La donna continuava a gemere e a tirarsi i capelli. Un poliziotto telefonò per chiedere un dottore. Nella camera da letto la squadra della scientifica lavorava intensamente e dalla finestra Julie vedeva gli uomini sparpagliarsi sulla spiaggia, in cerca di indizi. La madre aveva forse annegato i bambini? Li aveva sepolti? Nascosti sani e salvi in un cesto di papiro, folle Iochebed moderna con due versioni femmine di Mosè? Julie sapeva che le cose stavano diversamente. Esaminò la stanza intorno.
Un semplice, classico cottage da spiaggia dell’Atlantico del Nord: coperte con le papere bianche sui mobili di vimini, stuoie di agave sul pavimento, legno chiaro e colori tenui. Ma in casa c’era il riscaldamento e le controfinestre già montate: evidentemente la famiglia viveva lì tutto l’anno. Giocattoli dai colori vivaci spuntavano da una scatola multicolore. Accanto al divano un portariviste, con Time che strillava in copertina PUÒ IL PRESIDENTE CONTROLLARE IL CONGRESSO? e LA DESERTIFICAZIONE DELL’AFRICA. Sul bancone che separava la cucina dal soggiorno, una torta fatta in casa sotto una campana di vetro, vicino a un mucchio di pomodori freschi, cipolle e zucchine. Tutto ordinato, rigoglioso, rassicurante.
Gordon fece il suo ingresso a grandi passi e andò a colpo sicuro dal detective. – Capitano Parsons? Agente Speciale Gordon Fairford. Abbiamo parlato al telefono.
Parsons disse acido: – Non cambia nulla rispetto a quanto ci siamo detti. – Sul divano, la donna lanciò un altro gemito acuto.
– Cosa pensa che sia successo, Capitano? – disse Gordon. Qualunque fosse la sua personale opinione, Gordon era sempre esteriormente pieno di tatto con i locali, che si risentivano sempre, sia dei riguardi sia del coinvolgimento dell’FBI. Le verità eterne.
– Il marito ha preso le bambine, ovvio. Oppure li hanno eliminati insieme e lui ha tagliato la corda.
– Nessuna traccia di fuga, con o senza di loro?
– No – disse Parsons, stizzito.
Né potrebbero esserci, pensò Julie. Gordon continuò a ricavare da Parsons più informazioni che poteva, cercando il più possibile di non fomentare l’inevitabile rivalità tra corpi di polizia. Julie smise di ascoltare. Aspettò finché Parsons non uscì e Gordon si volse verso di lei.
– Questa volta la tua previsione del sito era più vicina.
– Non abbastanza. – Se lo fosse stata, Gordon sarebbe stato alla casa sulla spiaggia prima che avvenisse la sparizione delle bambine. Invece, erano riusciti solo trovarsi nella città successiva. Non bastava, non bastava per niente.
La donna sul divano si era lievemente calmata. – Va’ – Gordon disse piano a Julie.
Non avrebbe dovuto far parte del suo lavoro. Lei era il mago dei numeri, la creatrice di algoritmi, il trasformatore dei dati grezzi in previsioni utilizzabili. Ma lei e Gordon lavoravano strettamente insieme ormai da sei mesi, e lui le aveva trovato altre mansioni.
No, no, non sono tenuta!
Julie sedette accanto alla donna in lacrime, senza toccarla. – Signora Carter, mi chiamo Julie Kahn. E so che sta dicendo la verità su cosa è successo a suo marito e alle bambine.
La donna gridò come se le avessero sparato e afferrò con entrambe le mani il braccio di Julie. Le unghie vi affondarono, e gli occhi si fissarono in silenzio sul volto di Julie, più grandi e selvaggi di tutti gli occhi che Julie avesse mai visto. Cercò di non battere ciglio.
– C’è stato un lampo di luce quando li hanno presi, vero? – disse Julie. – Molto luminoso. Quasi accecante.
– Sì!
– Mi racconti tutto, dall’inizio.
– Può riportarli indietro? Può farlo? Può?
No. – Non lo so.
– Deve riportarli indietro!
– Faremo il possibile. Era un adolescente basso con la testa piegata da un lato, come se fosse troppo pesante per il suo collo? O era una ragazza?
La signora Carter rabbrividì. – Era un demone!
Oh. Stava per prendere quella piega.
– Un demone dall’inferno e ha preso Jenny e Kara! – Ricominciò a gemere e a strapparsi i capelli.
Lentamente, penosamente, Julie le tirò fuori la storia. Non era molto diversa dalle altre, solo che stavolta c’erano due bambine ed era scomparso anche il marito. Evidentemente era aggrappato a una delle bambine. Era importante?
Come si faceva a sapere cos’era importante quando tutto era inconcepibile?
Altri otto bambini nell’ultimo anno, tutti scomparsi senza lasciare traccia, ognuno rapito in una città differente della costa atlantica. Solo tre rapimenti avevano avuto testimoni, comunque, e uno non era riuscito. La madre aveva respinto la rapitrice — una ragazza — prima che svanisse in un lampo di luce abbagliante. O così aveva detto. Ma i bambini scomparivano in continuazione, motivo per cui la stampa non aveva ancora afferrato la storia più grossa. Ma anche le sparizioni senza testimoni seguivano uno schema e gli schemi erano il lavoro di Julie. C’erano anche altri episodi: per la maggior parte furti in negozi durante l’orario di chiusura. Era meno sicura che ci fosse una relazione, e la colpa era dei suoi algoritmi. Ma lo schema geografico c’era, seppure bizzarramente non lineare, e quale specie di rapitore era allo stesso tempo così intelligente da pianificare dieci impeccabili sequestri e così stupido da lasciare ogni genere di impronta sul terreno?
Julie non era un poliziotto. Ma Gordon sì, e avevano discusso incessantemente la questione negli ultimi mesi. La risposta di Gordon: Uno psicopatico che vuol essere catturato.
Julie non aveva risposte. Solo orribili paure.
– Era un demone! Un demone! – gridò all’improvviso la signora Carter. – Rivoglio Ed e le mie bambine! – Uscì correndo dal cottage sulle dune, la vestaglia che si apriva e i capelli che le sferzavano il volto devastato, come se avesse potuto trovare il marito e le bambine sulla spiaggia fredda. Un agente si lanciò al suo inseguimento: dopotutto era una sospettata.
Julie si asciugò il sangue dal braccio, dove le unghie della signora Carter avevano inciso la pelle. Avrebbe avuto bisogno di un’antitetanica? Un’iniezione era ancora sicura per lei ora?
Incrociò le mani sul ventre e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, Gordon era lì che la fissava.
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