Come mai per il tuo nuovo film hai scelto un autore come Giambattista Basile?
Matteo Garrone: È uno scrittore che ho sentito come familiare perché l’ho da subito trovato un artista affascinante, che scrive storie originali ambientate in paesaggi meravigliosi. La vera domanda è: perché fare oggi un fantasy in Italia? Si tratta di una scelta masochistica e incosciente, fatta in un momento in cui volevo mettermi nei guai. Però, se pensiamo al mio percorso artistico, mi sembra abbastanza naturale, inoltre ho fatto degli studi pittorici e quindi questo genere è vicino alla mia sensibilità. Basile mescola bene fantastico e reale, comico e tragico e per questo lo sento molto vicino alla mia poetica. Sono stato felice di esplorare un genere nuovo dando anche la possibilità, con il mio film, di riscoprire un autore un po’ dimenticato come Basile.
Hai scelto di fare un film di respiro più internazionale anche a causa della crisi del cinema italiano? Con Il Racconto dei Racconti senti di aver rischiato molto?
MG: Questo è un film che ha affrontato tante difficoltà già nella fase produttiva perché pochi credevano nel progetto. Per me è stato difficile mettere insieme un fantasy e presentarlo ai produttori dopo aver fatto solo film di tutt’altro genere. Ho anche avuto delle difficoltà tecniche perché gli effetti speciali sono fondamentali e per me è stato strano lavorare con il green screen e non controllare l’immagine direttamente sul set. Tante soluzioni tecniche per me sono nuove, quindi è stata davvero un’avventura.
Questo è un fantasy, però con una matrice partenopea che si distacca da quello anglosassone a cui siamo abituati. Quanto ha influito la cultura napoletana?
MG: È un film in cui è forte la cultura italiana. Uno dei rischi era di cercare di imitare i film fantasy fatti dagli americani ai quali siamo abituati. Abbiamo certato di stare all’interno di un genere d’intrattenimento mantenendo però una nostra identità. Per questo il film è stato girato in Italia e ciò mi ha consentito di mantenere delle radici ben ancorate nel mio paese e nel racconto.
Come sono stati scelti il cast e le location, come ad esempio il labirinto che si vede in una scena?
MG: Le location sono state selezionate da Gennaro Aquino che ha passato 8 mesi in giro per l’Italia a cercare i posti giusti dove girare. La linea guida era quella di trovare dei luoghi reali ma che sembrassero ricostruiti in studio come ad esempio le gole dell’Alcantara. Viceversa il set finto doveva apparire assolutamente autentico, quasi iperrealistico. Tutto il film si muove su questi due piani, realismo e costruzione fantastica. La scena del labirinto invece, è stata frutto del caso perché abbiamo scoperto questa location nel castello di Donnafugata vicino a Ragusa.
Era talmente bella e particolare che abbiamo voluto inserirla nello script. Spesso sono le stesse location a portare in una certa direzione la storia, come mi è successo in Gomorra con la scena del solarium che è nata proprio quando siamo andati a visitare quei luoghi e abbiamo scoperto che i camorristi hanno un vero e proprio culto per l’abbronzatura.
Per quanto riguarda il cast, parto prima di tutto dalla fisicità degli attori oltre che dalla loro bravura. Salma Hayek, ad esempio, era perfetta per interpretare una regina spagnola del ‘600.
Il tema centrale del film sono le leggi del desiderio e la trasformazione di anime e corpi?
MG: Questa è senz’altro una lettura giusta. Il desiderio guida i personaggi e le trasformazioni del corpo sono da sempre una mia ossessione. D’altronde Basile dimostra la sua modernità parlando nel ‘600 di lifting. Per noi è stato difficile scegliere solo tre racconti avendone a disposizione tanti così belli e alla fine abbiamo optato per storie di donne di tre età diverse. È stato una forzatura non trarre direttamente una serie da questo libro e fare solo un film. C’erano tanti bellissimi racconti e alcuni avevamo già iniziato a sceneggiarli ed è stato doloroso per noi scegliere, quindi un eventuale sviluppo potrebbe essere sia un sequel o che una serie.
Come sono nate le creature fantastiche e come sono state sviluppate?
Leonardo Cruciano (effetti speciali): Matteo ed io eravamo d’accordo nel volerci ispirare al mondo dell’illustrazione pittorica ma, contemporaneamente, dando alle nostre creature una “carne”, per ottenere qualcosa di diverso da uno stile alla Harry Potter. Ci siamo ispirati all’araldica e alle illustrazioni del ’600 provando a trasformare il drago in qualcosa di plausibile come la salamandra.
MG: Per noi era importante mantenere la dimensione artigianale e usare il digitale solo come integrazione. Quelle creature sul set dovevano essere concrete e reali.
Come hai spiegato agli attori che tipo di recitazione volevi da loro e com’è stato girare in inglese?
MG: Non ho fatto nulla di diverso rispetto al solito. Ho parlato con gli attori dando a loro massima libertà espressiva perché nei miei film, personaggio e persona si sposano sempre. Per quanto riguarda il girare in inglese è stato una preoccupazione perché avevo paura di non riuscire a controllare la recitazione in una lingua che non fosse la mia, ma non è stato troppo difficile. Nei miei lavori precedenti la sceneggiatura è sempre stata importante ma solo come punto di partenza, mentre qui a mio parere, ha uno spessore letterario.
È stato difficile mettere insieme i capitali per un film così impegnativo? È anche la prima volta in cui ti sei occupato direttamente tu della produzione.
MG: Sì è vero, il film parte dall’Italia ma poi sono subentrate anche Francia e Inghilterra. È stato davvero difficile trovare i capitali e nessuna banca italiana, nonostante avessi già l’appoggio del ministero, ha voluto credere nel progetto, tanto che ho trovato una finanziaria in Francia che mi ha prestato i liquidi necessari. Ho modificato anche parecchio il mio solito modo di lavorare, ad esempio rinunciando a girare con la giusta sequenza temporale, perché per un film del genere è un sistema troppo dispendioso. Il Racconto dei Racconti è costato 12.000.000 di euro e spero che diventi un buon successo commerciale.
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