In mezzo al deserto del Nevada a pochi passi dall’area 51, vive uno strano professore napoletano completamente isolato da tutto, a capo di un progetto segreto per i governo americano. Disteso su un sofà in mezzo al nulla ascolta ossessivamente il rumore dell’universo, e ha come unico contatto con il resto del mondo Stella, una ragazza del luogo che gli fa da autista e gli porta da mangiare. Un’inattesa lettera, però, risveglia forzatamente l’uomo dal suo torpore poiché il fratello, da poco deceduto, ha deciso di lasciare a lui l’affidamento dei due figli già in viaggio verso gli Stati Uniti. Anita ha sedici anni, sogna d’incontrare Lady Gaga e di vivere in una casa con piscina a Las Vegas, Tito invece vorrebbe disperatamente parlare di nuovo con il suo papà. Né il professore né i due ragazzi sono preparati a quella che sembra un’impossibile e forzata convivenza.
Tito e gli alieni della regista Paola Randi, anche sceneggiatrice, prova a raccontare attraverso la favola il difficile percorso dell’elaborazione del lutto, sia da parte dei bambini che degli adulti. Se il piccolo Tito orfano in giovane età sia di padre che di madre, riesce a trovare una via utilizzando l’immaginazione come forma consolatoria, lo zio scienziato ancorato alla razionalità non riesce a dimenticare la moglie morta. Intorpidito dal dolore vive in un mondo ristretto che viene riportato sul grande schermo dalla Randi nel formato di quattro terzi. Solo quando l’uomo apre il cuore ai nipoti e alla vita, lo schermo cinematografico si apre nei consueti sedici noni.
Purtroppo però nonostante qualche escamotage interessante come quello del cambio di formato, in troppi momenti il film assomiglia a una fiction della TV generalista. Sia per ciò che riguarda gli effetti speciali tutti sbagliati, sia nei momenti comici, come la comparsa dell’aereo americano simile a un ufo, o il super generale cattivissimo, il livello è davvero troppo basso. Il film funziona invece quando il tono diventa serio e al centro viene messo il vero tema, quello del lutto, grazie soprattutto alla presenza di un sempre convincente Valerio Mastandrea e a Luca Esposito (Tito), davvero bravissimo.
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