Dopo alcune incursioni in mondi fantastici famosissimi grazie a opere come Harry Porker e il segreto della besciamella e Il signore dei porcelli Zannablù, il dissacrante cinghiale creato da Stefano Bonfanti e Barbara Barbieri, giunge nel continente di Westeros – anzi, Biskeros – per una sfida all’ultimo piatto il cui obiettivo finale è la conquista del Trono di spiedi.
La gustosa (in tutti i sensi) parodia sottolinea una volta di più la forza del mondo creato da George R.R. Martin perché quando un’opera assume molteplici forme, spesso molto diverse da quella originaria, significa che ha lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo.
Il trono di spiedi è un volumetto piccolo, solo una settantina di pagine, e in uno spazio così ridotto è impensabile che segua rigorosamente la lunga e complessa trama delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Per questo alcuni personaggi fanno una comparsa in scena decisamente rapida, mentre numerosi altri sono del tutto assenti. Ned Aristark per esempio, incapace di preparare il montone arrosto nel breve tempo stabilito dal tirannico Re Giottrey sparisce già alla terza pagina e sua figlia Malarya, che ha qualche tratto in comune con Dora l’esploratrice dell’omonimo cartone animato, si vede anche meno. Il fumetto appare più vicino al Il trono di spade che ai romanzi su cui la serie televisiva è basata, come si vede dalla resa grafica di Lady Margherita Tryshell e di Jon Boh, ma nonostante l’enorme lavoro di sintesi effettuato dagli autori sono molti i personaggi la cui essenza è stata colta alla perfezione. La risposta di Lord Mc Dannister alle imbarazzanti domande di suo figlio minore è esemplare, così come lo è il carattere forte di Lady Cateryng Arystark. È nella sua trama, al posto del personaggio di Robb Stark, che si inserisce la figura di Zannablù.
La trama del fumetto segue solo saltuariamente quella della storia di Martin. Piuttosto propone episodi noti riassemblandoli secondo le proprie esigenze interne e reinterpretandoli spesso in modo sorprendente, come avviene per esempio con un provvidenziale uso dell’aspiratore. A queste scene se ne aggiungono altre totalmente inedite necessarie a donare alla trama una sua unità visto che, almeno all’inizio, Tenerys Tartaryen si trova sul continente di Fessos, posto da qualche parte più a est. Bonfanti e Barbieri perciò hanno dovuto trovare il modo di riunire le sue avventure a quelle degli altri personaggi e di fornire una conclusione adeguata alle premesse anche se Martin non ha ancora messo su carta la sua.
Alla storia sono alternate alcune ricette, che esemplificano al meglio gli stili gastronomici delle diverse nobili case. Quanto poi sia possibile preparare il piatto proposto esattamente nel modo indicato potrebbe essere argomento di lunghe discussioni.
Quelle di Zannablù non sono avventure destinate a entrare nella storia del fumetto. Il libro si legge con piacere, per chi ama l’opera di partenza fornisce spunti per ridere anche degli aspetti più cupi di un mondo non esattamente idilliaco nell’attesa di sapere come si concluderanno davvero la lotta per la conquista del trono e in confronto con gli Estranei. Come direbbe un famoso personaggio che vive nei Sette Regni, Hodor! Anzi, Brodor!
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