L'esordio letterario di Richard Ford, autore britannico nato a Leeds e ora residente nel Wiltshire, è avvenuto nel 2008 con un romanzo ambientato nel mondo di Magnamund creato da Joe Dever per la serie di librogame Lupo Solitario. Tradotto e pubblicato dal gruppo editoriale Armenia con il titolo I Dragoni di Lencia nel 2009, il libro costituisce l'inizio di una serie di cui non sono ancora stati realizzati i successivi capitoli, la Trilogia di Lencia. È poi del 2011 Kultus, edito dalla casa editrice Solaris, un romanzo urban fantasy con forti toni steampunk e dark, finora inedito nel nostro Paese.
L'Araldo della Tempesta, che Fanucci propone da questo mese, è invece il romanzo che dà inizio alla serie di Steelhaven. Uscito in lingua originale nel 2013 con il titolo Herald of the Storm, presenta una storia che ha diversi punti di vista, per ciascuno dei principali personaggi. Una tecnica narrativa che rimanda ai romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, e non a caso. Il tono della storia narrata da Ford è infatti quella di un crudo realismo e di un'ambiguità morale dei protagonisti che richiama le tante sfumature di grigio presenti sia nell'opera di Martin che in quella di Joe Abercrombie, entrambi autori che Ford ha dichiarato di apprezzare molto. Oltre al compianto maestro dell'heroic fantasy, anche lui britannico, David Gemmell.
Al primo volume della serie di Steelhaven ha fatto seguito proprio in questi giorni il successivo The Shattered Crown, sempre per i tipi di Headline Books. Per quanto riguarda L'Araldo della Tempesta, la Fanucci ha deciso di lanciare sul mercato italiano a partire dal 13 marzo 2014 la versione elettronica del libro, in vendita per sole due settimane al prezzo ridotto di 2,99 euro (successivamente il prezzo sarà di 11,99 euro) e, dal 27 marzo, la versione cartacea al prezzo di 18 euro.
La quarta di copertina
Massoum Abbasi, un araldo orientale, giunge a Steelhaven portando con sé una borsa che contiene degli oggetti misteriosi. Viene fermato dalle guardie cittadine per un controllo, ma uno spietato assassino, inviato dal suo stesso mandante, si occupa di loro.
Questo è il suo benvenuto a Steelhaven, la più grande città del regno, il suo porto, la sua capitale, per anni simbolo della sua potenza ma ora corrotta e degradata, alla mercé di infiltrati e signori della guerra. Nel suo cuore pulsante si intrecciano le storie di principesse innamorate di un assassino, gilde criminali che avvolgono le strade in spire di violenza, apprendisti maghi e i loro insegnanti, imbroglioni che non riescono ad esserlo fino in fondo e fanciulle che sanno essere ladre, spie e salvatrici. Ma su tutte le loro avventure si stende l’ombra della magia nera che sta per risorgere dalle tenebre e che molto ha a che fare con il prezioso contenuto della borsa di Massoum...
L'autore
Richard Ford è originario di Leeds, nel cuore dello Yorkshire, ma ora risiede nella campagna del Wiltshire. Autore di fantasy e steampunk, con L'Araldo della Tempesta ha dato inizio alla saga di Steelhaven, un successo che ha aperto la strada al secondo volume The Shattered Crown.
Richard Ford, L'Araldo della Tempesta,
Fanucci Editore - Collezione Fantasy - pag. 496 - cartaceo € 18, ebook € 2,99 (solo per due settimane a partire dal 13 marzo e successivamente € 11,99)
ISBN: 9788834724552
12 commenti
Aggiungi un commento"Grimdark" dovrebbe essere essere una dark fantasy ancora più cupa e lugubre (grim appunto). Penso più a una cosa +sangue, +violenza, +sesso che Martin in confronto sembra Hello Kitty.
E' che tutte queste etichette che saltano fuori ogni due per tre mi fanno un po' ridere.
C'è un articolo molto interessante di Joe Abercrombie (cioè di un esponente del sottogenere grimdark o gritty fantasy, che dir si voglia) in cui lui sostiene che non dovrebbero essere a suo avviso la violenza eccessiva e il sesso esplicito le caratteristiche di quello che, alla fine, è un modo di intendere e di scrivere il fantasy.
