Giocare il nuovo Doom non è un esperienza di retrogaming. Su trama, ambientazione e meccanica di gioco, ho veramente ben poco da aggiungere a quanto ha già raccontato Marco Guadalupi provando la versione PS4.
Quello che posso e voglio raccontarvi in queste brevi note è come ho approcciato il nuovo titolo di una serie che gioco dagli esordi negli anni '90.
Per il sottoscritto Doom è un caro ricordo di un tempo che fu, e volevo capire se avrei provato l'emozione del salto indietro nel tempo oppure no.
Per fortuna sono stato in parte deluso, perché non mi sono trovato davanti a un banale restyling grafico dello stesso gioco, bensì a un titolo che parla il linguaggio di oggi, con equilibrio, mescolato all'idea, semplice ma molte volte dimenticata, che una storia narrata con il media videoludico debba soprattutto essere giocata.
Quindi non siamo davanti a un film interattivo, a infinite sequenze cinematiche inframezzate da pochi momenti in cui si menano le mani. Direi che la proporzione è ribaltata, e la cosa mi fa molto piacere.
Quindi siamo davanti a un titolo divertente da giocare, che rinfresca un franchise classico attingendo con equilibrio agli elementi fondativi, capace di incorporare le evoluzioni del gaming moderno senza stravolgersi.
La freccia del tempo va avanti insomma, non indietro.
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