Tutto inizia con un post sul profilo Facebook di Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano affermato nel campo del giallo noir con le due serie dei Bastardi di Pizzofalcone (diventato serie TV per RaiUno) e del Commissario Ricciardi (che già conosce una trasposizione fumettistica per Bonelli).
Il post è il seguente:
Ho sempre letto tantissimo. Da bambino prendevo un libro, mi buttavo su una qualche superficie orizzontale (anche il pavimento andava bene) e mi mettevo a leggere e a sognare.
Mi piacevano tutte le storie: sentimenti, luoghi esotici, passioni, passato, presente e futuro. Più di tutto mi affascinavano quei libri di mio padre con la copertina gialla, e quelli con la copertina bianca. Erano scritti a colonne, odoravano di carta grossa e semplice, si vendevano in edicola come il giornale; e c'era un disegno davanti, in un cerchio, come se le storie volessero uscire da un oblò per venirmi incontro.
Se da un lato mi innamorai di quella squadra di poliziotti di un posto chiamato Isola, che lavoravano all'87° Distretto, dall'altro ero pazzo di quella scienza irregolare e non accreditata che si chiama fantarcheologia: astronavi che attraversavano i cieli della preistoria, spiegazioni astrali di pitture rupestri, civiltà morenti che incrociavano nella disperazione della sopravvivenza pianeti nascenti e selvaggi.
Fantasticavo sulla mia città, antichissima e sconosciuta, piena di cunicoli ancora ignoti e di chiese edificate su templi edificati su altri templi, su decine, centinaia di iscrizioni ancora senza significato, e catacombe piene di ossa e teschi. Mi chiedevo come mai in quei libri di papà, di quella serie chiamata Urania, non ci fosse una storia ambientata qui. La città mi pareva perfetta, per una storia come questa.
Mi hanno detto: hai due cicli di successo, la TV, il teatro. Mi hanno detto: sei un noirista, i romanzi vanno alla grande, il pubblico ti conosce e ti vuole bene: non vale la pena di rischiare. Mi hanno detto: non hai il tempo, e il mercato non è così ricettivo.
Ma io sono ancora sdraiato sul pavimento a leggere e a sognare, con un pezzo di pane e olio in mano e i compiti già fatti. E sogno di altre razze e altri mondi nella mia assurda, profonda e ignota città.
Benvenuti, Guardiani. Io non mi sono mai divertito tanto a scrivere una storia come stavolta.
Spero vi divertiate anche voi.
Se vi è mai capitato di incrociare De Giovanni ad una presentazione o in una trasmissione televisiva vi sarete fatti l'idea di una persona disponibile e gentile.
Ebbene è proprio così. E l'ha dimostrato accettando di rispondere a una nostra intervista con una chiusura che non necessita di altri commenti.
Partiamo dai gialli di Ricciardi. Il protagonista è un commissario che ha la maledizione/potere di vedere i fantasmi, nella fattispecie le vittime su cui indaga. Mi sembra che già in questo personaggio (e nel primo famoso racconto) ci siano i semi del fantastico. Ti va di raccontarmi un po' più approfonditamente delle tue lettura di Urania e di fantarcheologia?
Ricciardi ha naturalmente quelle che chiameremmo facoltà paranormali. Mi piace pensare che questa sia una condanna, non certo un aiuto alle sue indagini. È in pratica una metafora della sensibilità, del coinvolgimento nel dolore altrui che comporta l’immersione nell’indagine e nel contempo l’impossibilità di gestire una vita propria, sentimenti e situazioni normali per un trentenne della sua epoca. Quando si scrive una storia non si preordina il genere; la si segue, la si sostiene, la si approfondisce. La classificazione in un genere è a valle, successiva certamente alla scrittura. Sono fermamente convinto che decidere a tavolino cosa scrivere, provare a trovare una ricetta o anche solo pensare a quello che potrebbe piacere ai lettori renda la narrazione “sintetica”, non spontanea e costruita: difetti terribili e mortali per il lettore che non è passivo quanto uno spettatore televisivo.
Nutro una profonda, infantile passione per la letteratura popolare. Odio l’eccessiva raffinatezza, la scrittura cerebrale e psicanalitica, mi piacciono le storie che coinvolgono fin dalla prima pagina per gli eventi che raccontano e per i personaggi che l’attraversano, nonché per un’ambientazione coinvolgente: 33% per ogni elemento, più l’1% che è la capacità innata dello scrittore di raccontare. La fantascienza mi è sempre piaciuta, al netto dell’invecchiamento che necessariamente può subire e che toglie molto fascino alle storie con l’avanzare della tecnologia. Rileggere oggi alcuni romanzi meravigliosi per l’epoca, alla luce del progresso e dell’evoluzione della scienza moderna, diventa fatalmente meno coinvolgente. Fanno eccezione le storie di esplorazione spaziale e i viaggi nel tempo. La fantarcheologia mi ha sempre profondamente coinvolto, abitando in una città che molto offre sotto questo aspetto. Le mie letture da ragazzo (Kolosimo anzitutto) mi hanno indirizzato moltissimo. ma anche Dick, Clarke, Bradbury, Asimov sono dei capisaldi.
