Avvicinarsi, o studiare Michelangelo può creare delle ritrosie. Come ne parlo? Cosa posso dire? Da dove inizio? Quando si ha a che fare con dei mostri sacri, con dei geni (di qualunque epoca siano), la cosa primaria, secondo me, è prendere a scalpellate l’aura di sacralità e fare emergere l’uomo. Solo così si potrà apprezzare veramente l’opera e l’artista.
Diciamo subito che Michelangelo aveva un ego smisurato, che rodeva e rosicava l’anima, angosciato non solo dal garantirsi commesse e quindi soldi, ma soprattutto dall’alimentare e fare rifulgere la propria immagine. Un po’ come, con le dovute differenze, Gloria Swanson in Viale del tramonto. La fama crea fame e non sempre dà il pane.
Dalla conoscenza della sua vita si possono comprendere molte lati del suo carattere: la famiglia di origine era sì di una buona borghesia, ma i soldi non giravano e questa fu un’angoscia che accompagnò Michelangelo per tutta la sua esistenza.
Attraverso il documentario ripercorriamo la vita dell’artista dagli albori, dall’affidamento alla balia di Settignano, figlia e moglie di scalpellini, che iniziarono probabilmente l’artista a quest’arte.
Nel documentario vengono mostrate come difficilmente si potrebbero vedere (ed è questo uno dei valori del docufilm) delle opere di straordinaria bellezza: i rilievi marmorei della Madonna della Scala e della Centauromachia, opere giovanili, conservati a Casa Buonarroti, cui ci introduce il direttore Alessandro Cecchi; è evidente la capacità straordinaria di osservazione e di realizzazione del ragazzo. Osserviamo il bellissimo Crocifisso di Santo Spirito in legno policromo, dal gusto medievale, lontano dalla forza fisica delle statue successive. Il Cristo ha un fisico morbido, con curve dolci, nessuna tensione muscolare, il suo corpo compie una semi rotazione anatomicamente perfetta, che sottolinea quanta cura Michelangelo investisse già nell’ideazione delle sue opere. Lo studio anatomico venne perfezionato grazie alla concessione dei frati agostiniani di Santo Spirito, che gli permisero di sezionare i cadaveri provenienti dall’ospedale del complesso. Attraverso le letture della biografia autorizzata di Condivi e di quella di Vasari comprendiamo le reazioni a eventi, o gli intenti dell’artista, che lo portarono a creare dei capolavori quali: il Tondo Doni, la meravigliosa Deposizione di Cristo, in cui per la prima volta, l’immagine del Salvatore è mostrata di fronte e non distesa o di tre quarti. Sorprende ancora una volta, la fisicità e la possanza delle figure. Anche le donne hanno una forza fisica stupefacente, se si guardano solo i loro corpi sembrano lottatrici. Pensiamo alla forza e alla stabilità della Madonna nella Pietà.
Altro che bisognosa di consolazione. È una matrona capace di reggere non solo le spoglie di un figlio morto, ma anche di sorreggere le sorti della Chiesa. Sembra una figura potente e importante quanto Dio. Una sorta di Era capace di tenere testa a Zeus. Ma non diciamolo ad alta voce, che potremmo offendere qualcuno.
Altro afflato invece quello della Pietà Rondanini, in cui la Madonna è stravolta dal dolore, non è più seduta in trono, con le sue vesti lisce, e sinuose, che lasciano intravedere maliziosamente un seno. È abbozzata e ieratica, come i dipinti bizantini. Emerge il sentimento di compassione e la debolezza causata dalla sofferenza. Ancora una volta Michelangelo si concentra sul messaggio più che sull’esecuzione. Direi che più passa il tempo, più questa diventa la sua priorità, una sottrazione continua che porta secondo alcuni al famoso non finito (secondo altri invece il non finito è semplicemente causato dai mille impegni dell’artista, distratto da commesse più redditizie).
Ammiriamo anche le opere meno note, di recente attribuzione come i bronzi Rothschild, due uomini nudi e ovviamente virili a cavallo di due pantere. Sì, perché i ritratti di donne sono molto rari. Michelangelo esaltava l’uomo nella sua virilità. Ed era l’unico che poteva permettersi una esaltazione simile in un’epoca in cui i gay erano puniti fisicamente e condannati socialmente. Era un furbacchione e sapeva come utilizzare e gestire la propria libertà. Lui si professava celibe, amante del bello e della sua contemplazione, utile a elevare lo spirito per raggiungere il divino. E contemplando si gustava le gioie con i suoi fanciulli. Era il segreto di Pulcinella, un po’ come le relazioni amorose di tantissimi uomini di Chiesa, l’importante era la discrezione. Se sei un Papa ancora, ancora, se sei un artista che deve lodare Santa Madre Chiesa non puoi permetterti una condotta eterodossa.
Ammiriamo, o meglio restiamo a bocca aperta davanti alla visione così accurata della volta della Cappella Sistina, del David, del Giudizio Universale, inquietante e folgorante.
Siamo accompagnati da relatori d’eccezione, che non cadono nell’esaltazione religiosa e si limitano alla descrizione e spiegazione delle opere, come il professore di anatomia Peter Abrahams, che ci illustra l’accuratezza degli studi sul corpo umano; Francesca Nicoli dei Laboratori Artistici Nicoli, che spiega i problemi e le difficoltà legate al lavoro dei blocchi di marmo; il Professore Arnold Nesselrath, delegato per i dipartimenti scientifici ed i laboratori di restauro dei Musei Vaticani; i critici d'arte Martin Gayford, Jonathan Jones, Jennifer Sliwka e Cristina Acidini, che spiegano anche la situazione politica e sociale in cui ha vissuto l’artista e ci mostrano un lato forse poco conosciuto, quello di Michelangelo architetto.
Il docufilm è una galleria di meraviglie, diretto da David Bickerstaff e prodotto da Phil Grabsky (autore anche lui di documentari interessantissimi e molto ben fatti). Assolutamente da non perdere.
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