I presupposti sui quali poggia la mitologia del personaggio ideato da Stan Lee, Larry Lieber e Jack Kirby nel 1962 sono essenzialmente due: le particelle Pym, scoperte da Hank Pym, e la tuta di Ant-Man.
Su questa accettazione si basa la sospensione dell'incredulità, ossia sul supporre che esista un dispositivo che consente a un uomo di ridursi alle dimensioni di una formica senza perdere massa, diventando forte in modo inversamente proporzionale.
Il ruolo di questi due elementi non è dissimile da quello dai principi della propulsione a curvatura scoperta da Zephram Cochrane e dall'Enterprise, l'astronave che con i motori basati su tali principi consente l'esplorazione dello spazio.
Nel caso di Ant-Man l'esplorazione è nel senso opposto, ma anche lui può andare dove “nessun uomo è mai giunto prima”, in un inner space non meno ricco di potenzialità narrative.
Ant-Man è forse l'eroe più legato alla scienza teorica tra quelli presentati nel Marvel Cinematic Universe, persino più di Iron Man, la cui armatura è una meraviglia dell'ingegneria, meno in contatto con i principi di base.
La tuta di Ant-Man è invece il frutto di un genio capace di conciliare la biologia con la meccanica quantistica, con una visione molto più ampia.
Ma Ant-Man, il film diretto da Peyton Reed, non è documentario sulla scienza - anche se la technobabble c'è, dosata con il giusto senso della misura nel dialogo - ma un'avventura. Anche in questo, ma mi fermo qui con il paragone perché ci siamo compresi, c'è un'analogia con Star Trek. Abbiamo un viaggio dell'eroe che, pur scaturendo dalla scienza, contiene parecchi elementi archetipici: il riscatto dell'eroe riluttante; la dinamica mentore-allievo, vista da diversi punti di vista, attraverso diversi personaggi; la valorizzazione del lavoro di squadra, con la consapevolezza che l'unione è maggiore della somma delle parti; la grande prova che tutti dovranno affrontare, confrontandosi con i propri limiti.
Il motore di tutti gli eventi è Hank Pym, un carismatico Michael Douglas, che nella sua genialità ha commesso degli errori del tutto umani, tradendo la fiducia della figlia Hope (Evangeline Lilly) e dell'allievo prediletto Darren Cross (Corey Stoll), ma che cerca nel rapporto con Scott Lang (Paul Rudd) un riscatto.
Pym era forse una specie di Mad Doctor, un uomo di scienza accecato dalla sete di conoscenza, ma quando ne ha subito le conseguenze ha fatto marcia indietro, cercando di rimettere il coperchio al vaso di Pandora.
La vera scienza però è scoperta, non invenzione, pertanto è solo questione di tempo prima che, su medesimi presupposti qualcun altro arrivi alla stessa conclusione.
Quando questo accade Pym recluta l'ex galeotto Scott Lang, nominandolo suo campione nell'impresa che forse avrebbe compiuto egli stesso una volta.
Scott a sua volta cerca riscatto dagli errori del passato, e più di ogni altra cosa vuole guadagnarsi il diritto di rivedere la figlia Cassie.
A parte ogni considerazione sulla struttura narrativa, senza troppo pensarci, Ant-Man funziona anzitutto perché è un film divertente, con un cast ben assortito, effetti spettacolari e credibili, una sceneggiatura che, pur con una fase iniziale molto dilatata, quando prende il ritmo ed entra nella dinamica dell'heist movie, ha dei tempi impeccabili.
Gli attori sono un altro pilastro del film. Nonostante il ricco apparato spettacolare, in questo caso molto del merito della riuscita di Ant-Man dipende da un ottimo lavoro di casting.
I protagonisti maschili e femminili, nonché l'antagonista, riescono a gestire molto bene le dinamiche uno-a-uno, ma anche il gruppo di comprimari è bene assortito. Ogni personaggio ha una sua intenzione narrativa, un piccolo arco di crescita, che ben si armonizza con il quadro generale. Tra tutti spiccano Michael Peña e Bobby Cannavale, ma nessuno, sia pure in un piccolo ruolo, demerita.
Da Marvel fan non posso che plaudire a come la mitologia di Ant-Man, personaggio poco noto ma fondamentale nel Marvel Universe, sia distillata nelle sue parti fondamentali e riversata in un'opera autonoma ma che non ne trascura nessuna. Non manca il raccordo con il Marvel Cinematic Universe, gestito non solo con la famosa scena post-crediti (la seconda in questo caso). Questa volta personaggi già visti nel MCU interagiranno in modo più diretto con i protagonisti del film, sia in flashback che nel presente. Piccoli dettagli inoltre rafforzano il legame: da un titolo di giornale che parla dei fatti di Sokovia in Avengers: Age of Ultron alle considerazioni di Pym sugli Avengers, giusto per fare due esempi.
Inoltre al Marvel fan più malato, proveniente dal mondo dei comics, non sfuggiranno alcuni inside joke. Non parlo solo della presenza del “sorridente” Stan Lee con il consueto cameo, ma anche a dettagli di ambientazione: guardate per esempio il nome dell'hotel in cui vive Scott Lang e se comprenderete a chi fa riferimento senza googlare saprò che siete “veri credenti”.
Ant-Man è un film godibile a sé stante, ma centrale nel Marvel Cinematic Universe. Sono fiducioso che pur soddisfacendo i fan, possa vincere la sfida del grande pubblico. Si tratta di uno spettacolo divertente e ben confezionato.
È un mini-blockbuster se paragonato alla grandeur di Age of Ultron o di altri prodotti della Distinta Concorrenza o della Fox, ma in fondo è anche giusto che i supereroi, ogni tanto, battano il "cattivo del mese" che vorrebbe dominare il mondo. Non si salva ogni giorno la Terra e la razza umana dall'estinzione.
La salvezza del mondo passa per le piccole cose, anzi minuscole è il caso di dire in questo caso.
Buon divertimento.
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