Il mio quarto anno consecutivo a Lucca Games nasce sotto una stella benevola. Gli ospiti di quest’anno sono, per usare una parola abusata, impressionanti.
Da quale mito iniziare? Da Terry Brooks, che mi ha fatto scoprire che il fantasy non era solo Tolkien quando avevo quattordici anni? Da Steven Erikson, grazie a cui sono entrata a far parte della community del forum di Fantasy Magazine? O dal mio attuale mito Brandon Sanderson? E questo solo per citare i tre nomi che più di altri mi hanno colpito quando ho letto il programma (ne citerò altri, non preoccupatevi).
Ma il mio quarto anno a Lucca è particolare anche per un altro motivo: per la prima volta, ho la possibilità di accedere come addetto stampa. Nel momento in cui, questa mattina, ho preso in mano il badge con il mio nome, sentendomi augurare un buon lavoro, ho realizzato che, questa volta, il Comics sarebbe stato qualcosa di diverso.
Una volta ricevuto l’accredito, la mia missione primaria era già definita: ottenere un appuntamento per intervistare Brandon Sanderson. Cercando di evitare le distrazioni che il padiglione Carducci offre (possibile non cedere e non dare una sbirciata in giro, quando scopri l’esistenza di un gioco basato sull’opera lirica, presentato alla Scala di Milano?) riesco a ottenere un orario. Alla fine della sessione di autografi del pomeriggio, avrei avuto la mia occasione. Immaginate di avere in programma da un mese di incontrare la vostra leggenda vivente, di esservi preparati rileggendo tutto quello che ha scritto in previsione di questo momento (dobbiamo davvero fare l’elenco di tutto quello che Sanderson ha scritto?), e di avere, alla fine, la certezza che il vostro sogno si realizzerà. Ecco. Il pensiero di quel momento ha dominato la mia giornata, con poche eccezioni.
Ed eccola, la prima eccezione. Alle 11, Steven Erikson in persona compare nelle aule di Villa Gioiosa, per un seminario sul worldbuilding. Me l’ero sempre immaginato titanico, forse per la suggestione dell’impatto epico della sua serie La Caduta di Malazan. Eppure, per quanto non sia fisicamente titanico, la sua presenza genera quel sense of wonder che le sue opere trasmettono in abbondanza. Per tutta l’ora in cui parla della creazione di mondi secondari nel fantasy, nessuno parla, tranne un paio di ascoltatori che intervengono. A quel punto, però, il ghiaccio è rotto e le domande si susseguono senza sosta fino all’1, quando l’educational si conclude.
A quel punto, mi lancio alla conferenza che Brandon Sanderson sta tenendo sul suo mondo, il Cosmoverso. È ormai troppo tardi per entrare, e la fila per gli autografi è già lunghissima. Lo vedrò nel pomeriggio, e quindi potrei decidere di aspettare fino a sera. Ma non resisto e dopo un rapido pranzo corro da lui con il primo dei quattordici suoi libri che mi sono portata (come si fa a decidere quale farsi autografare?). La scelta, difficile, ricade su Parole di Luce, un tomo enorme, ma il peso non importa. È il mio libro preferito, e lui è l’Autore. Sono così emozionata che, quando è il mio turno, mi nascondo di nuovo in fondo alla fila (nel frattempo, la tensione viene smorzata grazie a quattro ragazzi, con cui si discute di fantasy, Erikson e, ovviamente, Sanderson). E poi, sono davanti a lui e mi chiede di fargli una domanda mentre firma. Ne ho preparate tante, per l’intervista, ma non sono cose che posso chiedergli in quel momento. E così, faccio una domanda da vera fan, a cui però, ahimè, non può al momento rispondere.
A questo punto, torno a essere un addetto stampa (un po’ più serio) e dismetto i panni della fangirl; mi sistemo in un angolo tranquillo a riordinare gli appunti dell’educational di Erikson e vado al mio prossimo appuntamento: incontro Livio Gambarini e Daniele Magonara che mi presentano Fangold, un videogioco che sarà distribuito nella sua versione alfa alla fine del mese (e che si può sperimentare qui al Comics nel padiglione S). Parliamo insieme per una buona mezz’ora, dell’impostazione del gioco, del modo in cui è stato originato e del mondo in cui è ambientato.
E ormai, l’ora dell’intervista è quasi arrivata. Riscrivo le domande su un foglio, ripasso tutto quello che vorrei chiedergli e passo allo stand Fanucci a prendere un volume che avevo solo in formato ebook: posso non fargli firmare qualcos’altro? Un’amica mandata come avanguardia mi avvisa che l’appuntamento potrebbe essere anticipato: la sessione di autografi è finita prima del previsto. E, mentre gli ultimi appassionati sono in fila, mi accodo. Perché ascoltare le sessioni di autografi di Sanderson è un’esperienza peculiare: soprattutto quando ne ha il tempo, l’autore si diverte a dialogare con i suoi fan dei suoi libri, dei suoi mondi (e anche della recente vendita dei diritti per i film tratti dal suo Cosmoverso). Questi momenti di incontro con il suo pubblico, rivela Sanderson in un clima informale, sono parte di quello che lo spinge a scrivere.
Ed ecco, arriva il momento: nell’area stampa c'è lui, Sanderson, in persona, che sposta le poltroncine per creare un salottino in cui tenere l’intervista. Leggendo le domande dal mio quaderno (la voce che trema un po’) inizio a parlare con lui. Quasi non riesco a prendere appunti, data la magia del momento. Uno dei miei sogni si è realizzato. Non solo vederlo, parlagli. Addirittura intervistarlo.
Alla fine, cercando di trattenere l’emozione, gli chiedo un autografo anche sul libro che ho appena comprato (non credo si ricordi di avermi già visto nel primo pomeriggio). E poi, quando esce, posso finalmente lasciarmi andare. Mi viene da piangere, ma preferisco ridere. E così, in queste condizioni mentali non proprio stabili (ma insomma, abbiate pietà, il mio mito è stato davanti a me per dieci minuti almeno!) faccio conoscenza con Roberto Gerilli, autore del meraviglioso Questo non è un romanzo fantasy. Avrei preferito far finta di essere una persona seria, ma va bene così (al massimo, avrà a disposizione un altro personaggio buffo per la sua prossima storia).
E con questo, posso finalmente scrivere questo reportage (mentre sto cenando) e, per la prima volta da settimane, dormire: rileggere l’opera omnia di Sanderson è stata un’operazione lunga, soprattutto in poco tempo. Ma ora, la mia guardia è finita. Il momento che più desideravo, e che più temevo, è andato.
Da domani, continuerò con interviste, seminari e incontri casuali (continua…)
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