Greta è una ragazza americana scappata di casa a causa di un fidanzato violento. Desiderosa di un po’ di serenità trova lavoro nella campagna inglese come baby sitter presso la famiglia Heelshire. Affascinata dalla bellezza della villa e dall’eleganza dei proprietari, per Greta è uno shock scoprire che in realtà Brahms, il bambino da accudire, è una bambola dall’aspetto inquietante. La coppia non sembra accorgersi di nulla ma, anzi, prima di partire per un lungo viaggio affida a Greta delle regole rigide alle quali attenersi per accudire loro figlio. La giovane si trova così da sola in un luogo che da subito inizia ad essere inquietante, soprattutto perché la bambola pare muoversi da sola. Ma com’è morto il vero Brahms? La risposta viene data a Greta da Malcolm, un dipendente degli Heelshire, che le racconta di come il piccolo fosse finito bruciato vivo proprio in quella casa, non prima di aver probabilmente ucciso una sua amichetta.
Specializzato in horror (L’altra faccia del diavolo del 2012, Wer – La bestia del 2014) William Brent Bell pare averci preso gusto con il genere. The Boy si presenza come il classico film del cliché facile: ragazza in pericolo, casa inquietante, presenze misteriose. Ma nessuno si aspetti un aggiornamento di Chucky la bambola assassina, né da un punto di vista stilistico con un richiamo agli horror degli anni ’80, né nell’idea di base della bambola cattiva. Brahms è completamente inanimato e i suoi movimenti non sono mai in campo. Bell ricorre al massimo all’espediente della soggettiva e l’inquietudine è tutta legata allo scoprire che cosa ha fatto il bambolotto quando noi non lo guardavamo. Non è infatti sul versante della paura che il film funziona, anzi, per tutta la prima parte di noia ce n’è parecchia, specie per chi un paio di pellicole di genere ne ha viste.
L’intuizione giusta arriva nel finale regalando allo spettatore almeno un quarto d’ora piacevole che però non giustifica il prezzo del biglietto. Un film mediocre insomma, come se ne vedono troppi in giro ormai da troppi anni, confermando che l’horror è un genere difficile da imbroccare.
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