Quello del fandom è un argomento molto recente e spesso misconosciuto dai più. Per questo motivo, domenica 2 Novembre 2014 a Lucca, in occasione del Lucca Comics and Games, Chiara Codecà, esperta di comunicazione e strategie d’immagine, ha tenuto un seminario intitolato Anticipazioni di un futuro prossimo: perché è un errore ignorare il fandom?, proprio per chiarire il significato e l’importanza di questo che è ormai diventato un topic, soprattutto in ambito di romanzi o serie televisive.
Intanto, cos’è un fan?
Il fan è una persona appassionata di un argomento specifico, di vario genere.
“Sono sempre stato un fan dei film di James Bond. O meglio, sono sempre stati fan dei film di James Bond come avrebbero potuto e dovuto essere”
Questa è una citazione del regista Peter Jackson, citazione che mostra come spesso gli autori creativi siano loro stessi dei fan del loro campo.
Insomma, il fan opera una reinterpretazione personale del lavoro di un altro. Nello specifico, per fandom si parla di cultura partecipativa, una rielaborazione amatoriale gratuita e condivisa di materiale non originale per creare contenuti trasformativi e non solo derivativi. Comprende fan-fiction, fan-art, sottotitolaggio, podfic (cioè audiolibro amatoriale), raduni e formazione di club (per esempio lo Star Trek Italian Club)... L’importante è che sia tutto gratuito per non infrangere il diritto d’autore.
L’interesse in Italia al momento: parecchio. Prima, senza internet, trovare fan di un settore non era facile, adesso con i nuovi social c’è uno scambio di informazioni e commenti continuo.
In realtà il fandom è però una “storia vecchia”. Pensiamo ai romanzi di Sherlock Holmes: già all’epoca di Conan Doyle i lettori cominciarono a scrivere fan-fiction sul famoso investigatore e a scambiarsela tra di loro. Oppure pensiamo alla circolazione di fan-fiction su Tolkien nelle università americane durante le lotte studentesche.
Oggi i fan possono fare la differenza. Non c’è più quella chiusura tra produttori e consumatori del passato e al giorno d’oggi i fan possono rimettere in giro contenuti e persino influenzare gli autori. Per esempio Star Wars Galaxies è stato realizzato insieme ai fan e i produttori sono stati molto aperti ai cambiamenti da loro richiesti. Oppure il film Il Signore degli Anelli: Born of Hope, fan made film realizzato sulla storia del padre di Aragorn, che è possibile trovare gratuitamente su youtube. Insomma, i fan sono una risorsa di marketing in primo luogo per i produttori, che lasciandoli fare spesso guadagnano pubblico potenziale.
I principali esempi di serie in cui il fandom ha giocato un ruolo determinante sono Doctor Who e Sherlock, un vero e proprio “caso” dove assistiamo alla legittimazione di fan-art e all’interazione continua tra autori e fan.
Non dimentichiamo che il fandom può avere, oltre a un valore culturale-creativo, anche una funzione sociale, grazie all’organizzazione di iniziative di beneficienza e di raccolte fondi per Unicef o altre associazioni di carattere umanitario.
In conclusione, quindi, grazie anche ai progressi attuali nelle comunicazioni e nella rete, il fandom non può più essere ignorato e neppure sottovalutato. È una realtà che gli autori e i produttori dovranno tenere sempre più presente e che merita forse ulteriori approfondimenti in futuro.
Del resto, chi non è fan di qualcosa?
Irene Grazzini
Domenica 1 novembre, davanti a un pubblico costituito in gran parte da giovani donne con la divisa di Hogwarts, che non cesseranno di interromperla più o meno a proposito durante l’intero incontro, la giornalista e consulente editoriale Chiara Codecà affronta un tema particolarmente appropriato al festival di Lucca: quello del rapporto tra “produttori” e “consumatori” di storie, tra autori e fandom.
