Menò un terribile fendente a due mani che il sidhe evitò flettendo la schiena con sdegno. A un suo gesto tralci di rovi eruppero dal terreno e strinsero il cavaliere alle caviglie.

Edric, sorpreso, tentò di allontanarsi, ma inciampò e cadde disteso. Dopo un attimo si trovò bloccato anche per i polsi.

 – Troppo tempo – mormorò Caolàn scuotendo il capo – Troppo tempo è trascorso da quando abbiamo abbandonato questo mondo, e la tua razza sembra aver dimenticato il rispetto che ci è dovuto. Rallegrati, dunque, umano, perché la lezione che ti impartirò negli attimi che ti restano da vivere ti insegnerà perché non è bene immischiarsi con gli affari del Popolo Fatato.

La pressione intorno alle estremità crebbe, e il dolore con essa, al punto che Edric temette che le ossa stessero per rompersi.

 – Lascialo, Caolàn! – disse la voce di Livith, fuori da suo campo visivo – Costui è uno sciocco, sì, ma possiede cuore buono e desidera solo il mio bene. Con noi non ha nulla a che fare. Lascialo andare in nome di quell’amore che credi di provare nei miei confronti! – Si udì il rumore di una lama snudata dal fodero – E affronta me!

Con uno sforzo doloroso, Edric ruotò il capo quel tanto da poter vedere la scena.

Il sidhe era ancora immobile e Livith avanzava verso di lui quasi danzando, impugnando la lama sottile.

 – Livith, bambina mia... – mormorò l’essere fatato – Amore mio, lo sai, non potrei mai farti del male. Io ti amo!

Assunse un’espressione sinceramente stupita, nonché leggermente irritata, quando la ragazza affondò lo stocco nel suo occhio destro.

– Io no – rispose lei.

 Le fronde incantate che tenevano bloccato Edric si dissolsero mentre il sidhe si accasciava a terra. Le tenebre calarono di nuovo sopra di loro.

 – Andiamo, cavaliere – disse Livith tendendogli la mano – Ora è tempo di andare.

 Le gocce di pioggia cadevano dal cielo grigio bagnando le armi di Edric e il cappuccio calato di Livith mentre i due attraversavano il giardino della chiesa del villaggio. Il parroco li invitò ad accomodarsi nella sagrestia e offrì cibo e vino.

La ragazza spiegò di stare cercando una coppia di lontani cugini, per dirimere un’annosa questione testamentaria, ma nessuno di quelli cui aveva chiesto aveva saputo indicargli la casa dei genitori di una certa Livith Sterling.

Il sacerdote fu molto cortese e promise loro che avrebbe fatto delle ricerche a riguardo.

La ragazza e il cavaliere rimasero sotto il portico della sagrestia per tutto il pomeriggio, l’una suonando, l’altro affilando la lama della spada.

Verso sera il parroco tornò con aria delusa, spiegando di non aver trovato quasi nulla che potesse essere loro utile.

 – Un mio predecessore cita, in effetti, una Livith Sterling, figlia di John Sterling e Hilda Miller, scomparsa quando era appena una bambina, ma dubito sia quella che state cercando. Sentite cosa dice il diario del sacerdote: Nel mese di Novembre dell’anno di Nostro Signore 1091, la piccola Livith Sterling venne dichiarata, dinnanzi alle massime autorità civili e religiose riunite, changeling e figlia del demonio, e, in quanto tale, condannata al rogo. La comunità prega per l’anima della bambina, e per John e Hilda suoi genitori.

La notte era calata da tempo e la pioggia non era cessata. Tra le lapidi del piccolo cimitero non si aggirava più nessuno, tranne due viandanti bagnati e infreddoliti.

L’uomo, in piedi, reggeva alta una torcia dalla fiamma incerta. Al fianco portava una lunga spada bastarda. La ragazza, in ginocchio nel fango, teneva sulla schiena la custodia di un violino.

– C’è soltanto una cosa, Edric Brett figlio di Richard l’Assassino, che vorrei chiederti. Mi hai parlato di Thomas Beckett e di Enrico III, ma questi sono solo nomi, per me. Non ho idea di chi sedesse a Canterbury, a Londra, a Roma, al tempo del mio rapimento, nel 1091.

– So cosa vuoi chiedermi, Livith Sterling figlia di John e Hilda. Vuoi proprio saperlo?

– Sì. Ti prego di dirmi che anno è quello in cui noi due ci troviamo.

Il cavaliere prese un profondo respiro.

– Il 1211 dalla nascita di Nostro Signore.

 – Centoventi anni... – mormorò la ragazza sfiorando delicatamente la scritta incisa nella croce di pietra.

Hilda Sterling, A.D. 1072-1105

Lacrime salate iniziarono a colarle lungo le guance, troppe perché lei riuscisse a trattenerle. Tutte quelle che aveva ingoiato in dieci anni di miseria, violenze e abusi, si mescolarono alla pioggia sopra la tomba di sua madre morta da più di un secolo.

"Strane e misteriose sono le aule di Elfhame, dove mille anni sono un battito di ciglia, create non per essere percorse dai piedi dei figli degli Uomini".

A questo pensava ser Edric Brett, reggendo in silenzio la torcia e ascoltando i singhiozzi disperati di quella ragazza nemmeno ventenne.

La donna più vecchia del mondo.