Dylan Branson controlla il traffico aereo a New York. La sua vita tranquilla è fatta di piccoli riti quotidiani: bere il caffè appena sveglio, andare in bici alla stazione dei treni, farsi un goccio con i colleghi la sera, prima di tornare a casa. Un giorno però durante un turno di lavoro ha un inspiegabile black out durante il quale gli appaiono strane visioni che lo fanno distrarre pericolosamente dalle sue mansioni. Solo per un soffio Dylan impedisce a due aerei di schiantarsi e, a causa della sua disattenzione, viene sospeso dal lavoro. Ciò però gli dà il tempo a pochi giorni dal suo trentesimo compleanno di concedersi degli svaghi e una sera a teatro incontra Sarah, che fatalmente si trovava a bordo proprio di uno dei due aerei scampati al disastro. Ma altre strane coincidenze colpiscono il ragazzo che si sente intrappolato in un ciclo di eventi che si ripetono ogni giorno sempre uguali, e che lo portano alle 2:22 nell’atrio della stazione di New York dove trent’anni prima qualcosa di agghiacciante era accaduto.
2:22 – Il destino è già scritto si presenta allo spettatore come un film di fantascienza in stile Ai confini della realtà, ma si rivela immediatamente di tutt’altra natura. In primo piano c’è il belloccio Dylan, Michiel Huisman (Daario Naharis ne Il trono di spade) travolto dalla passione per la bionda Sarah, Teresa Palmer, il cui incontro ha fatto innescare il loop temporale che lo tiene prigioniero. Il maggior problema della pellicola di Paul Currie è che sembra alla spasmodica ricerca della ricetta perfetta per trascinare al cinema una parte di pubblico attratta dalla fantascienza e quella che invece ama il romanticismo.
Purtroppo però il secondo elemento è decisamente più preponderante del primo e anche il finale, dove il mistero dovrebbe essere spiegato in una sorta di colpo di scena, è ben più che intuibile. In generale quello che irrita di 2:22 – Il destino è già scritto, è la poca onestà nel presentare un prodotto per qualcosa che assolutamente non è. Certo, rispetto a grosse produzioni che sono incappate in errori persino più madornali come Passengers, questo almeno è un B movie senza troppo pretese, ma forse proprio per questo, non sarebbe meglio presentarlo per ciò che realmente è, destinandolo a quella fetta di pubblico (trentenni in stile Twilight) per cui in effetti è stato concepito?
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