È aperta dal 10 giugno al MASI, Museo d’arte della Svizzera italiana, sede Lac, una mostra dedicata a Balthasar Burkhard, fotografo e artista bernese.
Curata da Guido Comis e Diego Stephani, la mostra Balthasar Burkhard. Dal documento alla fotografia monumentale ripercorre la carriera dell’artista dalle immagini giovanili, in cui esplora la fotografia di reportage e di documentazione durante il suo apprendistato con il maestro Kurt Blum, straordinario fotografo svizzero, agli anni in cui la ricerca di un’identità si fa centrale, anche attraverso il lavoro come cronista dei movimentati anni Sessanta e Settanta, durante i quali collabora con il curatore Harald Szeemann, che organizzò delle esposizioni miliari: When Attitudes Becomes Form alla Kunstalle di Berna nel 1969 e Documenta 5 del 1972. Burkhard lascia dei documenti fotografici pregnanti di quelle mostre.
Negli anni ’70 va in America, qui decide di fare l’attore – carriera mai decollata -, entra in contatto con l’ambiente artistico newyorkese, quindi con la Factory e sicuramente con tutte le performance e i gruppi teatrali, probabilmente (cosa non provata) anche con il Living Theatre, che suscitano in lui l’interesse per il corpo come dato di fatto, non tanto come oggetto estetizzante alla Mapplethorpe.
Ritornato in Europa l’artista sente il bisogno di lasciare un segno e con l’amico e collega Markus Raetz realizza fotografie di grande formato, in cui il soggetto perde la sua identità e si confonde con il panorama, o diventa esso stesso panorama: Der Korper è un nudo di grande formato che nonostante la fisicità prorompente prescinde dalla umanità, per diventare territorio inesplorato, invito all’osservazione da un punto di vista differente, spunti figli di quella corrente disarmante e fondativa dell’arte contemporanea da cui tutto si dipana: il surrealismo. I confini si rompono, gli schemi percettivi devono essere superati per ripensare alle gambe come lesene, parti architettoniche che definiscono uno spazio, in cui corpi definiscono uno spazio, in cui corpi definiscono uno spazio.
Quasi il ribaltamento in musica che operò John Cage: la definizione del suono attraverso il silenzio, così la definizione dello spazio attraverso il vuoto lasciato da presenze materiche, ma indefinite. L’arte concettuale, il pensiero si fa immagine e trascende l’immagine, così le immagini delle metropoli, come Mexico City, diventano disegni strutturalisti, non esiste più l’immagine di una città, è il tutto che importa, e il tutto è indistinguibile, non ha contorni. Burkhard ritorna al corpo negli anni ’80 del secolo scorso, per indagare un nuovo ambito, la fisicità in quanto tale, con la potenza creativa, con la forza dirompente ed eversiva, inoppugnabile, riproponendo uno dei dipinti più provocatori della storia dell’arte: L’origine du Monde di Courbet, artista di primo calibro mai abbastanza citato. Una fotografia ammaliante, voluttuosa e al tempo stesso pericolosa, in quanto emblema di qualcosa che trascende volontà, raziocinio, una forza naturale potente quanto quella di un vulcano in eruzione.
Da qui alle grandi vedute naturalistiche il passo è breve. La forza della Natura è centrale, a sottolineare quanto l’uomo è solo una parte di un tutto ben più grande di lui. Infine le immagini di nature morte, che portano in sé un senso di passaggio, quasi un presagio della fine imminente. Allontanandoci dalla singola opera, sembra che il percorso di Balthasar Burkhard sia un’onda che spinge le sue curve ai lati delle sponde di un fiume.
Visite guidate gratuite alla mostra ogni domenica alle ore 13:00
La mostra resterà aperta fino al 30 settembre 2018.
Per informazioni su tariffe e orari di apertura tutte le informazioni sul sito www.masilugano.ch.
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