Legend, ovvero la storia dei gemelli Kray, due gangster che nella swinging London degli anni '60 ne furono, sia pure per breve tempo, i dominatori della scena criminale, e non solo.
Per raccontare della loro ascesa, trionfo e successiva caduta, il regista e sceneggiatore Brian Helgeland si affida non solo al talento del protagonista Tom Hardy, nel doppio ruolo di Ronald e Reginald Kray, ma anche al punto di vista della moglie di Reginald, Frances Shea, interpretata da Emily Browning.
La storia di queste due leggende contemporanee, già messa in scena al cinema nei primi anni '90. In quel caso furono i fratelli Gary e Martin Kemp, altrimenti noti come fondatori del gruppo pop Spandau Ballet, a interpretare i due gemelli.
La credibilità dell'intera operazione, della narrazione del difficile contrasto tra due fratelli gemelli ma completamente diversi più del giorno e della notta, del dramma della giovane Frances, schiacciata tra i due, e di come tutto conduca verso il disastro, poggia su Tom Hardy, che riesce nel doppio ruolo aiutato da molta meno tecnologia di quanta non si creda, dal trucco, dalla modulazione della voce e dalle posture, segno di una capacità attoriale che lo porta a essere un personaggio diverso inquadratura per inquadratura in modo inequivocabile.
Di contro l'allestimento della via inglese al gangster movie, genere che negli USA ha prodotto epopee complesse come Il Padrino, Quei Bravi Ragazzi e I Soprano, ha degli evidenti limiti di messa in scena.
La regia è ancorata ai due interpreti, nonché al cast di supporto, nei quali non solo brilla la Browning, ma è da menzionare il bravissimo David Thewlis.
Visivamente il film non brilla per invenzioni e la sceneggiatura conduce con molta piattezza la storia verso la tragedia annunciata.
Da vedere per conoscere un pezzo di storia recente in parte dimenticato e gustarsi ottime prove di recitazione, possibilmente in lingua originale.
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