Marguerite e Julien, figli del Signore di Tourlaville, sorella e fratello, si amano sin da bambini. Ma quando crescono, l'amore tra fratelli si trasforma in una passione inarrestabile, creando scandalo e provocando eventi che porteranno alla tragedia.
La storia Marguerite e Julien – la leggenda degli amanti impossibili, film scritto e diretto da Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm, quest'ultimo anche interprete di Julien, si può riassumere fin troppo facilmente.
Si tratta di una riscrittura di una sceneggiatura scritta nel 1973 da Jean Gruault (Jules et Jim) per un film che avrebbe dovuto dirigere Francois Truffaut, ispirato a un fatto storico avvenuto nel diciassettesimo secolo.
Il film all'epoca non fu girato sia per lo scabroso argomento trattato che per i costi che una dettagliata ricostruzione storica avrebbe comportato.
L'argomento è tuttora scabroso e spinoso da trattare. Per prendere le misure della vicenda i due sceneggiatori odierni hanno deciso di collocare la vicenda in un mondo secondario a tutti gli effetti. Un luogo costruito pescando elementi di varie epoche, con la vicenda raccontata mediante il filtro di una ulteriore narrazione: una fiaba tragica letta a un gruppo di bambine di un collegio.
Lo scopo di questa costruzione visiva e narrativa non è solo una questione di budget, che sicuramente è ridotto rispetto a quello necessario per un film rigorosamente storico. Scopo dei registi/sceneggiatori è quello di mettere in risalto i drammatici contenuti della vicenda, dandogli più universalità proprio perché avulsi da un contesto storico e culturale.
Sono sentimenti e drammi assoluti quelli vissuti dai due giovani ma anche dalla loro famiglia e da chi si trova a intersecarne suo malgrado la vicenda.
Il film non è privo di ricerca estetica, anzi in alcuni punti se ne compiace, riproponendo fin troppo spesso soluzioni che sono d'impatto la prima volta, ma diventano pesantemente ripetitive già alla seconda volta, come i falsi fermo immagine che vorrebbero indicare momenti di transizione drammatica.
Più misurata la ricerca cromatica e visiva, ispirata sia a Cocteau che alle più sintetiche espressioni della Nouvelle Vague, come lo stesso Truffaut.
Per inciso, a proposito, il titolo originale è molto semplicemente Marguerite et Julien, e morbosamente posticcio appare il sottotitolo aggiunto La leggenda degli amanti impossibili. Che i titolisti italiani abbiano a loro modo voluto omaggiare Truffaut che fu vittima di famigerati cambi di titolo? Basti ricordare che Domicile conjugal ch arrivò in Italia come Non drammatizziamo… è solo questione di corna.
Se il Julien di Elkaïm sembra in alcuni momenti una reincarnazione più tormentata di Antoine Doinel, la Marguerite ottimamente interpretata da Anaïs Demoustie è il faro emotivo del film. L'unica che è consapevole sin dall'inizio dell'ineluttabilità del suo destino e che lo abbraccia senza remore.
Il film non condanna o assolve nessuno dei personaggi coinvolti in questo dramma, si limita con il necessario distacco del doppio filtro narrativo a dirci che ognuno si comporta con coerenza con se stesso. Non c'è male, né bene, né vero senso di colpa in nessuno. Così come i registi non assolvono né condannano nessuno.
Un film difficile, affrontato con senso della misura.
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