Ti chiedo di scoprire un po' le carte. I tuoi Guardiani chi sono? Ovviamente senza spoilerare troppo. Si muovono in una Napoli contemporanea? Indagano misteri? Esplorano lo spaziotempo?
Difficile rispondere. Si tratta di una storia tutta trama, senza grandi approfondimenti dei personaggi, piuttosto veloce. Nelle intenzioni sarebbe uno di quei romanzi che non si mollano fino alla fine. Posso dire che l’ambientazione principale è la Napoli contemporanea, ma i periodi storici, e preistorici, visitati sono tanti. La linea temporale è unica, quindi non ci sono viaggi nel tempo propriamente detti.
Da dove è partita l'ispirazione? È l'inizio di una serie? Chi sarà l'editore?
L’ispirazione primaria è la fantarcheologia, quella che in Italia ha trovato in Peter Kolosimo il più diffuso interprete. Ma anche altri elementi (Asimov, Dick, Clarke, film come Il pianeta delle scimmie) hanno contribuito. Si tratta di una trilogia, il cui secondo volume uscirà all’inizio del 2018 e il terzo e ultimo all’inizio del 2019 per Rizzoli.
Per i romanzi di Ricciardi ti avvali della collaborazione di amici, è successo anche per i Guardiani?
Eccome! Stavolta il lavoro è stato molto più profondo e attento, e ho utilizzato meno del dieci per cento delle informazioni raccolte. Ho impegnato una vera e propria squadra di esperti, che hanno avuto una funzione fondamentale e che ho ringraziato doverosamente in coda al volume.
Mi sembra che ti piaccia di più essere considerato un narratore di storie che uno scrittore (inteso come vate infuso di sacro fuoco) o sbaglio? Sei d'accordo con chi fa questa distinzione?
È proprio così. Credo che gli scrittori si dividano fondamentalmente in base alla propria natura in scrittori di storie e scrittori di parole. Questi sono in possesso di una scrittura alta e di sentimenti molto profondi, e hanno spesso intenti etici. Personalmente appartengo alla prima categoria, quelli che vogliono solo raccontare personaggi e vite, intrattenendo e portando i lettori in viaggio per tutto il tempo della lettura.
Secondo me hai molti punti in comune con Edgar Allan Poe, scrittore fantastico e padre di August Dupin quello che viene definito il “protoinvestigatore” della letteratura gialla.
Ti ringrazio, ma non scomoderei modelli così alti. Credo fortemente che ognuno abbia la propria storia da raccontare, che non sia giusto decidere a tavolino quale genere o che ambientazione fornire alle vicende. Semplicemente si deve fare un passo indietro e raccontare gli altri, non se stessi. Il genere nero, la letteratura popolare, sono il mio territorio naturale. Tutto qui.
La letteratura di genere origina sempre più serie televisive e anche fumettistiche, tu hai già esperienze sia televisive con I Bastardi che fumettistiche con Ricciardi per Bonelli, che problemi si presentano nella gestione dei propri personaggi in modi diversi dalla parola scritta?
Si tratta di linguaggi diversi, che tengono conto per forza di una maniera differente di arrivare a chi fruisce della storia. Il romanzo può avvalersi dell’immenso aiuto che è la partecipazione del lettore, la sua immaginazione, la fantasia. Chi racconta per immagini deve passare per la figura, l’attore o il disegno, e questo apparentemente avvicina e invece secondo me toglie immediatezza alla narrazione. E’ divertente, comunque, scrivere in entrambi i modi.
Nel tuo bagaglio di letture ci sono anche i fumetti, quali?
Certo che sì! Oltre alle grandi saghe (Maus, L’Eternauta) e le serie Marvel e DC Comics che hanno riempito la mia infanzia e l’adolescenza, ci sono anche i bonelliani Dylan Dog e Martin Mystére che sono veramente geniali. Recentemente mi sto anche appassionando a certi fumetti spagnoli: Rughe di Paco Roca è una straordinaria dolcissima storia eccezionalmente piena di emozione e forza.
È vero che nel 2019 vuoi smettere di scrivere?
Non esattamente. Smetterò di scrivere le serie, Ricciardi certamente e forse con i Bastardi dovrò arrivare al 2020 per esigenze televisive, e mi dedicherò ad altre storie. Mi piacerebbe scrivere di più per il teatro, e mettere giù con molta calma qualche altro vecchio progetto singolo. Ma ripeto, con tutta calma.
Cosa fai quando vuoi staccare da tutto e riposarti? Perché considerando la vita che fai penso che ne avrai bisogno, e parecchio.
Uno che ha la fortuna di poter vivere raccontando storie, mentre la gente si alza alle cinque del mattino per andare a lavorare, non ha il diritto di essere stanco secondo me. Quando posso, dormo. E leggo, ovviamente. Ma quello posso farlo anche in viaggio, no?
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