storie paranormal romance che, il più delle volte, rischiano di apparire poco originali. Su questo discorso, alcuni scrittori si sono difesi dicendo di prendere “spunto” da una storia per crearne una nuova; altri credono che i personaggi stereotipati del fantasy (il bello e dannato, l’amante fragile e timida, il rivale in amore; oppure l’elfo dal destino straordinario, la compagnia di guerrieri, il signore del male etc.) stiano trattenendo gli scrittori dallo scrivere storie “diverse” senza i soliti stereotipi, dal momento che si dice che le case editrici preferiscano di gran lunga le storie con un’impronta fantasy stereotipata.
Secondo te perché gli scrittori danno così tanta importanza agli stereotipi? Pensi che a causa di questi stereotipi i libri fantasy in generale stiano perdendo originalità, “fantasia”? E, secondo una tua opinione, è vero che gli editori – italiani e stranieri – prendono in considerazione i libri in parte “stereotipati” invece di buttarsi a capofitto su opere del tutto originali (probabilmente per paura che l’opera non possa piacere ai lettori)?
Staccarsi dagli stereotipi non è facile. Credo che si scriva, involontariamente o meno, quello che si è letto, visto e vissuto, rielaborandolo in maniera personale, certo, ma è molto difficile “inventare” qualcosa di completamente nuovo oggi come oggi in questo settore. Non credo però che gli editori vogliano solo libri stereotipati. Io collaboro da diverso tempo, da ben prima della pubblicazione, con alcuni editori, e da quel che vedo sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e di originale, o anche solo di un romanzo con un elemento che lo possa comunque differenziare: un’ambientazione diversa, un tipo di creatura paranormale di cui si è scritto poco fino a ora, e così via. La chiave che, per esempio, ha reso interessante la mia trilogia agli occhi dell’editore è stata la presenza di Incubi e Succubi e lo sfondo della Romania.
Torniamo al tuo libro: Il Bacio della Morte è il primo di una trilogia urban fantasy che si intitola La Casa dei Demoni. Stai già scrivendo il seguito? Ti stai occupando della stesura di qualche altro libro o racconto che non riguardi affatto Thea e gli altri personaggi della trilogia?
Il secondo volume è stato direttamente inviato alla Casa Editrice insieme al primo volume, e sto ultimando l’editing in questi giorni. Nei prossimi mesi scriverò il terzo e conclusivo volume della trilogia. Nel frattempo sì, mi sto dedicando (marginalmente) alla stesura di un altro libro, ma al momento la priorità è la La Casa dei Demoni, dunque lo considero più che altro un modo per tenermi in allenamento.
Dal momento che molti dei lettori di Fantasy Magazine sono aspiranti scrittori in attesa di tirare fuori il manoscritto dal cassetto, quale consiglio ti sentiresti di dare ad uno scrittore che vorrebbe pubblicare la propria opera?
Avendo pubblicato da pochissimi mesi ed essendo nuova nel settore non mi sento nella posizione di dare dei veri e propri consigli, ma sicuramente posso condividere la mia esperienza sperando che possa essere utile agli altri.
Potrà sembrare strano, ma la lettera di presentazione con cui si accompagna il manoscritto è importante. È il biglietto da visita, ciò che farà decidere a un editor sommerso di proposte editoriali se dedicare il proprio tempo alla vostra o passare a quella di un altro. La mia, per esempio, era molto sintetica: cinque righe in cui indicavo l’argomento alla base della trilogia (Incubi e Succubi), l’ambientazione (Romania), perché inviavo la proposta proprio a loro (non avevano nessun libro che trattasse di demoni in catalogo) e i miei recapiti. Fine.
Ovviamente, come in tutte le cose, ci vuole fortuna. Bisogna scrivere la storia giusto al momento giusto per l’editore giusto, e per questo non c’è una regola. Se avessi inviato la mia proposta sei mesi prima o sei mesi dopo, forse oggi non sarei qui. Quindi non bisogna scoraggiarsi. Quello editoriale è un mercato particolare, se non si viene chiamati può benissimo essere non perché la proposta non sia valida, ma perché non è ciò che l’editore cerca in quel momento.
Siamo giunti alla fine dell’intervista. Ti ringraziamo per essere stata con noi e per averci svelato una parte di te. Un saluto da Fantasy Magazine e un “in bocca al lupo” per la tua trilogia!
Grazie a voi per l’intervista e crepi il lupo!
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