Esiste una categoria di film difficili da analizzare, poiché privi di verve, intesa sia in senso positivo che negativo. Ci sono pellicole che proprio per le loro imperfezioni di scrittura, di messa in scena e di recitazione, suscitano in chi scrive una sana voglia di dire la propria su ciò che si è appena visto. Un esempio potrebbe essere Drive Angry: film bruttissimo, ma vedere Nicolas Cage evadere dall’inferno a bordo della sua macchina è una vera goduria. I Vichinghi di Claudio Fäh, noto fino a ora per aver diretto alcuni episodi di Ghost Whisperer, rientra purtroppo nella categoria dei “mortalmente noiosi”, dove il trash non supera mai una certa soglia, senza trasformarsi perlomeno in uno spettacolo divertente.
Ma veniamo alla storia. Un manipolo di vichinghi si trova su una nave nel bel bezzo di una tempesta. Dopo essere stati sbalzati fuoribordo, i sopravvissuti si ritrovano miracolosamente incolumi su un unico fazzoletto di spiaggia in una terra ignota. Da subito sono chiare le dinamiche del gruppo: c’è il capo Asbjörn, il solito ragazzetto altro due metri, bello, biondo e dalle braccia muscolose; la testa calda che si ribella alla sua autorità (e continuerà a creare le prevedibilissime tensioni nel gruppo); il vecchio orso; l’arciere; il giovane ingenuo, più una serie di tizi poco identificabili che moriranno da lì a poco, manco avessero addosso la maglietta rossa di Star Trek. La prima difficoltà è quella di scalare a mani nude un’immensa parete rocciosa, superata la quale, sfortuna vuole si ritrovino davanti a un esercito con tanto di principessa al seguito. I nostri in dieci riescono a ucciderne almeno cento e si prendono la ragazza che da subito fa gli occhi dolci ad Asbjörn. Può così avere inizio il viaggio per tornate a casa, aiutati dal (solito) monaco guerriero incontrato lungo la via, e osteggiati dal classico esercito nero con a capo due psicopatici assoldati dal re per recuperare/uccidere la propria figlia. Tra strategie difensive simili a quelle usate dagli Ewok nella battaglia sulla Luna boscosa di Endor, e una continua e inspiegabile diminuzione dell’esercito nemico (sembrano partire in mille e ne rimangono senza spiegazioni una decina), riusciranno i nostri a raggiungere le sponde del mare dove, non si sa perché, il monaco ha preventivamente nascosto una barca?
A parte la storia che pare scritta da Christopher Paolini ai tempi di Eragon, è chiaro che I Vichinghi ha alle spalle una produzione di tutto rispetto, dove il regista Claudio Fäh per una volta è riuscito a utilizzare l’estetica jacksoniana di Il Signore degli Anelli, in modo se non altro appropriato. Le panoramiche dei sopravvissuti in fuga sono prese da lì, così come l’inseguimento del nerissimo esercito nemico. Per questo non si può dire che I Vichinghi sia una pellicola totalmente sbagliata, ma di certo è lontana anni luce da una serie come Vikings, che se pure non perfetta è perlomeno interessante. Insomma, chiunque non voglia usare la sala cinematografica per farsi una sonnellino se ne tenga alla larga.
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