Da Partita di anime (primo racconto)
La strada era vellutata di notte. L’uomo aspettava dentro il bar di sempre. Non c’era nessuno; perfino il gestore si era ritirato nel retrobottega, e non l’aveva visto né sentito entrare. Alle cinque del mattino, Amsterdam era ancora avvolta nel sonno. Lui però no; era molto vigile, benché non avesse dormito. Non aveva bisogno di riposo. Non più. Ormai aveva varcato il confine, dopo una strada simile a un percorso a ostacoli, lungo il quale aveva conosciuto svariate trasformazioni. Adesso però si sentiva bene.
Si limitava a guardare fuori. Da lì poteva vedere la Stazione Centrale. Cominciavano a passare i primi tram, vuoti come fantasmi disorientati. Una brezza fredda carezzava le facciate degli edifici e smuoveva le cime dei pochi alberi lungo il Damrak. Tentava di insinuarsi anche dentro il bar, nonostante vi si opponesse un tenace tepore.
I fatti del giorno prima gli sembravano remoti. Ma in fondo, poteva essere sicuro che si trattasse del giorno prima? O era un altro tempo, magari un’altra dimensione?
Si sentiva confuso, come se si fosse spostato su un altro piano di realtà. Amsterdam era sempre la stessa, senza dubbio, ma la vedeva con occhi diversi. Forse era lui che era cambiato. Aveva l’impressione di guardare la realtà attraverso una lente, che gli permetteva di vedere fin dentro la radice delle cose. Era solo una sensazione, ma incredibilmente nitida.
Il cielo cominciava a schiarirsi ai margini dell’orizzonte, e l’uomo sentiva che si stava aprendo un nuovo capitolo. Lo doveva a lei, dopo tutto, nonostante l’amarezza della loro separazione. Quel cielo così terso alimentava in lui uno stato d’animo che, con parole del mondo di prima, avrebbe chiamato “nostalgia”. Ma sapeva di essere ormai distaccato dalle cose reali, di appartenere a una sorta di limbo terreno, dal quale poteva contemplare immagini tanto vicine quanto lontane con la stessa tranquillità di chi osserva un acquario. In una di quelle dimensioni indefinite era stato insieme a lei. Placidamente si dispose a ricordare il giorno in cui, in un paese del Sud della Francia, il loro rapporto aveva toccato il vertice più radioso per precipitare subito dopo in un abisso di sconforto. Era il crepuscolo. I lampioni cominciavano a illuminare un lungomare profumato di salsedine. La donna l’aveva abbracciato con dolcezza e gli aveva parlato con gli occhi. In quel momento lui aveva capito che lei sapeva dei suoi ripetuti tradimenti, del suo affetto ambiguo con- dito di sorrisi sfuggenti. Allora si era vergognato e aveva sentito tutto il peso di quella relazione. Quasi senza avvedersene si era allontanato, aveva guardato le proprie braccia staccarsi dal corpo di lei e le mille invisibili corde del sentimento sfilacciarsi una a una. Non si erano più rivisti.
Fino a ieri, o a quel tempo indeterminato che gli somigliava.
Uscì dal bar. Una volta all’aperto, il vento gli restituì una pallida reminiscenza di vita. La luce stentava a diffondersi nel cielo, come se una morte sottile aleggiasse sopra i tetti. Lui però sapeva che non era così. Nella sua dimensione, percepiva i fenomeni nei loro singoli istanti, vivendo momento per momento e avvertendo lo scorrere delle cose con maggior lentezza degli altri. Non sapeva dove andare. Ormai non avrebbe dovuto più lavorare, per cui poteva – e forse doveva – limitarsi a seguire il suo istinto. Incerto, eppure guidato da una vaga consapevolezza, decise di passare dal quartiere a luci rosse. Provava una singolare attrazione per quelle anime smarrite in un’attesa solitaria, quasi fossero angeli caduti per errore sulla terra. Camminò in direzione del Palazzo della Borsa, mentre le insegne del Damrak si accendevano alla spicciolata. Osservò brevemente quella scena, quindi si avviò verso il primo vicolo popolato di lucciole.
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