Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Sono stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Sono i versi iniziali di una poesia di Bertold Brecht dedicata a tutti coloro che sono vissuti senza lasciare una traccia della loro presenza nella storia se non come anonime creature coinvolte, o forse solo sfiorate, dai progetti di qualcun altro. Ed è su di loro, su chi non ha lasciato un nome capace di ricordare il loro operato, che si è concentrata l’attenzione di Guy Gavriel Kay nel suo ultimo romanzo, Children of Earth and Sky.
Volendo essere precisi Kay non narra di persone dimenticate dalla storia. Non lo fa perché non potrebbe verosimilmente narrare di persone che, proprio perché non hanno lasciato alcuna traccia nella storia, non possiamo assolutamente conoscere, ma soprattutto non lo fa perché la storia è ambientata in un mondo che è quasi il nostro ma che consapevolmente è un luogo diverso. Non è difficile vedere in Seressa, l’ambiziosa repubblica mercantile ubicata in una laguna, la città di Venezia, né in Asharias, conquistata venticinque anni prima dell’inizio del romanzo dal califfo Gurçu, la Costantinopoli di Maometto II. Si tratta dunque di uno specchio imperfetto della realtà, tanto più che Kay si diverte a piazzare nella sua capitale imperiale, Obravic, un imperatore Rodolfo chiaramente ispirato a Rodolfo II d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero a cavallo fra il XVI e il XVII secolo e quindi di molto posteriore a Maometto II, e ad affidare uno dei suoi protagonisti, il pittore Pero Villani, un compito realmente svolto dal pittore Gentile Bellini, quello di viaggiare fino alla capitale del vicino impero per ritrarne in suo signore. Le basi sono storiche, ma Kay reinterpreta il dato reale anticipando di un secolo il dominio di Rodolfo, togliendo a Pero tutta l’esperienza e i legami familiari che aveva Gentile all’epoca della commissione orientale e riducendo drasticamente il numero di uomini posti sotto il comando di un personaggio minore come il ribelle Skandir, ispirato al condottiero albanese Skanderberg.
Il gioco dei parallelismi potrebbe andare avanti a lungo, lo stesso Kay nei ringraziamenti finali propone una breve bibliografia per coloro che fossero interessati a conoscere meglio gli eventi reali del periodo a cui lui si è ispirato. Quello che conta davvero è che i personaggi che animano Children of Earth and Sky, per quanto dichiaratamente inventati, appaiano veri. Sono vere le motivazioni che li animano, i sentimenti che provano, le relazioni che instaurano fra loro, le decisioni che prendono per adattarsi a una situazione che possono controllare solo in parte.
Il primo a comparire in scena è uno dei personaggi marginali all’interno della storia: Orso Faleri, ambasciatore di Seressa presso la corte imperiale. Orso, con il suo timore di essere costretto a fermarsi per ben due anni in una città che non ama e la sua acuta intelligenza, conquista subito la simpatia del lettore e gli fa capire perché, dal suo punto di vista, gli anonimi pirati di Senjan, rappresentino un pericolo per i popoli civili e vadano eliminati. Nessun dubbio per Orso, e per il lettore con lui, mentre le uniche preoccupazioni riguardano il come raggiungere il suo scopo. La prospettiva cambia nel secondo capitolo, quando in scena appare Danica, una degli abitanti di Senjan e aspirante pirata, ammesso di riuscire a provare il suo valore come guerriera. Ecco allora che quella che poche pagine prima era sembrata una questione politica importante e tutto sommato chiara, cambia completamente, perché Danica è una di quelle persone che, se Orso avesse successo, verrebbe eliminata senza problemi. Ed è diverso, profondamente diverso, parlare freddamente e lucidamente della necessità di distruggere la minaccia rappresentata da anonimi pirati e scoprire chi siano davvero questi pirati, conoscere il moro modo di vivere, i loro sogni e i loro timori.
Il romanzo di Kay si gioca su questo, su come la vita delle persone comuni sia influenzata dalle decisioni di un ristretto numero di persone importanti, e su come tutti gli altri cerchino di vivere, assecondando o contrastando gli avvenimenti che prendono forma intorno a loro. Nessuno dei suoi protagonisti ricopre cariche ufficiali o è in grado con il suo operato d’influenzare consapevolmente la vita di persone che non incontrerà mai, e coloro che possono farlo, l’ambasciatore Orso Faleri, il duca Ricci, capo del Consiglio dei Dodici di Seressa, o il gran califfo Gurçu, sono intenzionalmente lasciati dall’autore ai margini della sua storia proprio per lasciare spazio a coloro che in altre storie, e soprattutto nella “Storia” del mondo, sarebbero solo personaggi minori.
Danica vuole vendicarsi degli Ashariti, che tanti anni prima hanno distrutto la sua famiglia, e sa che per riuscirci il primo passo è essere accettata dai pirati di Senjan. Marin, figlio cadetto di una famiglia di mercanti in Dubrava, è alla ricerca di qualcosa di diverso dal commercio, anche se non saprebbe dire cosa. Pero, un giovane pittore di grande talento ma poche speranze, riceve inaspettatamente l’incarico di ritrarre il gran califfo Gurçu. Leonora, una nobildonna dall’oscuro passato, viene inviata a Dubrava come spia dal governo di Seressa. E Damaz, membro del più importante corpo di guerrieri ashariti, sogna di combattere contro i nemici della sua fede.
Mentre molta della narrativa fantasy contemporanea ripropone gli aspetti più crudi della realtà in un universo inventato nella ricerca di un maggiore realismo, Children of Earth and Sky mostra come certe esasperazioni non siano necessarie per indagare l’animo umano. In un’area attraversata da forti contrasti religiosi e culturali ciascun personaggio cerca di ritagliarsi lo spazio necessario a vivere, e magari anche di portare avanti i suoi sogni, sapendo che nulla è garantito e che ogni piccola conquista potrebbe svanire in un attimo, per un capriccio della sorte o per la decisione di qualcuno più potente. Preoccupazioni dirette, immediate, la necessità di sopravvivere in un ambiente ostile e di adattarsi al volere e alle azioni di altri, riportando la quantità minima di danni possibili, sono la realtà in cui vivono. Eppure anche loro in alcuni casi si troveranno a compiere per motivi personali azioni che avranno un eco più grande di quello che avrebbero potuto immaginare.
Il romanzo di Kay è giocato su un equilibrio delicato. Equilibrio di poteri, economico, militare, religioso, ma anche nelle trame di figure molto diverse fra loro che si incontrano brevemente, percorrono un breve cammino insieme e poi si separano di nuovo, costruendo la loro storia personale e adattandosi a quelle circostanze che non possono controllare. Il cambiamento interiore dei personaggi, il loro modo di reagire alle diverse situazioni, è ciò che più interessa all’autore. I duelli e i conflitti armati sono ridotti al minimo, a volte solo raccontati a posteriori, per lasciare spazio ai rapporti fra i vari punti di vista, con lo slittamento dall’uno all’altro all’interno di un’unica scena che mostra la distanza che li separa anche quando sono uniti da interessi comuni.
Un romanzo intenso, capace di spezzare il cuore e di ricostruirlo in modo nuovo, con cui ancora una volta lo scrittore canadese si conferma un attento osservatore dell’animo umano e un abilissimo narratore.
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