Il fenomeno del fan work, dell’appropriazione e rielaborazione personale di prodotti creativi altrui, gratuitamente condivisa, affonda le radici perlomeno nell’Ottocento, quando i lettori di Sherlock Holmes, disperati per la morte dell’investigatore, presero a scrivere e scambiarsi racconti apocrifi con il personaggio redivivo, prima che fosse lo stesso Doyle a resuscitarlo.
Tuttavia è soltanto negli ultimissimi anni che il fandom ha acquistato dignità, anche grazie al “coming-out” di alcune celebrità (Joss Whedon, Peter Jackson, Peter Capaldi, solo per citarne alcuni). E soprattutto solo in epoca recente il rapporto tra autori e fruitori di opere narrative – libri, fumetti, film, serie TV e videogiochi, con annesso merchandise – ha smesso di essere sempre a senso unico lasciando sempre più spazio a casi di bidirezionalità. Così, se nella produzione di La minaccia fantasma George Lucas non tenne in alcun conto l’opinione dell’enorme base di appassionati di Guerre Stellari, che all’unanimità gli avrebbe imposto di cancellare il personaggio di Jar Jar Binks, pochi anni dopo la LucasArts ha sviluppato il videogioco Star Wars Galaxies in stretto contatto con la comunità dei giocatori, a cui ha chiesto feedback costanti.
Questa acquisita importanza è chiaramente legata anche allo sviluppo tecnologico, che da un lato ha consentito il formarsi di una fitta e diffusa rete che unisce gli appassionati in ogni angolo del pianeta favorendo la crescita di vere e proprie comunità, all’interno delle quali le creazioni dei fan conoscono una diffusione in precedenza impensabile. Dall’altro, specialmente in ambito visivo, permette anche a livello amatoriale la creazione di prodotti di elevata qualità senza necessità di budget considerevoli: non è raro infatti imbattersi in fan movie o web series che hanno poco da invidiare al professionismo – e quest’edizione di Lucca Games è stata un’occasione per conoscerne più d’una.
L’enorme espansione del fenomeno d’altra parte pone più di un problema, a partire da quello giuridico, da declinare oltretutto in modo diverso in ciascun Paese, relativo ai limiti imposti dalla tutela del diritto d’autore, difeso gelosamente da alcune major (prima fra tutte la Disney) ma che appare sempre più obsoleto, nella sua disciplina attuale, rispetto al cambiamento imposto dalla tecnologia. Associazioni come la Organization for Transformative Works, oltre a fornire una preziosa piattaforma per l’archiviazione online dell’immensa produzione del fandom, forniscono anche assistenza legale ai creatori di fan work in caso di denuncia per violazione del diritto d’autore. La diffusione della pratica del crowdfunding, d’altra parte, aiuta a risolvere la principale limitazione legale degli autori amatoriali che intendano trasformare un prodotto creativo altrui, ossia il divieto di ricavarne qualsivoglia profitto. In questo modo, senza violare il principio della gratuità della condivisione, un progetto ben strutturato può ottenere i finanziamenti necessari per realizzare un prodotto di alto livello.
Il rapporto tra le opere “primarie” e le loro trasformazioni amatoriali, dunque, sembra destinato ad essere sempre più dialettico, con le prime che subiscono contaminazioni in molti casi feconde dalle rielaborazioni dei fan: è il caso dell’ultima stagione di Doctor Who, i cui titoli di testa sono dichiaratamente ispirati al lavoro di video-editing realizzato da un appassionato. Si è spinta oltre, per certi versi, la terza stagione di Sherlock, tanto da essere da molti ritenuta più orientata al fan service che allo sviluppo della storia, a scapito della sospensione dell’incredulità.
Insomma, è senz’altro un bene che gli autori scendano dal piedistallo e si pongano al livello degli appassionati, ma occorre comunque un equilibrio tra i due lati dello schermo, o della pagina stampata.
Alessandro Villari
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