Maggio 1940. Con la Gran Bretagna in guerra contro la Germania Nazista, in seguito alla sfiducia nei confronti di Neville Chamberlain (Ronald Pickup), ritorna in auge Winston Churchill (Gary Oldman), fino a poco tempo prima messo in ombra dallo stesso partito conservatore.
Nominato quindi Primo Ministro, Churchill deve da subito affrontare l’emergenza dell’esercito in rotta in Francia e Belgio, senza potere realmente contare sull’appoggio del suo partito.
L’ora più buia di Joe Wright è il racconto delle prime settimane di incarico di Churchill, di come venne messa in piedi l’operazione Dynamo (raccontata recentemente in Dunkirk di Nolan), di come riuscì a vincere la partita politica, affermandosi come quel leader amato dal popolo perché ritenuto l’uomo adatto alla grave situazione di guerra.
Il film si puntella sull’interpretazione di Gary Oldman, per il quale non ci sono abbastanza aggettivi. La totale credibilità di ogni suo gesto e postura, il lavoro sulla pronuncia di ogni singola frase (siamo davanti a un caso in cui il doppiaggio è veramente solo una perdita, per quanto ottimo possa essere il lavoro del doppiatore) fanno letteralmente resuscitare Churchill dalla tomba. Basta vedere immagini e sentire discorsi di repertorio per rendersene conto. Oldman sparisce, c’è solo Winston Churchill. Qualcuno dia a quell’uomo tutti i premi possibili, per favore.
Se Oldman è fondamentale in un film in cui sono ben poche le inquadrature senza di lui, non da meno sono la ricostruzione d’ambiente e il cast di comprimari. Il lavoro di Ben Mendelsohn sulla pronuncia balbuziente di Giorgio VI, esempio, è meno vistoso, ma non meno efficace. Ma anche Stephen Dillane nel ruolo del visconte Halifax e Kristin Scott Thomas in quello di Clementine Churchill sono perfetti.
La regia di Wright non si limita alla ricostruzione fedele dell’ambientazione e a lasciare che gli attori vadano più o meno in automatico contando sulla loro bravura. C’è molto lavoro sugli attori, sul campo/controcamp, ma anche su efficaci metafore visive che evidenziano i momenti più critici, quelli in cui emerge l’isolamento dell’uomo solo al comando. Efficaci per costruzione scenica anche le scene ad ampio raggio nelle le bombe precipitano quali come un destino ineluttabile sugli uomini a cui Churchill ordinò con grande sofferenza di resistere a ogni costo.
Il fronte drammatico evidenzia il doppio piano sul quale si racconta la figura del protagonista: uomo e politico. La necessità di salvare il politico s’intreccia con quella di fare percorrere all’uomo un percorso che lo metta davanti ai suoi limiti, con la moglie nel ruolo di mentore che gli consiglia una mossa che fu effettuata anche dalla corona giusto poco tempo prima: come i Windsor si avvicinarno al popolo, saltando la rete di rapporti con la nobiltà che faceva da fitro, anche Churchill fa saltare il tavolo delle trattative con la la classe politica cercando un rapporto diretto con la popolazione, riuscendo nell’obiettivo.
Per l’intensità con la quale il cinema racconta ancora una volta grandi momenti della storia, ritengo che L’ora più buia non sarà ricordato solo come uno dei migliori film dell’anno, ma resterà scolpito nella memoria come lo sono i grandi classici di tutti i tempi.
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