Si tratta di un contributo molto interessante, secondo me. E rimanda ad altri scritti, sempre reperibili in rete, sulla questione. Per chi volesse leggere l'articolo di Abercrombie, riporto di seguito il link relativo:
http://www.joeabercrombie.com/2013/02/25/the-value-of-grit/
Grazie per il link.
Ho letto il post e a maggior ragione sono più perplessa su questo sottogenere che mi sembra un epic fantasy con più "Honesty" e "Shock value". Più o meno ho avuto la conferma qui:
"A lot of gritty writing is about counterbalancing the heaps of clean, shiny, good guys win type stuff which dominated commercial fantasy throughout the 80s and 90s and is still, as far as I’m aware, being written very successfully and in large quantities."
Insomma prima era Tolkien la bestia nera degli autori fantasy, vedere anche il punto 5. della lista, ora è il fantasy commerciale degli anni '80 e '90. Anche se Ambercrombie dice di non volere scrivere un manifesto di fatto lo è e al grido di "noi scriviamo un genere di fantasy nuovo e diverso e con queste caratteristiche". Ci sta a volersi staccare dal passato e cercare di innovarsi ma ho spesso la sensazione che questi nuovi autori prima di allontanarsi sentano il bisogno di tirare anche qualche bel calcione a chi li ha preceduti.
Comunque alla fine mi sembra sempre un epic o heroic fantasy con un più parolacce e morti inaspettate (ho riassunto). La mia ovviamente non è una critica al genere o all'autore/i ma alla continua produzione di sottosottogeneri "grim o grit" di sottogeneri "dark" di generi "epic o heroic".
Figurati, è un piacere.
Non sono d'accordo. Un po' come la nouvelle vague nel cinema degli anni '50 e '60, io credo, questi autori propongono un approccio differente ma senza voler cancellare ciò che è stato. E, sia chiaro, te lo sta dicendo uno che ama Tolkien e Jordan (autori in cui il confine tra bene e male è nettamente definito) ma che ugualmente adora Martin, Erikson e Abercrombie (nelle opere dei quali, quel confine è decisamente sfumato se non assente).
Ritengo anch'io eccessiva la tendenza di applicare continuamente etichette a tutto ciò che si definisce anche solo per pochi elementi come 'innovativo'. E non solo per il fantasy o la letteratura in generale. Pensa anche alla musica. Ogni autore fa delle scelte: ambientazione, personaggi, taglio narrativo, registro stilistico. Anche se nella storia della letteratura fantasy ci sono tanti esempi di imitazioni (più o meno riuscite) di modelli, come Tolkien, è anche vero che ci sono state opere innovative anche in periodi in cui quei modelli erano forti. E lo sono tuttora, se ci pensi. Ma credo che soprattutto dagli anni '90 in poi, la varietà di approcci al genere sia più ampia e varia. Per tornare agli autori che ho citato, e che nel mio piccolo conosco, ci sono differenze enormi tra un Jordan e un Erikson! Eppure sono sempre fantasy! E le etichette a che servono? A riferirsi a gruppi di autori che condividono un approccio, pur essendo diversi tra loro per altri elementi. E, non secondariamente, il riferimento a un sottogenere o a un altro autore considerato di quella 'nicchia' aiuta a vendere una nuova proposta editoriale.
Per me in sto caso centra solo questo aspetto commerciale.
Insomma la Fanucci vuole vendere questo libro a chi si è letto martin e abercombrie (che ha sua volta la gargoyle ha cercato di vendere a chi ha letto martin, e li manco usando un etichetta per dire che era dello stesso genere, ma con una bella tagline che diceva piu o meno "il nuovo martin!".
Comunque qualcuno ha letto il libro in questione in inlgese? no perchè sembrerebbe interessante (anche a leggerne le recensioni in rete).
Purtroppo ovviamente è il primo libro di una saga (spero ameno sia solo una trilogia), che è tuttora in corso , il che mi scoraggia molto visto che non voglio stare in ballo anni per aspettare eventuali seguiti
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