Da quell’ulcera aperta sui monti erano usciti gli eserciti che per oltre un secolo avevano tentato di conquistare i nove arcipelaghi. Da lì i condottieri Gr’ravyen avevano guidato i loro asserviti per dominare Ekhelon, che i Tèlleroan avevano difeso con caparbietà e coraggio, protetti solo dal mare e dalla distanza tra le isole. Oggi, finalmente, dopo circa sei mesi dal ritorno dei Tèlleroan su Isola Madre, dove un tempo il Re di Ekhelon viveva in pace con tutti gli arcipelaghi, gli eserciti dei Nove Regni si trovavano di fronte alla rocca dei loro incubi.
La loro riscossa era partita con l’avvento delle Nove Regine Bambine, e il loro potere, oltre a creare coesione tra tutti i clan delle isole, era stato falcidiante quanto il primo Canto Ferale dei Gr’ravyen. Etor non sapeva se i Gr’ravyen stessero morendo per la presenza delle Regine Bambine o se esistesse una causa ignota e propizia, ma sapeva, avendoli visti con i suoi stessi occhi, che negli ultimi mesi molti di loro erano caduti in battaglia senza aver subito ferite, colti come da un malore improvviso. E la loro morte rappresentava la vita dei Tèlleroan; la loro morte aveva senza dubbio sancito un cambio di direzione nella linea inintelligibile del fato fino a quel momento avversa.
Nel corso della guerra, Etor aveva ucciso lo stesso diversi Gr’ravyen in scontri corpo a corpo, resistendo al loro grido di morte capace di tagliare carne e metallo con la stessa facilità.
Aveva guidato i Tekrat con risolutezza e coraggio, portando molti di loro sino alla Fortezza Nera, accompagnandoli verso la morte e privando mogli dei loro mariti e figli dei loro padri; ma oggi, tutti i sacrifici parevano assumere un senso compiuto. Vedere i Nove Regni riuniti infliggere ai Gr’ravyen la sconfitta più pesante mai ricordata a memoria d’uomo lo fece sorridere e, per un momento, quasi dimenticò del Tormento e di come la Guerra Eterna avesse privato intere generazioni di una vita piena e felice.
Siamo davvero giunti a un epilogo? si chiese incredulo.
Ringraziò Mahiheidon, il Dio dei Mari e Padrone delle Acque, per averli condotti sino alla vittoria, speranzoso di riuscire in breve tempo a tornare a Isola Giovane, la sua terra natia, a riabbracciare sua moglie Clelia, la figlia Aura e il piccolo nascituro che ancora non aveva un nome.
Riportò lo sguardo sulle Valli Piangenti. Gli umanoidi al servizio dei Gr’ravyen andarono in rotta all’arrivo dei mille fanti leggeri Tealken, e gli Incursori Tokrean sciamarono verso le montagne, tagliando la ritirata al grosso dell’esercito nemico e impossessandosi delle retrovie.
Avevano quasi vinto la battaglia, ma non sarebbe stata l’ultima: l’assedio alla Fortezza Nera sarebbe stata l’impresa più ardua di tutta la guerra. E dalla roccaforte Gr’ravyen si udirono suoni di corni che echeggiarono dai monti sulle valli insanguinate.
La Fortezza Nera troneggiava tetra e indomita sulle pendici del monte più alto della Catena Proibita, simile a una ferita scura e infetta su un corpo immacolato, una macchia d’inchiostro frastagliata sul paesaggio innevato. Le guglie e i numerosi pinnacoli della rocca si stagliavano nel cielo dorato e, come lame venefiche e corrosive, bucavano le nubi sopra il Pastaruun; le pareti della fortezza erano colate d’oscurità e metallo che scendevano sulla roccia, fondendosi con essa. La sua architettura macabra era un oltraggio alla vista della natura che la circondava.
L’ombra della Fortezza Nera aleggiava come un’onta indelebile sulle sorti di Ekhelon, memento e supplizio del Tormento che ogni Tèlleroan portava dentro di sé, come se la vita fosse una condanna senza espiazione. Non vi sarebbe stata pace finché fosse rimasta in piedi. Non vi sarebbe stata libertà fino a quando l’ultimo Gr’ravyen non fosse stato scacciato.
Rumori di passi alle sue spalle lo destarono.
Vide Arcan dei Tokrean venirgli incontro. Insieme avevano da poco abbattuto tre Gr’ravyen, un Margravio e due Capitani poi, mentre il suo compare era sceso per inseguire alcuni Scaven, lui si era imbattuto nel cagnolino del Margravio, un basilisco, e aveva dovuto combatterlo con gli occhi chiusi per non rimanere pietrificato dal suo sguardo.
Dietro alle colline, nel versante sud occidentale, gli Assalitori Timuse e le cavallerie Takloen avevano combattuto contro l’avanguardia dell’esercito Gr’ravyen, mentre gli Esploratori Tekrat erano saliti per liberare i pendii dagli arcieri nemici nascosti negli anfratti. A lui e ad Arcan la battaglia finale sulle Valli Piangenti era stata preclusa, anche se il loro contributo a quel giorno di gloria era stato notevole: la morte dei condottieri Gr’ravyen che guidavano l’esercito aveva senz’altro abbattuto il morale del nemico.
Ma non vi era gloria personale, perché Etor sapeva che il merito della vittoria era dato dall’unione dei Nove Regni, e con quel gesto di fratellanza tutti avevano sancito il patto delle Regine Bambine; solo la coesione e la fede avevano permesso loro di raggiungere un simile risultato.
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