"Dài, andiamo."
"Aspetta, ne arriva un'altra."
Il rombo era ancora lontano, alle orecchie di Luca, che non diede retta all'amico e attraversò. Sbuffando, Francesco gli andò dietro.
Con un miagolio di richiamo, a dire 'ehi, io sono ancora qui', il gattone scese in strada per seguirli.
L'automobile sbucò dalla nebbia in quel preciso istante, quasi a cavallo della linea spezzata.
I fari fendettero l'opacità ovattata, tagliandola come mannaie, e Luca vide distintamente il gatto rimanere paralizzato, gli occhi trasformati in due dischi abbagliati, che lo bloccarono dov'era. L'automobilista doveva averlo visto per forza, ma non accennò nemmeno a rallentare.
"Ehi, ehi!"
Con lo scatto dell'astemio che va in palestra tre volte a settimana, Francesco balzò sulla strada.
Corse nella nebbia. Per un attimo, alle percezioni confuse di Luca, sembrò che l'amico si dissolvesse, come in uno di quei vecchi film, dove l'eroe, alla fine dell'azione, abbandona la scena sparendo all'orizzonte, lontanissimo, irraggiungibile.
Il rombo ormai riempiva il mondo intero, anzi, era il mondo intero. L'automobilista andava ad almeno settanta all'ora, in pieno centro abitato, e non avrebbe potuto frenare neanche volendo, nel ritrovarsi qualcuno davanti.
Francesco afferrò il gatto come un pallone, lo tirò su soffiante, e si buttò sul marciapiedi, o forse venne buttato, perché l'automobile lo sfiorò, passandogli vicinissimo.
Luca sentì il rumore dell'amico che impattava sull'asfalto, con un rimbombo dei timpani che gli fece male fisicamente. La mano gli partì per conto suo, e scagliò la lattina vuota contro l'automobile che sgommava nella nebbia, portandosi via il rombo.
"Ma schiantati, bastardo! Non ha neanche rallentato!"
Dall'altra parte della strada, Francesco si stava tirando su, dopo aver mollato il gatto. Offesissimo, l'animale corse via, saltò su un bidone della spazzatura, soffiò contro il mondo ostile e traditore, e cominciò a leccarsi, per togliersi di dosso l'esperienza.
Corse accanto all'amico, per aiutarlo. "Sei tutto intero?"
Francesco fece una smorfia, si tastò la spalla. "Cazzo, fa male. Ma l'hai visto come correva, quello stronzo?"
"Stai sanguinando, deficiente - esclamò Luca, con un certo spavento - sembra ti abbiano fatto lo scalpo! Poi quello coglione sono io, eh?"
Si frugò in tasca e trovò un Kleenex, che Francesco si premette sul lato della testa, dove aveva strusciato per terra. Il sangue gli sgocciolava come un rubinetto rotto. Anche i palmi delle mani erano tutti escoriati.
"Andiamo al pronto soccorso, dai. Mi sa che ti servono dei punti."
Francesco digrignò i denti. "No, ma questa è epica, proprio… sei tu che hai bevuto come una spugna, e mi faccio male io! Porca vacca!"
"Io non mi butto sotto le macchine, neanche da sbronzo."
Sopra il lavatoio abbandonato, una finestra si aprì sbatacchiando. Una vecchia in vestaglia e bigodini sbraitò: "E allora? Qui c'è gente che vuole dormire! Andate a casa, drogati!"
"Stavano per metterlo sotto!" gridò Luca di rimando. "Si è fatto male, per la miseria!"
La vecchia cercò qualcosa dietro il balcone, e comparve un paio di occhiali enormi, di plastica, una foggia che sarebbe stata antiquata già negli anni '80. Forse vide il sangue, perché parve spaventata:
"Oddio, devo chiamare l'ambulanza?"
"No, ma se ha del disinfettante e un po' di bende, ci farebbe un favore grosso."
Si aspettava che la vecchia buttasse giù quanto richiesto, per normale diffidenza verso gli estranei mezzi sbronzi che sbraitano di notte sotto casa tua; invece, dopo qualche momento, Luca vide il portone aprirsi e la signora uscire, in ciabatte, con il cappotto sopra la vestaglia.
Attraversò la strada, camminando svelta nella nebbia, e li raggiunse sul marciapiede. È passata dall'altra parte, pensò Luca, e senza un motivo al mondo rabbrividì.
La vecchia si sistemò meglio gli occhiali e guardò le mani di Francesco.
"Entrano in paese come pazzi, è una vergogna. Una volta c'è mancato poco che non mettessero sotto anche me, quei drogati! Ecco, reggi qui." Diede a Luca un pacchetto di cerotti e aprì la bottiglietta del disinfettante. Versò abbondantemente sulla carne viva, senza badare all'esclamazione di protesta di Francesco.
"Se ci fate caso, all'entrata del paese c'è sempre pieno di fiori, e anche qui, sulla piazza, proprio nell'aiuola… niente da fare, non rallentano, e tutti questi locali in giro hanno peggiorato le cose, un tempo non era così...”
Brontolando contro 'i drogati' che rendevano pericoloso il paesello, finì di ustionare Francesco e gli chiese se andava meglio. Francesco cercò di sorridere.
"Ma non puoi guidare, con queste mani - osservò la vecchia - aspettate che torni mio marito, vi porta lui al pronto soccorso. Aveva il turno di notte, ma ormai dovrebbe arrivare."
"No, non si disturbi. Ce la faccio. Andiamo, Luca."
2 commenti
Aggiungi un commentoUn racconto interessante. Per me 4/5stars.
Mi è piaciuta molto l'atmosfera, buono anche il linguaggio, anche se per i miei gusti calcato fin troppo sul gergo "giovanile"; ottimo il ritmo, fatto di pause e di climax improvvisi su cui si catalizza l'attenzione; carina, anche se non proprio nuova, l'idea di fondo, però lo "spaesamento" che introduce è davvero molto marcato per un racconto di così poche cartelle. Avrei preferito più linearità da un certo punto in avanti, in effetti la parte del racconto che ho preferito è la prima.
Un'ottima prova, in ogni caso.
Molto bello. Stile particolare, coinvolgente. Alcune sensazioni le ho avvertite chiaramente, limpide.
Lo spaesamento iniziale: fontana vecchia/fontana nuova, luogo trasandato/luogo curato, è stato costruito in maniera professionale.
Ma che brava questa autrice dai capelli rossi... Good!
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