Il professor Philip Goodman ha fatto del proprio lavoro una missione, deciso a smascherare com’è i fenomeni che le persone considerano sovrannaturali, e dimostrare che non esistono se non nelle menti suggestionabili. Quando il suo mito, un ex presentatore televisivo con la sua stessa ambizione ma da anni ormai scomparso, lo contatta, Goodman accetta con entusiasmo l’invito, salvo però trovare l’uomo in una condizione misera. Questi gli chiede di risolvere tre casi che non è mai riuscito a spiegare, in modo da poter trovare finalmente pace. Il professore accetta la sfida e per primo interroga un ex custode di un ospedale abbandonato, poi un ragazzino spaventato ed infine un ricco uomo d’affari. Qual è il mistero delle loro storie? Cosa è reale e cosa invece è solo il frutto di ciò che la mente vuole vedere?
Interessante gioco di specchi quello di Ghost Stories, opera nata come pièce teatrale scritta dagli stessi autori Jeremy Dyson e Andy Nyman, ha avuto un enorme successo anche al di fuori del Regno Unito. Il film è diretto dallo stesso Nyman (che interpreta anche il professor Goodman) che riesce a tradurre con maestria il materiale teatrale in un film, concedendosi anche citazioni cinematografiche come il movimento di camera nel bosco in stile La casa di Sam Raimi.
Il cuore della pellicola parte proprio dai tre racconti dei fatti misteriosi su cui Goodman deve investigare, attraverso i quali si palesa la componente horror con dei classicissimi mostri nel buio raccontati soggettivamente da chi ha vissuto un’esperienza che ritiene inspiegabile. Il gioco con lo spettatore, che a questo punto si sente un po’ tradito e inizia a sbadigliare, è però appena cominciato e la “paura “corre su altri e ben più inquietanti binari.
Ghost Stories non è una pellicola perfetta e soffre, nella prima parte, per la mancanza di mordente, ma appena la partita comincia a farsi interessante parte, lasciandosi però dietro un po’ di quelli che sono entrati in sala con la speranza di avere qualche patema d’animo in più.
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