Più vita, più forza, più potere. Un punto di vista che deriva da quanto la tradizione generalmente riporta del politeismo greco-romano, in chiave giocosa e ironica: il lettore abituato alla tradizione classica, infatti, può trovare una miriade di riferimenti a miti noti, attraverso una godibile sovrapposizione di mito antico e rivisitazione moderna. Dunque, lungi dall’essere prodotto da ignoranza, la presentazione del mito greco, romano ed egizio da parte di Riordan sembra un gioco, condotto su due piani: da un lato, la presentazione del mondo classico in forma accettabile (e godibile) per un pubblico immaturo; dall’altra, un continuo reticolo di riferimenti a un secondo piano letterario per i lettori più maturi e consapevoli.
Riordan, infatti, sembra comprendere bene alcune caratteristiche del pensiero, e non solo del mito, della Grecia antica e dell’antico Egitto: in entrambe serie di Percy Jacson e nelle Kane Chronicles, il vero scontro si combatte tra civiltà e inciviltà o, in definitiva, tra Ordine e Chaos. Questo elemento è fondamentale nella struttura che si osserva nei sistemi politeistici, in cui “il pantheon è generalmente il prodotto di un itinerario del mondo da una situazione di disordine e caos, in cui tutto è indifferenziato, verso una condizione di ordine cosmico, realizzato dagli dei progressivamente venuti al mondo […]”. (2)
Le varie avventure che i semidei affrontano mascherano la profondità della lotta che avviene nel mondo divino, tra ciò che permette la vita dell’uomo, cioè l’ordine imposto da Zeus contro Crono e contro Gea, e, parallelamente, da Ra nella sua giornaliera lotta contro il serpente Apophis, rappresentante del Chaos. Una battaglia cosmica di proporzioni epiche, che viene però descritta attraverso il decrepito Ra, ridotto a una buffa macchietta, e la dea gatta, Muffin-Bastet, che dopo una secolare lotta contro l’immortale serpente si tramuta in felina domestica.
Intento giocoso e ironico, dunque, ma certamente non superficiale, e che mostra come anche nei sistemi politeistici è spesso possibile trovare un’opposizione tra due poli principali di attrazione: Bene e Male, nel caso di Eddings, Ordine e Caos, per Riordan. Pur essendo presenti diverse divinità, esse finiscono per l’appartenere a due famiglie (alcune molto esclusive, come quella rappresentata da Torak e dal Sardion).
Gli autori, dunque, sembrano proiettare nella struttura politeistica che hanno costruito una visione del mondo che determina il senso della loro intera opera: l’opposizione tra i due poli è il motivo per cui la storia avviene. Lo scopo dell’intera vita di Belgarion, per il quale, dice Eddings, la terra è stata creata, è eliminare Torak, in modo che il dio sbagliato possa essere sostituito da quello giusto. Percy Jackson ha come nemico costante il Caos. L’intera vicenda dei fratelli Kane, dal suo esordio, durante la loro infanzia, è incentrata sulla lotta contro Apophis.
Il politeismo di questi autori, dunque, scivola, a un’analisi un po’ più approfondita, in una prospettiva dualista, in cui esistono due forze contrapposte, che hanno alle loro dipendenze o come loro rappresentanti, esseri di rango divino: ci dice, dunque, che anche se per la finzione letteraria sono presenti molti dei, ciò che importa all’autore è comunicare la lotta tra il Bene e il Male, che si trasforma, in Riordan, in una molto greca battaglia tra Cosmo (cioè ordine) e Caos.
È evidente che non è possibile esaminare tutte le religioni politeistiche presenti nei libri fantasy e certamente alcune, come il sistema estremamente complesso presentato da Steven Erikson nel Ciclo di Malazan, sfuggono allo schema che caratterizza Eddings o Riordan. I due autori presentati (in una parte delle loro opere, peraltro) sono solo un esempio del modo in cui la religione può rivelare qualcosa del mondo in cui i personaggi vivono e di ciò che è importante per chi ne scrive la storia. Si tratta di un tassello in più, di una maggiore informazione, insomma, nel complesso quadro della produzione dell’opera: la dimostrazione che, nella costruzione di un mondo fantastico, l’autore tiene conto di componenti diverse, su cui può anche mutare il tiro in corso di composizione, come dimostra la profonda differenza tra l’ordine del mondo nel Belgariad e nel Mallorean di Eddings; o, ancora, la presenza di una riflessione più approfondita di quel che appare a prima vista in un’opera, quella di Riordan, che non scimmiotta soltanto le varie mitologie, ma ne coglie aspetti importanti.
3 commenti
Aggiungi un commentoDiresti che in Eddings o in Percy Jackson la presenza degli dei costituisca un elemento religioso?
Io li prendo più come dei personaggi (spesso antagonisti) la cui divinità è un pretesto per gli enormi poteri con cui i protagonisti si dovranno confrontare.
O secondo te c'è dell'altro?
Bella domanda: divido tra i due autori. In Eddings, gli dei sono chiaramente personaggi (Belar è chiaramente una macchietta!); l'elemento che potremmo definire religioso è dato in realtà dall'opposizione tra le due Profezie. Se parliamo di religione nel senso di culto, l'unica forma descritta è quella in onore di Torak: dunque, il culto non sembra avere un ruolo particolarmente positivo! C'è poi, a latere, la figura molto particolare di Incarico/Errand/Eriond, che ha una connotazione etica ben definita.
Anche in Riordan gli dei sono personaggi, più che figure religiose, ma qualcosa di più profondo, sotto sotto (a volte molto sotto) si avverte: comunque, è interessante l'idea che il dio senza culto e senza fedeli finisca per svanire, no? In Riordan la parte relativa al culto è altrimenti del tutto assente (curioso!), ma ciò in cui si crede, alla fine, è la forza dell'Ordine o del Caos.
Non sono i due autori più profondi che si possano trovare, ma proprio per questo secondo me è interessante trovare degli spunti di questo tipo.
Anche in American Gods (che personalmente NON considero fantascienza) si affronta la fine delle divinità senza più nessun fedele che li ricordi e li adori
e la nascita di nuovi dei...
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