“Conosco Peter Jackson e penso che farà un ottimo lavoro, per quanto io sia convinto che ci sarà sempre un solo King Kong, un’esperienza unica. L’interpretazione di De Laurentiis e Guillermin nel 1976 ha trascurato tutti gli elementi fantastici, credendo erroneamente che contassero soltanto la ragazza e la scimmia. L’originale aveva così tanta fantasia, ne era intriso, mi ha affascinato tanto da farmi decidere qual sarebbe stato il mio lavoro... Se avessi visto prima la versione del 1976, adesso probabilmente farei l’idraulico! Per fortuna Peter è soprattutto innamorato del soggetto, come lo sono io...”
Con queste parole il genio degli effetti speciali Ray Harryhausen ha passato lo scettro a Peter Jackson, da lui ritenuto il più degno prosecutore della leggenda di King Kong.
Per i fan del cinema fantasy, il maestro degli effetti speciali Ray Harryhausen non ha bisogno di presentazioni: film come Gli Argonauti, Il Risveglio del Dinosauro e Scontro di Titani (la pellicola con la quale Hollywood volle onorarlo al termine della sua luminosa carriera) sono soltanto alcuni titoli in cui usò la sua maestria, soprattutto nell’uso dello stop–motion, incantando le platee di tutto il mondo.
In una recente intervista sullo stato attuale del cinema, oltre a esprimere tutta la sua stima nei confronti di Jackson, Harryhausen ha aggiunto: “Il CGI è meraviglioso, ma spacciarlo come unico mezzo di espressione è un errore gravissimo. D’accordo, il fine ultimo è divertire, quindi è importante scegliere la tecnica giusta per il tipo di storia che si sta narrando, ma se si dimentica di inserire una storia, resta solo una serie di effetti speciali. Si cerca di accalappiare gli spettatori con trovate spettacolari, rumori assordanti, zoom a ripetizione per mascherare la mancanza di qualità della storia, spesso basata su idee da nulla. Un trucco vecchio quanto il cinema, destinato a mostrare subito la corda”.
Si può concordare con quanto dichiarato dal maestro, ricordando però che molto spesso anche i film da lui realizzati erano soggetti risibili quando non addirittura mediocri – valga per tutti, a mio parere, Valley of Gwangi, buffo incontro tra dinosauri e cow boy - salvati soltanto dal suo poetico lavoro di indomito artigiano del cinema fantastico.
Un'importante investitura per Peter Jackson, comunque, e un ulteriore incentivo per vedere con attenzione il suo prossimo film, la sua ennesima sfida a una leggenda.
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