Il regno di Camelot è in pericolo a causa delle ambizioni di un mago oscuro che vuole impadronirsi del trono, e solo re Uther Pendragon lo può sconfiggere grazie alla potente spada Excalibur che la Dama del Lago ha donato alla sua casata. Dopo aver salvato il regno, il re viene però tradito dal fratello Vortigern che brama la corona, e per questo tenta di sterminare l’intera famiglia reale. Il piccolo Artù riesce miracolosamente a scappare e trova rifugio in un bordello dove cresce scaltro, forte e ignaro del proprio lignaggio, fino a quando il destino non bussa alla sua porta sotto forma di spada incastonata in una roccia.
Dopo Sherlock Holmes, con King Arthur – Il potere della spada Guy Ritchie prova a virare in chiave pop un altro mito che al cinema ha generato una moltitudine di pellicole, ossia quello bretone della saga di re Artù. Così come accaduto per l’investigatore inglese, anche in questo caso quasi nulla rimane della storia originale, compreso il famoso Merlino di cui in questa pellicola non vi è traccia, ma al suo posto c’è una maga in grado di dominare la volontà degli animali. L’Artù della pellicola di Ritchie potrebbe essere un membro della banda dei balordi di Snatch, tanto che i suoi lo chiamano “boss”, perché è un piccolo truffatore testacalda, abituato a difendersi sia grazie alla sua lingua sciolta, sia con i pugni. Tra i vari e improbabili personaggi di King Arthur – il potere della spada, c’è persino un maestro di arti marziali cinesi, tante prostitute del cuore d’oro, bambini rapiti e giganteschi elefanti. Questi ultimi, fratelli cresciuti degli olifanti (del Signore degli Anelli) danno il via alla spettacolare battaglia iniziale del film, una sorta di replica ingigantita del Fosso di Helm. All’inizio la paura è proprio quella di trovarsi di fronte all’ennesimo fantasy, con le solite inquadrature di panoramiche su immensi capi di battaglia, città assediate, soldati in armatura ecc. Fortunatamente però dopo questo inizio da cliché, Ritchie ci mette del suo, come nella divertente sequenza con montaggio in parallelo, dove si assiste alla crescita di Artù e l’aumento del potere di Vortigern.
King Arthur – Il potere della spada è tutto in bilico tra i momenti convenzionali e quelli spassosi alla “Guy Ritchie” che, a differenza di ciò che avviene nel già citato Sherlock Holmes, però, non riescono mai a prendere il sopravvento e a salvare del tutto il film. Aiuta senz’altro la presenza di Charlie Hunnam, un Artù muscoloso e muscolare, con la giusta faccia da schiaffi e mai serio quando si tratta di interpretare i dilemmi esistenziali che affliggono il neofita re. Insomma non siamo nello stesso campo da gioco del meraviglioso Excalibur di John Boorman ma neppure in quello de Il primo cavaliere.
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