La vita di Qohen (Christoph Waltz) è ripetitiva quanto alienante. Impiegato della Mancom, una compagnia omnicomprensiva per la quale letteralmente ogni elabora grandi quantità di numeri il cui significato gli è sconosciuto. La sua ambizione sarebbe quella di lavorare a casa, in isolamento, per attendere una misteriosa “chiamata”. L’occasione di riscatto gli arriva quando il suo superiore Joby (David Thewlis) riesce a fargli avere un incontro il Direttore della compagnia (Matt Damon) che gli affida un incarico da svolgere in totale isolamento: trovare i numeri che risolvano il Teorema Zero.
Pur di avere ciò che desidera Qohen accetta, cominciando a elaborare costrutti matematici sempre più complessi, ma rimanendo troppo spesso frustrato per l’enormità del compito. In suo aiuto arrivano, in modo diverso, due giovani: Bainsley (Mélanie Thierry) una ragazza che sembra essere affascinata da lui, e Bob (Lucas Hedges), genio dell’informatica quindicenne che lavora da sempre per la compagnia.
Inseguito dalle onnipresenti telecamere della compagnia, Qohen è preda di incubi in cui è sovrastato da un immenso buco nero, che neanche la sua psicanalista telematica Shrink-Rom (Tilda Swinton) riesce a spiegare.
La ricerca del Teorema Zero sembra nascondere insidie maggiori del previsto, ed è in realtà un viaggio che Qohen compie dal mondo fisico al suo mondo interiore, con il tramite della realtà virtuale alla quale si connette per isolarsi con Bainsley.
Terry Gilliam, come sempre immaginifico, riprende tutte le sue firme visive, realizzando in pratica il futuro della già allucinata distopia di Brazil. Lo porta alle estreme conseguenze. Con il film precedente The Zero Theorem (il cui sottotitolo italiano c'entra come i cavoli a merenda) condivide non solo gli sfrenati accostamenti anacronistici, che mescolano oggetti, tecnologie e ambientazioni da ogni epoca, ma anche il continuo oscillare tra il piano del “reale”, il piano della percezione e il piano dell’onirico. Un flusso narrativo senza soluzione di continuità, il cui punto di arrivo è tentare di pervenire a un sorta di complementare della Teoria del Tutto, che chiamerei Teoria del Nulla.
Se è impossibile abbracciare il Tutto con un teorema, ritenete che sia più facile comprendere il Nulla assoluto, l'annichilimento oltre l'umana percezione?
Cyberpunk, hard sf e inner space mescolati con la lucida follia di Terry Gilliam. Questo è in sintesi The Zero Theorem, un film che in alcuni momenti si avvolge su stesso e non sembra uscire dall’imbroglio narrativo in cui si è infilato, ma allo stesso tempo pone ottime e intelligenti domande, come la buona fantascienza concettuale riesce a fare.
3 commenti
Aggiungi un commentofigooo
Bel film (lo avevo già visto da un sacco di tempo, sono contento che finalmente sia arrivato in Italia)
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