Il notissimo investigatore belga Hercule Poirot si trova a Gerusalemme per risolvere il caso del furto di una preziosa reliquia. Dopo aver assicurato il ladro alla giustizia riceve un telegramma da Londra, nel quale viene chiesto il suo intervento su una questione urgente. Poirot si reca così a Istanbul e fortunatamente incontra un suo caro amico, Bouc un pezzo grosso della compagnia dell’Orient Express che gli assicura un posto sul treno in partenza. Proprio in questo viaggio nel cuore dell’Europa l’investigatore viene suo malgrado coinvolto nell’ennesimo delitto: uno dei passeggeri è stato ucciso con 12 coltellate e lui solo può risolvere l’arcano. Chi sarà l’assassino, un sicario assoldato per uccidere il dubbio uomo d’affari Ratchett, oppure qualcuno degli altri ospiti del vagone in cui si trova lo stesso Poirot? Ma soprattutto, cosa c’entra un vecchio caso di rapimento di una bambina e la sua tragica morte?
Kenneth Branagh regista e interprete di questa nuova versione di Assassinio sull’Orient Express, si confronta con due giganti: uno letterario e l’altro cinematografico. Da una parte c’è uno dei romanzi di maggiore successo di Agatha Christie e dall’altro il film del 1974 di Sidney Lumet, che poteva anche contare su un cast stellare (Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Jacqueline Bisset, Anthony Perkins, Sean Connery solo per citarne alcuni). L’investigatore belga nella versione di Lumet era poi uno straordinario Albert Finney che, insieme a Peter Ustinov, è stato il miglior Poirot tra grande e piccolo schermo. Kenneth Branagh con questa sua versione cerca di rivedere in chiave differente l’eroe di Agatha Christie trasformandolo un in uomo prestante, solo a causa di un lutto per una giovane fidanzata, persino capace di prendersi una pallottola e correre dietro a un sospettato.
C’è in questa versione 2.0 l’evidente intento di far avvicinare le nuove generazioni, che non avendo mai visto il film e letto il libro non conoscono lo straordinario epilogo, al più classico dei gialli e a un personaggio la cui eroicità stava tutta nella sua intelligenza. Poirot viene sempre descritto dalla Christie come un omino buffo, asessuato, per nulla affascinante, un individuo che spesso viene sottovalutato proprio perché ritenuto indifeso. Anche nella messa in scena questo Assassinio sull’Orient Express di Branagh offre alcuni inserti action per movimentare quello che, nasce come un romanzo fatto quasi esclusivamente di dialoghi. Certo, la scelta di girare in 70mm rende di per sé lo spettacolo degli esterni grandioso, ma così come per The Hateful Eight di Quentin Tarantino, lo si apprezza solo in pochissime scene, proprio perché il cuore della vicenda si svolge al chiuso.
Era dunque necessario rispolverare un grande classico con nuove star del momento, una diversa messa in scena e un Poirot così poco riconoscibile? Chi vi scrive ha le idee chiare ma sarà il botteghino a giudicare.
1 commenti
Aggiungi un commentoBelle le fiabesche scene tra le montagne e in genere la fotografia. Certo un Poirot un po' diverso, in fondo tredicesimo del gruppo, per via di una connessione con Armstrong. Ricordo un'edizione televisiva del 2011 molto più dura, con un Poirot "cattivo". Resta l'idea del dover accettare che la giustizia non sia qualcosa di così definito come Poirot vorrebbe che fosse. I bravi attori contribuiscono a farne uno spettacolo di buon livello e comunque emozionante. Rispetto al fil del '74 è un'altra cosa, ma ripetere il film è un po' come cambiare la regia in un'opera lirica: vengono messi in risalto aspetti diversi, tutti possibili.
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