Entrambi siete giocatori di ruolo. Questa esperienza vi è stata d’aiuto nella stesura del libro?
Luigi: È stata di grande aiuto. Giocare di ruolo, un qualsiasi gioco di ruolo, è quanto di più vicino ci sia a essere dentro un romanzo. Puoi decidere di essere l'eroe o il cattivo, il protagonista principale o la spalla e costruire te stesso e la tua storia attraverso le scelte giuste o sbagliate che fai. Creare tutto questo, e poi interpretarlo portandolo avanti, è stato di grande aiuto nella creazione dei personaggi di Damnation. Giocare di ruolo dal vivo, essere uno dei personaggi che crei, è stato utile invece nella stesura del libro. Vivere una battaglia campale per esempio, trovarsi circondato da nemici e combatterli, danno la misura di quanto l'azione debba essere frenetica e veloce quando la si imprime su carta.
Eleonora: Sì, lo è stato, soprattutto nella preparazione del libro, prima ancora che nella stesura. Costruire un personaggio, un background, deciderne il carattere e le capacità sono attività comuni a chi gioca di ruolo, e si cerca di studiarlo al meglio e di ricordarsi bene ogni minimo dettaglio, perché una volta nel gioco bisogna ruolare coerentemente a quanto si è stabilito all’inizio ed evolvere il proprio personaggio in maniera “naturale“ in risposta agli eventi in cui incappa. A mio parere, un vero giocatore di ruolo trova il divertimento nell’interpretazione prima ancora che nei punti esperienza, perché calarsi nei panni di un personaggio e agire anche in maniera differente dalla propria indole è un’esperienza stimolante, al pari del lavoro di un attore.
Io sono inoltre una giocatrice di ruolo dal vivo, il che significa rendere carne e ossa il proprio personaggio e vivere sulla pelle, non più solo con l’immaginazione, tutte le sue avventure. È un’esperienza che tra l’altro mi ha aiutato a comprendere molte dinamiche che altrimenti non avrei potuto descrivere fedelmente, come una battaglia in mischia o un’incursione furtiva.
A livello di stesura, invece, la mia seppur breve esperienza da master ha contribuito nella parte organizzativa. Un buon master ha sempre una mappa per tenere traccia degli spostamenti, non perde di vista il tempo trascorso specie se i personaggi agiscono in gruppi separati, sa contestualizzare la presenza dei personaggi nella sua storia, devo dare loro delle sfide, li devo far soffrire per conquistare le loro vittorie, e non è detto che ci sia per forza il lieto fine. Quando si scrive un libro, tuttavia, c’è un aspetto fondamentale: si è master e giocatore al contempo, quindi bisogna giocare contro se stessi. È una bella sfida.
Se doveste indicare qualche fonte di ispirazione per Damnation, cosa citereste?
Le fonti di ispirazione sono state molte. Il Medioevo europeo e l'Inquisizione spagnola ci hanno aiutato a costruire il mondo di Damnation e i personaggi stessi possono considerarsi delle versioni "guerriere" del Faust. Inoltre presentiamo una diversa chiave di lettura del contrappasso dantesco, da cui è scaturita una versione inedita dei Diavoli e dell'Inferno. Scendendo più nel dettaglio, invece, uno dei concetti chiave di Damnation è la cosiddetta Verità dei Diavoli: “Il Fato di tutto noi giace nelle profondità del Buio”. Questo è un verso della canzone Time Stands Still, dei Blind Guardian, di cui siamo andati a vedere il concerto lo stesso giorno in cui abbiamo partorito il progetto del libro. È stato un fulmine a ciel sereno: sono bastate quelle poche parole per darci l’idea di un mondo oscuro, senza speranza, senza salvezza.
Spesso il fantasy viene associato alla letteratura per ragazzi. Come la pensate in proposito? Damnation a che target di età ideale fan riferimento?
È totalmente sbagliato. Un pregiudizio che nasce dal mettere sullo stesso piano fantasy e fiaba. Spieghiamo meglio: associare il fantasy esclusivamente a una lettura per ragazzi significa “limitare” ingiustamente non solo i libri del genere, ma anche la fascia adulta della nostra società, come se una persona adulta non avesse più la giusta sensibilità e non fosse più capace di provare quel sense of wonder necessario per apprezzare una storia che non sia ambientata nella nostra realtà. Tra l’altro molti credono che una storia fantasy, essendo d’evasione per antonomasia, sia facile da scrivere e di conseguenza più “leggera” e facile da leggere, rendendola adatta a un pubblico più giovane. Non è per niente così. Dietro i libri fantasy c’è un lavoro ancora maggiore di quanto ci potrebbe essere in un thriller ambientato ai giorni nostri, perché bisogna inventare un mondo da zero, dargli delle leggi, degli elementi innovativi rispetto agli altri in circolazione e al contempo farlo “funzionare”, dargli una storia, un’evoluzione… non è mica un lavoro da poco!
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