Non era viva, ma lei la fece muovere, abbassando la sua spada di perline. Dubitava che potesse combattere. Perline tonde non potevano formare una spada affilata. Tuttavia la minaccia fece esitare l'essere scuro.
Stringendo i denti, Jasnah si tirò in piedi, con le perline che le cadevano dai vestiti. Non si sarebbe inginocchiata di fronte a questa creatura, di qualunque cosa si trattasse. Si accostò alla statua di perline, notando per la prima volta le strane nubi sopra di lei. Sembravano formare una strada simile a un nastro stretto, dritta e lunga, che puntava verso l'orizzonte.
Incontrò lo sguardo della creatura oleosa. Quella la fissò per un momento, poi si portò due dita alla fronte e si indlinò, come in segno di rispetto, e un mantello si allargò dietro di essa. Più in là si erano radunate altre figure, che si voltarono le une verso le altre a scambiarsi bisbigli sommessi.
Il luogo delle perline scomparve e Jasnah si ritrovò nel corridoio del palazzo. Quello vero, di pietra vera, anche se era diventato buio: la Folgoluce nelle lampade alle pareti si era spenta. L'unica illuminazione proveniva dai recessi lontani del corridoio.
Premette la schiena contro la parete, respirando a fondo. Devo mettere per iscritto questa esperienza, pensò.
L'avrebbe fatto, poi avrebbe riflettuto e analizzato. Più tardi. Ora voleva scappare da quel posto. Si allontanò di corsa, senza curarsi della direzione, cercando di sfuggire a quegli occhi che percepiva ancora osservarla.
Non funzionò.
Alla fine si ricompose e si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto. Shadesmar, pensò. Ecco come è chiamato nelle favole.
Shadesmar, il regno mitologico degli spren. Una mitologia a cui lei non aveva mai creduto. Di sicuro sarebbe riuscita a trovare qualcosa se avesse cercato a fondo nelle storie. Quasi tutto quello che accadeva era già successo prima. La lezione suprema della storia, e...
Tempeste! Il suo appuntamento.
Maledicendosi, si affrettò per recarvisi. Quell'esperienza continuava a distrarla, ma era necessario che si presentasse all'incontro. Perciò continuò giù per due piani, allontanandosi sempre più dai suoni ritmici dei tamburi parshendi finché non udì altro che gli schiocchi più netti dei loro ritmi.
La complessità di quella musica l'aveva sempre stupita: lasciava intendere che i Parshendi non fossero quei selvaggi ignoranti che molti credevano. A quella distanza, la musica assomigliava tanto alle perline sbatacchianti di quel luogo oscuro da essere inquietante.
Jasnah aveva scelto di proposito quella zona meno frequentata del palazzo per il suo incontro con Liss. Nessuno veniva mai a visitare quell'ala di camere per gli ospiti. Fuori dalla porta concordata ciondolava un uomo che Jasnah non conosceva. Ne fu sollevata. Quell'uomo doveva essere il nuovo servitore di Liss e la sua presenza indicava che lei non se n'era andata, malgrado il ritardo di Jasnah. Ricomponendosi, annuì alla guardia — un bruto veden, con la barba punteggiata di rosso — ed entrò nella stanza.
Liss si alzò dal tavolo all'interno della cameretta. Indossava un abito da cameriera — scollato, naturalmente — e poteva passare per Alethi. O Veden. O Bav. Dipendeva da quale parte del suo accento scegliesse di enfatizzare. Lunghi capelli scuri portati sciolti e una figura attraente e rotondetta la rendevano decisamente peculiare in tutti i sensi.
«Siete in ritardo, Luminosità» disse Liss.
Jasnah non replicò. Non era lei a essere ingaggiata qui, perciò non era necessario che presentasse delle scuse. Invece posò qualcosa sul tavolo accanto a Liss. Una piccola busta, sigillata con cera di coleottero.
Jasnah vi mise due dita sopra, riflettendo.
No. Era troppo avventato. Non sapeva se suo padre fosse al corrente di quello che stava facendo, ma perfino se così non fosse stato, stavano accadendo troppe cose nel palazzo. Jasnah non voleva commettere un assassinio prima di essere più che certa.
Per fortuna aveva preparato un piano di riserva. Fece scivolare una seconda busta dalla tascasalva dentro la manica e la mise sul tavolo al posto della prima. Tolse le dita, girando attorno al tavolo e mettendosi a sedere.
Liss tornò a sedere e fece scomparire la lettera nel busto del suo abito. «Una notte strana, Luminosità,» disse la donna «per dedicarsi a un tradimento.»
«Ti sto ingaggiando solo per sorvegliare.»
«Le mie scuse, Luminosità. Ma di solito non si assolda un assassino per sorvegliare e basta.»
«Hai le istruzioni nella busta» disse Jasnah. «Assieme al pagamento iniziale. Ho scelto te perché sei esperta negli appostamenti prolungati. È quello che voglio. Per ora.»
Liss sorrise ma annuì. «Spiare la moglie dell'erede al trono? Sarà più costoso così. Siete sicura di non volerla semplicemente morta?»
Jasnah tamburellò con le dita sul tavolo, poi si rese conto che lo stava facendo al ritmo dei tamburi di sopra. La musica era così inaspettatamente complessa... proprio come i Parshendi stessi.
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