D’altra parte, sembra che nella rappresentazione di un mondo politeista l’umanizzazione degli dei sia inevitabile: le divinità proposte da Rick Riordan, nelle serie di Percy Jackson come in quella delle Kane Chronicles, sono contraddistinte da una vita più o meno infinita e da una varietà di caratteri nettamente umani, che in parte derivano dalle caratteristiche, stereotipate, dei miti cui si fa riferimento e in parte sono inserite dall’autore nella narrazione per rendere determinati personaggi, come Anubi, Horus e Iside, più interessanti di quanto potrebbero apparire nella mitologia egizia.
La relazione tra questi ultimi due dei e i fratelli Kane, in effetti, è tale per cui le divinità sembrano assorbire le qualità adolescenziali dei due protagonisti; il terzo, Anubi, è letteralmente reso adolescente, con i problemi sentimentali e familiari che ne derivano.
Chiaramente, considerato il target cui l’opera di Riordan è dedicata, manca una complessa speculazione sulla natura degli dei, la cui presenza nel mondo è semplicemente resa plausibile mediante l’introduzione della Foschia, una non meglio specificata forza magica che impedisce ai mortali di percepire la divinità che li circonda.
Che una riflessione più profonda sia presente, tuttavia, è evidente dall’ironica immagine dell’ospizio per antichi dei delle Kane Chronicles, in cui i vecchi dei dimenticati languono per l’assenza non solo di un culto, ma anche del semplice ricordo da parte degli uomini: il destino che gli dei greci cercano di evitare per se stessi nella prima serie di Percy Jackson. Questa pressante necessità di ricordo, presentata in tono scherzoso, ha un legame evidente con la concezione dell’Oltretomba dei greci, come ci racconta il desiderio di Achille di morire in guerra, pur di continuare a vivere nel ricordo dei posteri.
Nelle diverse opere di Riordan, gli dei greci sono introdotti più facilmente rispetto a quelli romani ed egizi, anche grazie ai racconti mitologici che li riguardano e che già facevano riflettere gli stessi greci sulla qualità divina dei loro dei.
Lo strumento che Riordan utilizza ampiamente è l’iperbole: attraverso l’esagerazione di caratteri già nel mito attribuiti a determinate divinità, questa strategia consente di calare il lettore in un’atmosfera in qualche modo familiare. Ares, dunque, è oltremodo violento, attaccabrighe e antipatico; Atena mantiene la sua caratteristica saggezza, pur perdendo la sua altrettanto caratteristica verginità, in quanto madre di almeno una eroina; Zeus si mantiene fedele alle sue scappatelle ed Era persegue il suo eterno compito di persecutrice di eroi.
In modo altrettanto stereotipato, con l’evidente scopo di mettere a proprio agio il lettore, i semidei (gli eroi) derivano i principali caratteri dei divini genitori (l’irascibilità per i figli di Ares, la saggezza per la figlia di Atena, etc.). Vista la confidenza media del lettore italiano con la mitologia greca, questa familiarità si avverte con molto più agio nella prima serie di Percy Jackson, rispetto a quanto accade nella seconda e nelle Kane Chronicles.
Più complesso, infatti, appare il passaggio al mito romano, come la stessa Era-Giunone cerca di spiegare: l’assimilazione tra le due diverse divinità, che diventano due aspetti della medesima dea, è un’interessante innovazione della seconda serie di avventure di Percy Jackson. L’assimilazione, cioè il processo per cui una cultura accetta le divinità di un’altra, ricercando le somiglianze tra figure divine, mostra con una certa cura la differenza tra la Era greca e la ben più complessa Giunone romana, di cui si mette in rilievo l’aspetto guerriero, completamente assente nella (seppur battagliera) corrispettiva greca.
Non mancano, in questo, alcune sviste che fanno sorridere lo studioso, e che non scalfiscono la leggerezza dell’opera: il passaggio tra Atena e Minerva e tra Dioniso e Bacco, infatti, non seguono coordinate storiche precise, e i caratteri delle divinità sono modificate in base alle esigenze del racconto. Tuttavia, la rappresentazione di alcune comparse magistrali, tra cui campeggia Eracle/Ercole, nell’ultimo volume edito in italiano (Il Marchio di Atena), permette di tralasciare inutili (e pedanti) osservazioni storiche.
In sostanza, le divinità di Riordan appaiono come uomini dotati di particolare forza, lunghissime vite, poteri spettacolari e, generalmente, terribili caratteri. In effetti, talvolta si tratta davvero di uomini, come accade al padre dei fratelli Kane nei panni di Osiride: la differenza tra uomini e dei si configura quindi come una questione qualitativa. Kane padre assume lo spirito di Osiride e, per quanto questo comporti una modifica fisica del suo corpo, non sembra che il suo spirito sia altrettanto cambiato: egli continua a essere se stesso, pur avendo acquisito un nuovo ruolo. Osiride, come sovrano degli Inferi, continua a provare amore per la moglie e apprensione per i figli, pur con una consapevolezza maggiore.
3 commenti
Aggiungi un commentoDiresti che in Eddings o in Percy Jackson la presenza degli dei costituisca un elemento religioso?
Io li prendo più come dei personaggi (spesso antagonisti) la cui divinità è un pretesto per gli enormi poteri con cui i protagonisti si dovranno confrontare.
O secondo te c'è dell'altro?
Bella domanda: divido tra i due autori. In Eddings, gli dei sono chiaramente personaggi (Belar è chiaramente una macchietta!); l'elemento che potremmo definire religioso è dato in realtà dall'opposizione tra le due Profezie. Se parliamo di religione nel senso di culto, l'unica forma descritta è quella in onore di Torak: dunque, il culto non sembra avere un ruolo particolarmente positivo! C'è poi, a latere, la figura molto particolare di Incarico/Errand/Eriond, che ha una connotazione etica ben definita.
Anche in Riordan gli dei sono personaggi, più che figure religiose, ma qualcosa di più profondo, sotto sotto (a volte molto sotto) si avverte: comunque, è interessante l'idea che il dio senza culto e senza fedeli finisca per svanire, no? In Riordan la parte relativa al culto è altrimenti del tutto assente (curioso!), ma ciò in cui si crede, alla fine, è la forza dell'Ordine o del Caos.
Non sono i due autori più profondi che si possano trovare, ma proprio per questo secondo me è interessante trovare degli spunti di questo tipo.
Anche in American Gods (che personalmente NON considero fantascienza) si affronta la fine delle divinità senza più nessun fedele che li ricordi e li adori
e la nascita di nuovi dei...
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