Nello strazio tutti potranno sentirti urlare.
Seguito di Prometheus, Alien: Covenant è ambientato 10 anni dopo la fallimentare missione alla ricerca dei misteriosi Ingegneri.
Vi avviso subito che per spiegare perché evitare questo film, devo svelarvi più di quanto sono solito narrare della trama.
La Covenant del titolo è un'astronave che porta 2000 persone in ibernazione verso un pianeta da colonizzare. Mentre gli umani dormono a sovraintedere al funzionamento dei sistemi è l'androide Walter (Michael Fassbender), con la collaborazione del computer della nave, Mother.
Perché l'androide debba essere antropomorfo, anzi quasi simile agli umani, cerca di spiegarlo in qualche modo l'incipit, che ci mostra i primi momenti di vita di David, il predecessore di Walter, ideato da Peter Weyland in persona (un non accreditato Guy Pearce). Un modello che sembra avere tutta la superbia del suo creatore.
Walter da par suo non riesce completamente nell'impresa di tenere integra la nave, complice una tempesta ionica che ne distrugge alcuni sistemi vitali, costringendo al risveglio dell'equipaggio per le riparazioni. Nel disastro muore il comandante della missione, il capitano Branson (James Franco, anche questo non accreditato). A succedergli è il meno capace Oram (Billy Crudup), che si ritrova per vice, per avanzamento della linea di comando, la moglie di Branson, Daniels (Katherine Waterston).
Che Oram, selezionato con chissà quale criterio, sia un inetto si comprende più o meno dopo pochi minuti, quando decide, sulla base di un confuso messaggio spaziale intercettato da Mother, di cambiare tutti i parametri della missione e dirigersi verso la fonte del segnale invece che verso la destinazione Origae-6. D'altra parte come può essere sfuggito alle analisi un pianeta che sembra avere tutte le caratteristiche adatte alla vita?
Come elefanti in una cristalleria, i componenti dell'equipaggio della Covenant sbarcheranno sul pianeta, imprudenti e felici di trovarlo verde e lussureggiante, sia pure silenzioso perché completamente privo di tracce di vita animale.Come i loro predecessori della Prometheus, calpestando senza guardare dove mettono i piedi, senza alcun eventuale filtro o casco protettivo, due uomini respireranno delle misteriose spore che cominceranno a fare crescere qualcosa dentro di loro.
Cosa crescerà lo potete immaginare, se non si parlerebbe di Alien.
A salvare i gitanti dal primo attacco della creatura appena nata arriva una figura umanoide, che si farà riconoscere come David, portandoli al sicuro (?) in una città piena di cadaveri di alieni. Lì spiega che è atterrato qualche anno fa, dopo essere sopravvissuto insieme alla dottoressa Shaw (Noomi Rapace), che però sarebbe morta nello schianto sul pianeta, rimanendo sul vago su come sono morti gli abitanti del pianeta.
Da qui in poi, in una ridda di situazioni improbabili, di dialoghi che sfiorano e superano il comico, si tesse la tela di David, che in realtà non aspettava altro che degli esseri umani arrivassero per mostrare loro la sua creatura. Un essere creato ibridando un virus con i DNA degli esseri umani e degli Ingegneri, ideato da David per l'ambizione di essere un creatore di vita migliore di suo "padre" Weyland. Scopriamo inoltre che l'androide ha mentito spudoratamente, perché non solo è il responsabile del genocidio degli abitanti del pianeta, ma ha pure impiantato la prima versione della sua creatura nella dottoressa Shaw, uccidendola. Così ha dato vita a una creatura letale, che seminerà morte e distruzione, innestandosi a tempo di record nei componenti dell'equipaggio. La presenza inoltre di oltre 2000 contenitori di possibili creature è per David la ghiotta occasione di diffondere la sua creazione.
Come prequel dalla strada tracciata, sappiamo che in fondo ci saranno poche speranze per tutti. Quasi tutti i componenti della Covenant troveranno la morte anche in modi abbastanza ridicoli, come da stereotipi di film horror banali.
Come versione beta di Ripley (l'alpha era Shaw), Daniels fa tutto quello che può per sconfiggere l'alieno e sembra pure riuscirci. Alla fine però sarà David a riuscire nel suo intento, gettando un ponte verso le vicende di Alien del 1979.
Se ci sia necessità di un ulteriore sequel del prequel ho forti dubbi.
Di certo la Covenant non può essere la nave trovata dalla Nostromo, che invece era aliena. Lo scheletro ritrovato non aveva nulla di umano. Dettagli. In fondo questo potrebbe più che altro essere un reboot.
E lo dico perché non riesco a spiegare in altro modo il completo ribaltamento dell'assunzione iniziale della saga di Alien.
Il primo film e i seguiti mostravano lo scontro tra due specie di diversa evoluzione, l'Uomo e l'Alieno. Un po' come un film di avventura che mostrasse uno scontro tra un uomo e una tigre. L'Alieno dimostrava la sua superiorità adattandosi all'habitat umano, mettendo tutti a dura prova.
Cosa scopriamo oggi con Alien: Covenant? Che le creature di alieno alla fine hanno ben poco, se non una minima ibridazione, perché in realtà sono il prodotto di un prodotto della tecnologia umana. Una visione diametralmente opposta che racconta una storia di scienza impazzita, di fuoco rubato da David/Prometeo agli "dei", che poi saremmo noi umani. David è un mad doctor in piena regola, monologhi con manie di grandezza compresi.
Alla fine non è quello che si racconta che fa la differenza, ma il come. Abbiamo visto B-Movie meglio scritti, meglio congegnati. Qui siamo davanti alla serie C con le pretese della serie A.
Non è la banalizzazione dell'idea il solo problema di Alien: Covenant. Al carico bisogna aggiungere una sceneggiatura prevedibile e in alcuni parti veramente senza logica, a meno che non si parli di personaggi totalmente inetti, selezionati apposta come inetti tra gli inetti per portare nello spazio il peggio dell'umanità, per liberarsene. Personaggi che pronunciano dialoghi idioti e banali, che suscitano risate che probabilmente erano fuori dagli obiettivi degli sceneggiatori John Logan e Dante Harper. La scena del piffero, non in senso metaforico, tra David e Walter e la scena della doccia sono tra i momenti più ridicoli di tutto il film. I momenti che dovrebbero essere di tensione non suscitano inoltre alcuna emozione, tanto sono prevedibili.
La messa in scena è al limite della sufficienza. Scott sfrutta con competenza il budget a disposizione, ma a questo punto è come dire "bravi i cavalli" in un film western.
Fermate il franchise. Continuare oltre è puro accanimento terapeutico.
1 commenti
Aggiungi un commentoEro terrorizzato da questo film dopo aver visto Prometheus e leggendo in giro temo che i tanti punti deboli della sceneggiatura precedente siano amplificati in questo secondo film.
Oramai Scott è vittima del suo stesso protagonismo.
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