– Amore, rallenta, non ce la faccio a starti dietro. Almeno hai un’idea di dove stiamo andando?
– Certo che no, si chiama “imboccare strade a caso”. Serve a trovare posti interessanti.
– Ma se invece andassimo a berci una birra?
Luisa sbuffa, si ferma di colpo e si volta verso Gianni, che a sua volta è costretto a inchiodare per non finirle addosso. – Senti, questa vacanza è noiosa. Noiosa, okay? Mi avevi detto che a Lucca c’erano cose che non ho mai visto, invece ci sono solo chiese e musei, come a Volterra e Siena.
– Ma i musei e le chiese di Lucca sono completamente diversi da quelli di Volterra e Siena…
Luisa scuote la testa. – Voglio vedere cose alternative.
– Ad esempio?
– Non lo so, cose diverse, che non ci sono in altre città.
– Tipo quello?
Gianni indica l’insegna di un negozio. C’è scritto Manufatti Maledetti. Luisa si domanda come ha fatto a non notarlo; avrebbe giurato che in quell’angolo non ci fosse niente fino a un attimo prima.
In vetrina ci sono alambicchi, libri in pelle, rune, candele e strani marchingegni.
– Fico, roba dark!
Luisa è già corsa dentro, incurante del sospiro di Gianni.
– Benvenuti – li saluta l’uomo dietro al bancone.
– Salve – risponde Luisa. – Complimenti per il negozio.
– A dire il vero, signorina, questo è un museo. Venite, vi faccio fare il tour.
– Ah, un museo? Allora non…
– La visita inizia da questa sala. Prego, accomodatevi!
Luisa sente Gianni ridacchiare. Certo, per lui dev’essere divertente vederla trascinare nell’ennesima visita in un museo. Vorrà dire che dopo si divertirà lei, quando lo costringerà a una sessione di due ore di shopping tra i negozi di via Fillungo.
La loro guida è un ometto tarchiato, sui sessanta, sorridente e con gli occhi vispi. I lunghi capelli grigi e lisci contraddicono le sopracciglia scure e arricciate, mentre la camicia bianca, il panciotto di camoscio e gli occhiali senza lenti che porta al collo gli danno un’aria anacronistica.
– L’artefatto alla vostra sinistra è in grado di eliminare gli incubi sulle suocere. Chiede in cambio tre unghie e un bel ricordo: se uno ha avuto un’infanzia felice, tutto sommato conviene.
– Che idea simpatica! – Commenta Gianni. – L’artista che lo ha costruito aveva una gran fantasia.
– Più che altro aveva una suocera insopportabile.
– Scusi signore, questo bambolotto che ci fa qui? – Chiede Luisa.
– Mi chiami pure Ruben – risponde l’uomo. – Quello non è un artefatto, è la nostra mascotte. È speciale: apparteneva a un bambino rimasto coinvolto nell’incidente di uno scuolabus. Non si è salvato nessuno, questo bambolotto è l’unica cosa rimasta intera dopo lo schianto. È utilissimo per ritrovare oggetti perduti, basta spostarlo ogni tanto e quelli ricompaiono lì vicino.
– Ha detto che è l’unica cosa rimasta intera…?
– Questo quadro invece è ottimo per spaventare gli ospiti indesiderati – continua Ruben, indicando il ritratto di una bimba sorridente. – La bambina cambia espressione quando ci sono, e fa in modo che gli ospiti se ne accorgano.
– Ma chi ha costruito queste opere? – Chiede Gianni.
– Un unico artista, anonimo. Di lui si sa pochissimo. Ah, questo qui è interessante – prosegue Ruben, indicando una specie di vibrafono. Serve per parlare con i morti. Il problema è che il segnale è sempre disturbato e non si capisce niente di quello che dicono.
– E quella?
Gianni indica una bottiglia su un piedistallo.
– È la bottiglia dei R’Lyeh. Fa viaggiare nel tempo, ma conduce a un unico evento storico. La Guerra dei Guardiani di R’Lyeh.
– Non esiste una guerra con quel nome – obietta Luisa.
– Sta scherzando, vero, signorina? – Sorride Ruben. – Non funziona con tutti, però. Bisogna infilarci il dito e, se si ha la fortuna di essere nati Eletti, si viene trasportati nel giorno della Guerra dei Guardiani per combattere nell’armata del Dormiente.
– Divertente – dice Luisa. – E cos’altro… Amore, che fai?
Gianni infila il dito nella bottiglia. Luisa vorrebbe dirgli che è il solito bambino, ma la nebbia cangiante che si è levata all’improvviso le confonde le idee. Le parole le sfuggono dalla mente; non sa più cosa vuole dire, né a chi vuole dirlo.
L’istante successivo è sola davanti a una bottiglia su un piedistallo. Non ricorda perché; non sa neppure perché si trova lì. Le sembra di essere arrivata con qualcuno, ma non ricorda chi.
– Le è piaciuta la visita? – Chiede la guida.
– Sì – risponde Luisa, senza pensare. – Scriverò una recensione su TripAdvisor. Arrivederci.
Sente la confusione attenuarsi mentre si allontana dal museo. Non le è mai capitato di sentirsi così, dev’essere perché questa vacanza a Lucca è davvero una noia mortale.
Colpa sua che è andata lì da sola: avrebbe almeno potuto cercare un po’ di compagnia.
Si sistema la borsa in spalla, si pettina i capelli con le dita e si dirige a passo sicuro verso il centro. La vacanza va movimentata un po’: potrebbe tornare in piazza Del Giglio e vedere se c’è ancora quel chioschetto di castagne. Il ragazzo che l’ha servita ieri non era niente male…
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