Julian saettò verso il Portale, trascinando Emma per mano; lanciato un ultimo sguardo dietro di sé, lei non oppose resistenza. Si abbassò quando una freccia sibilò vicinissimo a loro e mandò in frantumi una finestra alla sua destra. Julian la agguantò, frenetico, e le strinse entrambe le braccia intorno al corpo; lei sentì le dita dell’amico intrecciarlesi dietro la schiena, mentre insieme cadevano dentro il Portale, risucchiati dalla tempesta.
parte prima
SPRIGIONARE UN FUOCO
«...perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco per divorarti. Ti ho ridotto in cenere sulla terra sotto gli occhi di quanti ti guardano. Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto sono rimasti attoniti per te, sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre».
(Ezechiele 28: 18-19)
capitolo 1
IL CONTENUTO DEL LORO CALICE
Immagina qualcosa di rilassante. la spiaggia di Los Angeles: sabbia bianca, onde azzurre che la lambiscono, tu che passeggi sulla battigia…
Jace socchiuse una palpebra. — suona molto romantico.
il ragazzo seduto di fronte a lui fece un sospiro e si passò le dita fra i capelli scuri e arruffati. Anche se era una fredda giornata di dicembre, i lupi mannari non erano sensibili al clima quanto gli umani, e Jordan se ne stava senza giacca e con le maniche della camicia arrotolate. erano seduti l’uno di fronte all’altro su una macchia erbosa brunastra in una radura a Central Park, entrambi con le gambe incrociate e le mani sulle ginocchia, i palmi rivolti all’insù.
Accanto a loro, dal terreno affiorava una roccia suddivisa in formazioni più o meno grandi, e sopra una di quelle maggiori erano appollaiati Alec e Isabelle Lightwood.
Quando Jace alzò lo sguardo, Isabelle ricambiò l’occhiata e gli fece un cenno d’incoraggiamento. Notando il gesto, Alec le diede uno schiaffetto sulla spalla. Jace lo vide fare la ramanzina a Izzy, probabilmente dicendole di non interrompere la sua concentrazione. sorrise fra sé: nessuno di quei due aveva davvero motivo di starsene lì, ma erano venuti comunque per offrire “sostegno morale”. Nonostante tutto, Jace sospettava che in realtà Alec non sopportasse l’idea di non avere niente da fare in quei giorni, che Isabelle detestasse il fatto di vedere suo fratello da solo e che entrambi stessero evitando genitori e istituto.
Jordan gli fece schioccare le dita sotto il naso. — Ma almeno mi stai ascoltando?
Jace corrugò la fronte. — lo stavo facendo, finché non siamo sconfinati nel territorio degli annunci di incontri per trovare l’anima gemella.
— e va bene, allora dimmi: cos’è che ti fa sentire calmo e rilassato?
Jace staccò le mani dalle ginocchia — la posizione del loto gli stava facendo venire i crampi ai polsi — e si appoggiò all’indietro sui gomiti. un vento gelido scosse i resti delle fronde morte ancora appese ai rami degli alberi.
sullo sfondo del pallido cielo invernale, le foglie avevano un’eleganza sobria, come schizzi fatti a china. — uccidere i demoni. — una bella esecuzione netta e decisa,
perché i massacri splatter sono una rottura. dopo c’è un sacco da pulire…
— No! — Jordan alzò le mani, esasperato. da sotto le maniche della camicia spuntavano i tatuaggi che saliva-
no a spirale lungo le braccia. Shaantih shaantih shaantih.
Jace sapeva che quella parola significa “la pace che supera ogni comprensione” e che andava ripetuta tre volte a ogni occasione in cui pronunciavi il mantra, per calmare la mente. in quei giorni, tuttavia, sembrava che niente potesse calmare la sua. il fuoco nelle vene gli faceva viaggiare anche la testa a mille, con i pensieri che si succedevano troppo in fretta uno via l’altro come un’esplosione di fuochi d’artificio. sogni vividi e saturi di colori come dipinti a olio. Aveva cercato di sfogarsi con gli allenamenti, ore e ore trascorse in palestra fra sangue, lividi, sudore e, una volta, persino dita fratturate. Alla fine era riuscito solo a irritare Alec con le continue richieste di rune di Guarigione e, in una memorabile occasione, era arrivato ad appiccare accidentalmente il fuoco a una delle travi.
era stato Simon a dirgli che il suo coinquilino faceva meditazione tutti i giorni, spiegando che imparare quella disciplina gli era servito per placare gli incontrollabili accessi di rabbia che spesso accompagnavano la trasformazione in lupo mannaro. da quello al suggerimento di Cla
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