Prima c’è stata un’occasione… poi c’è stato un tradimento.
Torna la banda di Trainspotting, film di successo e di culto diretto da Danny Boyle, ispirato al romanzo omonimo di Irwin Welsh. Questa volta l'estrapolazione è dal seguito, intitolato Porno.
In realtà l'estrapolazione è ancora più profonda che nel primo caso.
Sono passati vent'anni da quanto Mark 'Rent Boy' Renton (Ewan McGregor) si è dato alla fuga con il malloppo. Se lui è riuscito a rifarsi una vita ad Amsterdam, dove all'inizio del film lo troviamo colto da improvviso infarto, agli altri della banda le cose sono andate bene.
Simon 'Sick Boy' Williamson (Jonny Lee Miller) gestisce sempre il pub di famiglia, in una zona degradata che non è ancora stata toccata dalla riqualificazione di Edimburgo, organizzando al contempo ricatti sessuali insieme alla compagna Veronika (Anjela Nedyalkova); Francis 'Franco' Begbie (Robert Carlyle) è in galera; Daniel 'Spud' Murphy (Ewen Bremner) ha sprecato l'occasione che Mark gli diede venti anni prima, quando fu l'unico a non essere stato tradito e, a più di quarant'anni, è ancora un tossicodipendente.
Quando Mark, dopo l'infarto, torna nella città natia in preda forse all'ansia di sistemare i conti con il passato, forse solo in fuga da una vita "normale", le vite di tutti e quattro i protagonisti si intrecceranno un'altra volta. Ci sarà una nuova occasione… con tutto quello che ne consegue.
Che abbiate o meno amato o che conosciate il primo, non ha importanza. Il film ripercorre con un uso intelligente del flashback quanto è necessario sapere per guardare a questa cornice narrativa in modo autonomo.
T2 – Trainspotting è ben lungi da essere una patetica riunione di compagni di scuola un po' bolsi, nella quale il massimo del divertimento è godere delle eventuali cadute di chi all'epoca era "il bello" o stupirsi di come chi era bistrattato adesso è "diventato qualcuno".
Danny Boyle riesce, con la cifra di un cinema maturo, ancora manieristico, ma così personale da essere distinguibile anche solo da un fotogramma, a rifuggire dal mal di nostalgia che sembra affliggerci di questi tempi.
Anzi, ci avvisa proprio di scappare dalla trappola della nostalgia facile, dalla tentazione di guardarci indietro in modo acritico. Il passato non si può riesumare. Ci prende a schiaffi in faccia Boyle, senza mezze misure, e non ce le manda a dire. Come nel monologo sui nostri tempi di Rent Boy.
L'altro schiaffo che il pessimismo di Boyle ci vuole dare è che le possibilità di riscatto sono più o meno vicine allo zero, ora come allora, anzi ora forse peggio di allora. Non per tutti intendiamoci. Qualcuno, se ha veramente qualcosa da dire, alla lunga ce la può fare, trasformando la cronaca in epica, ammantando con l'uso salvifico della parola quello che era squallore umano dell'aura della leggenda. Ma non tutti ce la possono fare. Solo i buoni narratori, quelli che, con il coraggio dei propri mezzi si prendono tutti i rischi, come Boyle sa fare, anche quando commette degli errori. Quando un grande autore si cimenta con sincerità c'è comunque da imparare, anche dalle opere imperfette.
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