Scrivere è doloroso. Per me la narrativa è sempre stata la mia lingua etica, il modo in cui mi approccio al mondo, una delle passioni più appaganti.
Charles Bukowski in un suo racconto scrisse: “ci sono abbastanza parole per tutti”: la scrittura non è un Golf Club esclusivo riservato a pochi eletti. Se, però, si vuole trasformare la passione in qualcosa di professionale – ed esistono svariati modi di usare la scrittura, non solo la narrativa – allora occorre, soprattutto: leggere, leggere e leggere. Alcuni corsi di scrittura sono ben congegnati, e possono risultare molto utili. Agli aspiranti scrittori consiglierei di concentrarsi sulla scrittura e di non farsi influenzare da fortunate vicende editoriali. E’ la storia raccontata che deve farsi strada, non l’autore. Il resto viene dopo. Se non si hanno contatti nelle case editrici – nelle case editrici vere, intendo, non quelle a pagamento – da alcuni anni anche in Italia si è diffusa la figura dell’agente letterario. Poi, di solito, più la risposta degli editori arriva in fretta, più tende ad essere positiva. E viceversa. Il giudizio editoriale, come diceva Giuseppe Pontiggia, è spurio: legato sia al valore letterario che alle potenzialità commerciali, quindi consiglierei di informarsi sulla linea editoriale di una casa editrice, prima di proporre un romanzo che magari è buono, ma non in linea con ciò che stanno cercando.
Nei ringraziamenti del tuo romanzo fai riferimento a Christopher Nolan, un regista di grande fama. In che modo i suoi film avrebbero ispirato le tue storie? Quali sono i film di questo regista che adori?
In effetti Nolan è il mio idolo! La trilogia di Jude è ispirata, in parte, alla trilogia che Nolan ha dedicato a Batman, con l’unica differenza che il personaggio di cui seguiamo l’evoluzione, Jude, non è destinato a diventare il Batman della situazione, l’eroe, ma il Joker della situazione, l’antagonista. Il primo volume, “Jude Begins” per così dire, è più nei canoni del genere, perché serve per mostrare al lettore le carte in tavola. Il secondo, come “Il cavaliere oscuro”, sarà invece più dark, violento e originale. Di Nolan mi piace tutto, in particolare: “Inception”, “The Prestige” e “Il cavaliere oscuro”. Tre capolavori. Di cui, peraltro, adoro anche le colonne sonore.
Se ti trovassi di fronte ad un lettore che non ha mai sentito parlare de “Il bacio di Jude” o che non è rimasto particolarmente colpito dalla lettura della quarta di copertina del romanzo, come gli riassumeresti l’intreccio narrativo per incuriosirlo?
Preferisco sempre non svelare, lasciare un alone di mistero. Non a caso, la quarta di copertina si interrompe nel momento in cui Jude accede al sotterraneo nascosto nella villa dove vive con i suoi genitori e scopre il segreto, terrificante, che riguarda la sua natura. Al lettore dubbioso direi che, come nei film di Nolan, niente è come sembra, la storia è un inganno continuo, un complotto dentro il complotto, personaggi in apparenza positivi che tradiscono, e altri, in apparenza negativi, che si rivelano i veri alleati del protagonista. L’unico modo per sapere la verità è voltare pagina: ancora e ancora, fino alla fine.
Cosa pensi dei cliché letterari? Alcuni scrittori affermano che i cliché esistono ed esisteranno sempre nella letteratura fantastica, altri vorrebbero spezzare questa convinzione e creare personaggi del tutto originali e fuori dagli schemi. E’ possibile, secondo te, non affidarsi proprio ai cliché letterari? Esprimi la tua opinione al riguardo.
La narrativa ha delle regole, e anche l’assenza di regole è, in fondo, una regola. I personaggi vanno calibrati e, come quando si cucina, bisogna azzeccare le dosi: luci e ombre, meno è tagliato con l’accetta meglio è. I cliché sono rassicuranti per il fan del genere, però consiglierei di utilizzarli soprattutto per i personaggi secondari. Anche se, si capisce, non possono mancare alcune cose, come la storia d’amore, o il fatto che il protagonista abbia un destino eccezionale.
Secondo te perché il genere fantasy in Italia è considerato inferiore rispetto ad altri generi letterari e perlopiù viene considerato un genere adatto quasi sempre ad un pubblico giovane?
In effetti è il grande problema della narrativa di genere, non solo del fantasy. La stessa mentalità autolesionista che alla fine degli anni settanta condannò il nostro glorioso cinema di genere si sta abbattendo ora sulla narrativa, mentre gli anglosassoni vendono milioni di copie e le trasposizioni cinematografiche dei loro romanzi e macinano centinaia di milioni di dollari. In Italia è un atteggiamento tipico: pensiamo anche alla fantascienza, sempre snobbata. E perfino il noir è esploso solo negli anni novanta, prima c’era stato solo Scerbanenco che, in vita, fu sempre considerato un autore di serie B. Mi sento spesso dire “Tu scrivi per adolescenti” come se questo implicasse qualcosa di negativo. Le motivazioni sono tante, ma tutte da ricercarsi nello snobismo e nel provincialismo di una certa critica, che porta a credere che soltanto gli anglosassoni possano fare questi generi o che, stupidamente, solo perché una storia parla di adolescenti sia destinata solo ai teenager. In pratica, secondo i loro criteri, oggi “Il giovane Holden” di Salinger finirebbe nello scaffale “teens”!
3 commenti
Aggiungi un commentoManoscritto inviato ed entusiasmo di tutte le case editrici, e per giunta tutte grandi, che hanno fatto l'asta per accaparrarselo?
Ormai si ha esperienza in Italia di simili dichiarazioni: sembrano quelle così accuratamente preparate dai politici quando vengono intervistati. E si sa quanta verità c'è dietro.
Siccome ho letto dei brani del libro, non c'è nulla che giustifichi affermazioni così altisonanti. Sempre alle solite: cibo in scatola per gatti.
L'unico consiglio valido per chi vuole cominciare a scrivere è quello di leggere molto. Dove sta scritto che per realizzare qualcosa di valido, non deve mancare la storia d'amore o il protagonista con un destino eccezionale? La qualità e la validità di una storia stanno da altre parti.
All'estero il genere fantasy vende più che in Italia perché si producono romanzi migliori: certo, anche là ci sono scrittori mediocri, ma hanno anche molti autori dalle grandi capacità. Realtà che nel nostro paese non si verifica, perché di scrittori validi del genere si contano sulle dita di una mano. Inoltre, la realtà editoriale italiana fa passare il messaggio che per essere fantasy basta avere un personaggio adolescente come protagonista, che sia bello e dannato: una mentalità, questa, che ha bruciato il mercato, perché si riteneva che non servisse la qualità, che i lettori potessero sorbirsi di tutto.
In Italia gli scrittori sono ancora molto indietro rispetto ai loro colleghi stranieri del genere fantasy: Sanderson, Kay, Erikson, per citarne alcuni. No, non c'è confronto: sarebbe come paragonare un granello di sabbia a una stella.
Non vedo niente di strano nelle domande dell'intervista. Sono standard.
Le osservazioni non sono state fatte sulle domande, attenzione, questo è evidente: sono state fatte sulle risposte. E' su di loro che è posta l'attenzione.
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